204 - È una questione su cui mi sono arrovellato, quasi senza sosta e senza pace, negli ultimi due anni, sfruttando ogni minuto di 'libertà mentale' a mia disposizione.
Cosa può fare, che ruolo può mai ricoprire un individuo isolato, ma comunque immerso in una rete di relazioni tenute forzatamente ad un livello minimo dal punto di vista dell'intensità emozionale? Ed ancora: come sviluppare una strategia sufficientemente valida per favorire l'innesco di una discussione, soprattutto con i cosiddetti sconosciuti?
Innesco. È questa la parolina magica su cui mi devo concentrare ora, partendo innanzitutto dallo studio del significato del termine.
1. Dispositivo atto a provocare una reazione esplosiva per lo scoppio o il lancio di un ordigno.
2. In Fisica, con accezione generica, l'inizio più o meno rapido di un fenomeno allorché si verificano le condizioni favorevoli.
3. (fig) Causa accidentale, fattore che scatena una serie di effetti concatenati e non prevedibili.
Sappiamo che Socrate si muoveva tra le strade della sua città come una variabile impazzita: stabilire un rapporto diretto con l'interlocutore, una prossimità di tipo spaziale, era la premessa fondamentale per poter avviare il gioco parresiastico. A contatto avvenuto si lasciava campo all'ironia, il procedimento con cui Socrate si mostrava in tutta la sua ignoranza per calamitare su di se, proprio come fa il magnete con il ferro, le eventuali lacune dell'altro.
I Cinici, invece, per innescare il processo dialettico utilizzavano diversi strumenti, tra cui la predica critica, un discorso senza soluzione di continuità, già ampiamente sperimentato da diverse tradizioni filosofiche antiche come quella stoica, attraverso il quale si esponevano le proprie idee ad un uditorio in origine piuttosto ridotto per quanto riguarda il numero.
I Cinici però non amavano il carattere esclusivo ed elitario che spesso la Filosofia tendeva ad assumere e per le loro attività privilegiavano luoghi in cui fossero raccolte tante persone, appartenenti a classi sociali diverse, come i teatri o le piazze, soprattutto durante le feste e per le manifestazioni sportive e religiose.
Usavano talvolta alzarsi nel bel mezzo di una rappresentazione teatrale e pronunciare un discorso.
Con questa strategia, temi di ordine filosofico, per lo più relativi alle varie modalità con cui condurre la propria esistenza e al rapporto, ad esempio, con la libertà, il lusso, con le varie istituzioni politiche e con i codici morali vigenti, venivano portati all'attenzione del popolo, senza distinzioni. La parresia cinica prevedeva inoltre e comprendeva tutto un campionario di comportamenti scandalosi o atteggiamenti che mettevano in discussione abitudini collettive, opinioni, criteri del pudore, regole istituzionali.
A questo proposito, è nota la pratica di accomunare due azioni ritenute generalmente tra di loro contraddittorie o molto lontane.
Si racconta che Diogene di Sinope, detto il Cinico o anche il Socrate pazzo, considerato uno dei fondatori della scuola cinica assieme al suo maestro Antistene, amasse mangiare nell'Agorà, la sede designata per i dibattiti politici e le decisioni importanti, attirando così i rimproveri dei suoi concittadini. Dal momento che nessuno riusciva ad impedirgli di soddisfare il proprio appetito, alzava addirittura il tiro pensando che non ci fosse assolutamente niente di male nel saziare, di fronte a tutti, un altro bisogno fisico, legato questa volta alla sfera sessuale. La sua replica alle critiche ricevute è diventata famosa: «Magari potessi cacciar via anche la fame, strofinando così il ventre».
L'ultimo aspetto che è utile rimarcare all'interno del sistema cinico è quello legato al ricorso al dialogo provocatorio: il bersaglio, soprattutto nella fase iniziale dell'approccio, è l'orgoglio dell'interlocutore, che veniva punzecchiato insistentemente per provocare una reazione che potesse poi dare il via alla contesa parresiastica.
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205 - Rispetto alla situazione tipica della Grecia antica, me ne rendo ben conto, la condizione attuale presenza molteplici differenze, anche piuttosto sostanziali. La prima spaccatura che salta all'occhio, considerando le righe riportate in precedenza, è il fatto che la prossimità spaziale tra due individui è una condizione necessaria per innescare un dialogo, ma non più sufficiente, come peraltro fa notare Tiqqun. Inoltre, grazie ai progressi fatti registrare da novelle discipline come la sociologia e la psicologia, non facciamo nessuna fatica a credere che il comportamento urtante di Diogene oggi potrebbe ben essere considerato come deviante; il nostro quindi avrebbe rischiato molto seriamente di venire rinchiuso in un ospedale psichiatrico.
Grazie alla consulenza sociologica su cui mi son basato per tentare di orientarmi all'interno di un campo sconosciuto, sono venuto a conoscenza di alcuni test portati avanti da Harold Garfinkel, che prendono il nome di 'esperimenti di rottura'. Se ho capito bene, si tratta di procedure intenzionali, volontarie, di violazione delle consuete aspettative dei soggetti, per quanto riguarda i discorsi e più in generale i comportamenti.
“Le operazioni necessarie per produrre un'interazione anomica e disorganizzata — scrive lo stesso nel 1963 — dovrebbero dirci qualcosa su come le strutture sociali sono ordinariamente mantenute”.
Queste prove, almeno così mi sembra dopo una prima sommaria analisi, ma sono prontissimo a raccogliere ed accogliere ogni osservazione che mi faccia cambiare idea in questo senso, hanno contribuito a blindare ulteriormente da ogni eventuale attacco il serbatoio di presunta normalità attraverso il quale viene irrorata la nostra vita, incasellata, al pari di tutte le altre, all'interno di quel gioco complesso che è il quotidiano.
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206 - A quanto pare siamo tutti normati a questo mondo e ai suoi costumi, benché ciascuno di noi goda di un grado di socializzazione diverso: da quanto ho potuto apprendere durante un dialogo con una dottoressa in Sociologia, avvenuto ormai diversi anni fa, io parto da un livello piuttosto basso rispetto a molti altri.
Nell'ultimo periodo, ad esempio, mentre riflettevo su alcune vicissitudini che mi sono capitate nel recente passato, mi sono reso conto di aver commesso tutta una serie di errori, a livello interpersonale, rispetto a quello che si dovrebbe fare, almeno stando alla teoria.
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207 – Ci troviamo immersi in una corrente policentrica di forze, una moltitudine di influenze: le strutture, di carattere politico, economico, religioso, sovra-determinano la società e quindi, automaticamente, gli elementi che la compongono, ovvero gli individui.
Siamo soggetti ad una tempesta di opinioni e credenze, di condizionamenti che provengono da più parti, con il potere che, c'è da scommetterci, utilizza tutti i metodi e le armi a sua disposizione per perpetuare una situazione ad esso favorevole.
Ora, non è assolutamente mia intenzione rubare il lavoro agli psicologi, ma mi sento di paragonare il nostro ego ad una piccola cassaforte piena zeppa di significati, una piccola cassaforte di cui non abbiamo però la combinazione, su cui quindi non riusciamo più ad operare; un rapporto di tipo passivo.
Difficile, considerate le premesse, dare una scossa, così come si fa con un defibrillatore nei confronti di un soggetto in arresto cardiaco; lo stato di profonda catatonia in cui naufraghiamo al rallentatore sembra ormai una condizione irreversibile, eppure sento che è mio dovere continuare a cercare, tentare ancora di incrinare la superficie opaca che ci avvolge, in maniera asfissiante, come un bozzolo, anche solo per creare un'impercettibile, microscopica fessura per permettere alla luce di colpire i nostri occhi stanchi.
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208 - Ancora una volta, la chiave del mio intero sistema sono le cosiddette sostanze psicotrope.
Rischio di presentarmi all'appuntamento con la faccenda in gravissimo ritardo, se è vero che la già citata Scuola di Chicago ha avuto modo di produrre delle interessantissime ricerche a proposito del ruolo degli stupefacenti nei processi di interazione. Si tratta di un argomento densissimo, su cui tornerò sopra più e più volte. Per il momento mi limiterò a riportare, in una carrellata rapida e sommaria, le informazioni in mio possesso.
Uno degli studi più completi a proposito degli effetti della cannabis sulla coscienza dell'uomo porta la firma di Charles Tart, uno psicologo e parapsicologo americano, che nel 1971 pubblica il suo 'On being stoned: a Psychological Study of Marijuana intoxication”: l'autore suddivide in quattro categorie gli effetti provocati dall'assunzione di quella che per un lungo periodo è stata considerata, al pari di molte altre, una pianta sacra.
Si notano delle sostanziali modifiche per quanto riguarda la percezione dell'ambiente circostante e della dimensione temporale, che in alcuni casi viene addirittura disintegrata.
C'è, come peraltro già prospettato, un incremento del potenziale nelle relazioni sociali, prodotto principalmente da una maggiore disponibilità alle nuove esperienze e alla meraviglia, una demolizione progressiva delle cosiddette inibizioni a cui segue una maggiore sicurezza di sé.
Ci sono dei profondissimi cambiamenti per quanto riguarda i processi mentali e la percezione della propria soggettività.
Il punto che mi interessa maggiormente, però, riguarda il processo di decondizionante culturale che certe molecole particolari giocano nei confronti dell'individuo, sempre che quest'ultimo riesca ad approcciarsi a tale pratica con la sufficiente dose di consapevolezza.
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209 - Apprendo dunque che ci sono due tipi di condizionamento: uno che viene definito psicodinamico e un altro che rientra nella dimensione culturale. Il primo si esercita sui meccanismi profondi, quelli che sfuggono al controllo cosciente, e si sviluppa nella prima fase dell'esistenza.
Il secondo si riferisce a schemi mentali che vengono imposti all'individuo dal contesto culturale di appartenenza, con il fine di integrarlo nella struttura comune.
I condizionamenti culturali investono la sfera della funzionalità del soggetto: nel nostro moderno Occidente, ma non solo ovviamente, uno degli scopi principali dell'esistenza umana è legata alle varie attività produttive, che accettiamo affidandoci ad impalcature concettuali e argomentative (pre)costituite ad arte, che diventano parte integrante della nostra essenza e della nostra personalità.
In parallelo, si assiste alla nascita, allo sviluppo e al consolidarsi di condizionamenti a livello preconscio, che vengono applicati automaticamente in risposta alle situazioni più disparate.
Il decondizionamento è appunto l'indebolimento o, addirittura la soppressione dei vincoli succitati.
L'uomo ha da sempre cercato, seguendo molteplici strade, un sollievo a questa particolare condizione, sollievo che per molti è un bisogno basilare: l'evasione passa, tra l'altro, attraverso riti e festività, di cui il carnevale rappresenta uno degli esempi più antichi. Per un periodo di tempo limitato si può giocare ad essere l'opposto di quello che in realtà si è, comportandosi in maniera differente rispetto a quanto siamo portati a fare di solito.
L'azione farmacologica della sostanza contribuisce, aiuta a far saltare letteralmente in aria una serie di regole complesse e altamente formalizzate.
Grazie al suo utilizzo, l'attore sociale può mandare in scena una varietà di 'atteggiamenti non conformi', così mi sento di definirli, che potrebbero mettere temporaneamente in crisi i parametri e, più in generale, le difese dell'eventuale interlocutore.
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210 - Il sistema (sociale) migliora di continuo la capacità di assorbire gli urti rappresentati da atteggiamenti non conformi: ad un livello blando, risponde con dosi abbondanti di disinteresse e impassibilità, isolandone gli artefici fino a renderli invisibili e dunque impotenti.
Di fronte a casi caratterizzati da un'intensità maggiore adotta due strategie: in primis cerca di fagocitare quelle pratiche bizzarre per normalizzarle, magari inserendole all'interno di dispositivi economici, e tenerle così sotto controllo; nei casi più problematici, ricorre alle strutture di tipo coercitivo, come i manicomi.
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211 - Considero l'esperienza psichedelica al pari di spalancare una grossa porta che permette a due universi paralleli di entrare in contatto; mi riferisco ad esempio al mondo conscio e quello inconscio, le due parti che vanno a comporre la nostra totalità psichica e che in condizioni ordinarie rimangono su due livelli ben separati.
In quei frangenti, tra le altre cose, hai la possibilità di spostare, operare, intervenire sui vari elementi che compongono l'universo sterminato della coscienza, ma non solo: puoi godere di una maggiore facilità all'introspezione, di un'emotività particolarmente accentuata, di una spiccata tendenza al pensiero astratto e alle associazioni spontanee. Diventa quindi fondamentale capire cosa fare durante l'esperienza, trovare il modo migliore per spendere quell'immensa energia da cui veniamo investiti.
Come già accennato in precedenza, paragono le varie sostanze (una similitudine che calza a pennello soprattutto con la marijuana) a delle gentilissime madamigelle che accettano di trascorrere qualche ora in nostra compagnia: siamo noi a decidere dove portarle, loro non faranno altro che accompagnarci e seguirci in tutto e per tutto. Possiamo invitarle a guardare il nostro programma televisivo preferito, sprofondati nel comfort del divano, oppure proporre una bella gita all'aria aperta. Non batteranno ciglio se verranno scaraventate nei posti più turpi, così come sono in grado di amplificare le sensazioni positive che sgorgano in presenza di uno dei molteplici, sublimi spettacoli che la natura offre puntualmente, giorno dopo giorno.
Nel mio caso spesso le utilizzo come se fossero un ariete: sono efficaci per demolire i muri del labirinto interiore in cui spesso mi trovo a vagare e mi danno una grossa mano ad abbattere la diffidenza ingessata che di solito contraddistingue il rapporto, soprattutto nelle sue fasi iniziali, tra due o più persone.
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212 - Non mi nascondo: gli stati alterati di coscienza indotti chimicamente, in un certo senso rappresentano un alibi; mi sono sorpreso più volte in tutta una serie di comportamenti (come ad esempio trascorrere diverse ore in completa solitudine nei luoghi più insoliti del mio ridente paesello) che all'occhio di un estraneo potrebbero risultare quanto meno bizzarri ma che per me diventano, all'interno di quelle parentesi temporali, eventi assolutamente legittimi, seppur difficilmente condivisibili.
Immerso in quegli stati trovo, aspetto tutt'altro che secondario, il coraggio, la convinzione per andare avanti nel mio percorso.
Si tratta di una sospensione transitoria della condizione abituale, una breve parentesi di 'follia calcolata' che, è questo uno dei punti più importanti, svanisce nell'arco di poche ore e non ha dunque carattere permanente o cronico come accade per le varie psicosi.
Ogni qualvolta attraverso il confine, per utilizzare una metafora, c'è un netto distacco dal classico ruolo sociale in cui mi trovo coinvolto abitualmente; è come se potessi lanciare via lontano la maschera che indosso di solito e lasciare il campo ad una versione sconosciuta di me stesso.