180 - Sono ben consapevole del fatto che a furia di grattare in profondità nelle zone più nascoste dell'animo umano emergano, assieme alle credenze e alle convinzioni, anche le paure e un assortimento variegato di dolori e sofferenze. La nostra lingua, soprattutto quando mossa da sincerità e sensibilità, le nostre parole e i nostri atteggiamenti possono trasformarsi in un rimedio, una cura, un antidoto, un balsamo, una terapia.
Eppure credo che lo schiavo che ritorna indietro tra i suoi simili dopo la fuga non sia necessariamente tenuto a vestire i panni dell'infermierino del pronto soccorso, se non in casi estremamente eccezionali, come ad esempio di fronte ad un soldato visibilmente dilaniato che ritorna a casa in seguito all'ultima battaglia, o in presenza di un animale in prossimità del trapasso.
Si correrebbe il rischio, infatti, di alimentare la parte più debole, molliccia, piagnona; anziché una reazione si otterrebbe l'effetto opposto: consolidare il problema, alimentandone le cause alla radice.
Prestare soccorso ad un avvelenato, o ad un ferito grave, è sinonimo di grande umanità; ma un atteggiamento troppo accondiscente nei confronti di coloro che dimostrano di essere, nonostante tutto, in condizioni accettabili di salute, ne aumenta soltanto vizi e debolezze.
Del resto, avrei potuto chiamare il contenitore delle presenti righe 'S.O.S filosofico', o ancora peggio, 'Coccole filosofiche', ed invece ho optato per un concetto sensibilmente diverso.
Se è vero dunque che ci troviamo tutti intrappolati sulla stessa zattera, cambieremmo ben poco l'aspetto della faccenda se passassimo il tempo ad asciugarci le lacrimucce a vicenda.
*
181 - Lo strumento principale del nostro agire è dunque la critica dialettica: attraverso il suo utilizzo si mettono in gioco i principi e i valori dell'interlocutore, con l'intento di saggiarne la solidità, la fondatezza. Proprio per questo la dialettica non può ricoprire esclusivamente un ruolo di tipo consolatorio.
M. me l'ha ripetuto così tante volte che ormai ho imparato la lezione alla perfezione: in greco, con il termine 'pharmakon' si indica il rimedio, ma anche il veleno. La dialettica nel nostro caso andrebbe considerata esattamente allo stesso modo; andrebbe esercitata con cautela, con grandissimo senso di responsabilità. Ecco perché tale pratica non dovrebbe essere trattata come un banale diversivo, un passatempo utile per colmare gli intervalli di tempo tra uno spritz e l'altro.
Se si sottovaluta la faccenda si corre il rischio di generare più dolore di quanto non sia necessario, e sinceramente è un lusso che non ci possiamo assolutamente permettere.
*
182 - Mi rendo anche conto del fatto che un individuo spesso si arrocca, al sicuro, nel castello delle proprie verità e le difende e si difende con tenacia ed ostinazione, come peraltro è giusto che sia. Solleva il ponte levatoio, rendendo di fatto impossibile ogni scambio con l'esterno, aumenta l'altezza delle fortificazioni, quasi a volersi isolare da ogni eventuale tentativo di comunicazione, e si rende così sordo e allo stesso tempo cieco. Il nostro tanto acclamato dubbio rischia dunque seriamente di essere niente di più che una piccola, insignificante freccetta che va a sbatacchiare contro una lastra spessa di vetro antiproiettile.
Il kit per ottenere un livello sufficientemente elevato di insensibilità agli stimoli viene peraltro sponsorizzato a dovere dal Potere, un vaccino formidabile che annienta, sul nascere, ogni singolo germe di senso critico che potrebbe minare, come un virus, la quiete autistica dei nostri cervelli, stipati nei grandi freezer congelatori predisposti dal Sistema. Nell'era dell'inconsapevolezza globale, dell'intrattenimento, del passatempo e delle distrazioni multimediali, il nostro Socrate rischia di essere soltanto uno spaventapasseri, un fantoccio buono soltanto per collezionare, appiccicate addosso come medaglie, una serie potenzialmente infinita di pernacchie.
Proprio per questo, se si vuole evitare di farlo diventare alla stregua dell'ennesimo personaggio buffo di qualche serie-tv per adolescenti, occorre aggiornarne le potenzialità, la configurazione generale.
Così come accade in campo musicale, ad esempio, dove l'incontro, l'unione di due generi, anche piuttosto lontani tra di loro in termini spazio-temporali, produce un nuovo ibrido che molto spesso stravolge la storia generale della cultura e dell'arte, così dovrebbe funzionare, nel nostro caso, per la filosofia: la chiave è il crossover.
*
183 - La notte del 24 dicembre del 2014 scarico addosso a G. tutti i pensieri che poi con il passare del tempo hanno trovato asilo, e poi una forma più definita, tra le pagine dei miei quaderni.
Prima di iniziare con il processo mi lascio sfuggire un desiderio: — Ti prego, demoliscimi!
Lui non si fa pregare ulteriormente, si cala brillantemente nella parte ed incomincia a contestare ogni singolo aspetto con rara veemenza: è un piacere vederlo all'opera in quei casi, per la passione e la cura meticolosa con cui stermina le mie idee, quelle che allora erano soltanto delle tenerissime speranze.
Una volta concluso il trattamento, torno a casa senza più nulla: non è rimasto integro nemmeno un mattoncino del mio sistema, tanta fatica per raccogliere e mettere da parte il materiale delle ricerche, e nel giro di poche mezz'ore è diventato tutto inutile, spazzato via, sotto la furia di un uragano. Non lo ringrazierò mai abbastanza per il tempo che mi ha dedicato quella sera: avrebbe potuto spenderlo in mille altri modi diversi ed invece è stato fermo, nonostante il freddo, ad ascoltarmi e a replicare colpo su colpo.
Ricordo bene che non fu facile prendere sonno; al risveglio mi sentivo stordito, come se avessi affrontato e incassato migliaia di pugni dal campione in carica dei pesi massimi di boxe.
“Mettimi in forse, mettimi in forze”, cantava un ragazzo piuttosto saggio tanto tempo fa.
Così, la mattina seguente, mentre sto in ammollo dentro alla vasca e mi lecco le ferite, affiora alla coscienza una delle frasi più belle che abbia mai letto: ebbe il potere di squarciare le tenebre fitte della mia confusione come la luce di un faro che all'improvviso regala la rotta da seguire ad un vascello ormai alla deriva.
Sono un artificiere. Fabbrico qualcosa che alla fin fine serve a un assedio, a una guerra, a una distruzione. Io non sono per la distruzione, ma sono a favore del fatto che si possa passare, che si possa avanzare, che si possano abbattere i muri.
Sono le parole di Michel Foucault, raccolte da Roger-Pol Droit in un'intervista del giugno del 1975.
Se lui è un artificiere, mi dico nel frattempo che schizzo in piedi, io non devo fare altro che trasformarmi in colui che piazza l'esplosivo.
Ecco quale è il senso della mia intera esistenza, ecco come voglio investire il tempo residuo che mi spetta su questo pianeta.
*
184 - È una sensazione bellissima, come trovare, dopo innumerevoli sforzi, le due tessere che completano il puzzle: il metodo di indagine socratico ti permette di scovare le crepe, le fessure, le contraddizioni nella biografia e nell'attualità del tuo interlocutore; una volta individuata la frattura devi resistere alla tentazione di farti travolgere dalla compassione: il primo impulso infatti è quello di sanare il danno con bende, stecche e analgesici, ma anzi devi sforzarti di evidenziare la spaccatura, scomporla in tanti piccolissimi frammenti, portarli alla luce, farli brillare, renderli se possibile ancora più fastidiosi, spingere il dolore all'estremo, in tutta la sua immane verità.
Solo così è possibile davvero andare oltre.
Il primo passo consiste dunque nell'individuare il bug, che in campo informatico indica l'errore di funzionamento di un sistema o di un programma.
Il secondo non può che essere quello di confezionare l'ordigno: il dubbio è il veicolo, il tramite, il cavallo di Troia; il contenuto equivale alla dinamite.
Non puoi sapere con precisione quando avverrà effettivamente la deflagrazione: può avere effetto immediato, o ritardato nel tempo. L'interlocutore, soprattutto se colto di sorpresa, può avere reazioni anche brusche, verbalmente violente; può arrivare addirittura a minacciare di cancellarti, una volta per tutte, dalla propria lista di amicizie, può interrompere senza indugio il rapporto, non prima di averti maledetto con tutte le sue forze.
Sono i cosiddetti rischi del mestiere, aspetti comunque trascurabili, soprattutto quando si ha bene in mente la natura della propria mansione.
Il confronto con il prossimo assume connotazioni inedite; si arricchisce di significati, in maniera proporzionalmente diretta, con l'aumentare della complessità del contesto.
Bisogna ricordare che il potere non è un insieme di meccanismi di negazione, di rifiuto, di esclusione. Il potere produce effettivamente. Produce, verosimilmente, persino gli individui stessi. L'individualità, l'identità individuale sono prodotti del potere. Per questo ne diffido, e mi sforzo di disfare quelle pieghe.
*
185 - È lo stesso Foucault a fornire il materiale che in definitiva costituisce le basi per quello che mi sembra un'incredibile, meravigliosa attività; la definirei un gioco, se non fosse che la posta in palio è decisamente più alta, più nobile del comune divertimento, soprattutto nella sua accezione attuale.
Ancora: in un certo senso è come se il vecchio, classico modello socratico venga arricchito con elementi nuovi di zecca. A me non spetta altro da fare che mettere a disposizione il mio corpo e la mia coscienza e tutte le energie che riesco a convogliare in tale pratica.
Posso essere, in un certo senso, la sintesi tra due universi paralleli che la Storia non ha (ancora) fatto incontrare in maniera diretta.
L'agronomia insegna come innestare in un grosso tronco dei rami provenienti da un altro albero che poi produrranno frutti migliori rispetto al passato.
Lo schiavo che ritorna nella caverna ha una lucidità, un'arsenale e se si vuole una spietatezza di stampo tutto moderno.
Un artificiere è prima di tutto un geologo. Osserva gli strati del terreno, le pieghe, le faglie.
Dove è più facile scavare? Dove troverò resistenza? Osserva come sono piantate le fortificazioni. Scruta i rilievi che possono essere utilizzati per nascondersi o per sferrare un attacco.
Una volta verificato tutto questo, restano gli esperimenti, i tentativi. Si mandano i ricognitori, si appostano le spie, si fanno stilare i rapporti. Poi si definisce la tattica che verrà impiegata.
La trincea? L'assedio? Gli esplosivi? L'assalto diretto?...Il metodo, in definitiva, non è altro che questa strategia.
L'interazione personale sposa le teorie esposte da Sun-Tzu nell'Arte della guerra: se le coscienze degli altri sono da considerarsi come un campo di battaglia, allora occorre distinguere i terreni duri da quelli molli e cedevoli, occorre calibrare l'intensità della comunicazione, caso per caso, prima di procedere. Occorre capire le contromosse dell'interlocutore con adeguato tempismo: intuire quando ha intenzione di fuggire, quando sta preparando un tranello, quando è pronto per il contrattacco, quando si finge debole o spaventato, o più forte di quello che in realtà è, quando mente, innanzitutto a se stesso. Diventa fondamentale inoltre il concetto di kairos: il momento decisivo, in cui è possibile affondare il colpo.
*
186 - La materia prima per confezionare l'ordigno si trova dappertutto: qualsiasi libro, ad esempio, può essere una fonte adatta, può contenere uno spunto interessante utile allo scopo. Non si sa mai come e quando si accende la lampadina: puoi soltanto continuare a cercare.
Le opere di Foucault, per me, sono una risorsa che si rinnova in automatico ad ogni nuova lettura.
Tutti i miei libri, che si tratti di 'Storia della follia' o di 'Sorvegliare e punire' sono, se vuole, delle piccole scatole di attrezzi. Se qualcuno vuole aprirle, servirsi della tal frase, della tale idea, della tale analisi come si fa con un cacciavite o con una pinza, per cortocircuitare, screditare, abbattere i sistemi di potere, compresi eventualmente quegli stessi sistemi di potere da cui i miei libri provengono...bene...tanto meglio.
Ed ancora:
Considero i miei libri come delle mine, delle confezioni di esplosivo...è ciò che spero che siano!
La vera ricchezza però molto spesso è racchiusa, celata nei racconti degli altri: le storie che divoro in maniera famelica diventano elementi singoli da abbinare tra di loro: a disposizione una serie potenzialmente infinita di combinazioni che svelano significati del tutto nuovi rispetto alla versione originaria proposta in un primo momento dal soggetto che decide di condividerli.