“È spuntato il giorno in cui ci innalziamo dalle nostre infime sedi e ci portiamo, con un facile volo, sugli astri superni e ci dischiudiamo l'immensità dell'universo, non più immersi nell'odiate tenebre di un chiuso e profondo carcere”
Giordano Bruno – L'immenso e gli innumerevoli
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031 - [Residui granulosi nel sistema. Ricordi frammentati.]
Mi si conceda un flashback.
Spingo, assieme a B., la cassa pesantissima del suo amplificatore di chitarra, su per una salita ripida, verso il cofano della macchina, dopo aver concluso le prove con il nostro gruppo.
All'improvviso mi guarda e mi chiede: — Hai già un'idea su quando finirai con la musica?
Non ricordo di preciso l'anno in cui è andato in scena questo discorso, ma ormai non ha più importanza.
— Non so bene — gli risposi — ma credo proprio che dai trenta in poi mi dedicherò all'altra mia più grande passione.
Alludevo alla Filosofia, anche se all'epoca non potevo di certo conoscere le dinamiche nelle quali mi sarei trovato coinvolto in seguito, né l'intensità dei miei sforzi, né gli stati d'animo e le emozioni che mi avrebbero accompagnato lungo questo viaggio.
Non avevo ancora riflettuto a sufficienza sui significati, sui contenuti più profondi di tale materia. A voler essere sinceri, mi sono accorto, all'indomani della conclusione del mio ciclo di studi all'università, di non aver capito quale fosse, in definitiva, il nocciolo degli insegnamenti che mi erano stati impartiti e, aspetto tutt'altro che secondario, le prospettive che mi si sarebbero aperte.
Per sedare l'affannata petulanza dei miei dubbi ho quindi fatto ricorso, non è peraltro la prima volta e non sarà di fatto manco l'ultima, alle opinioni e alle credenze degli altri, bacino privilegiato per le mie indagini.
Per comprendere meglio la questione, credo però che sia necessario un ulteriore salto indietro.
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032 - Maggio 2001
Dopo una notte insonne, passata a soffriggere nell'olio amaro del fallimento, assieme all'incertezza per un futuro che di colpo assumeva tinte scurissime, prendo la decisione di abbandonare la Facoltà di Ingegneria, ormai consapevole, vista la grande fatica spesa per raggiungere risultati scarsissimi, assolutamente insoddisfacenti, che non si trattasse della dimensione che potesse fare per me.
All'epoca vivevo ancora nell'illusione, montata ad arte dagli altri attori, che non si potesse prescindere da una laurea e da una preparazione specialistica per trovare un lavoro utile per raggranellare i vari spiccioli, fondamentali per il pagamento dei vari pedaggi che il calpestare questo mondo comporta.
Sentivo, allo stesso tempo, una forte attrazione per gli studi umanistici: a mia disposizione una vasta offerta formativa, che spaziava dall'Antropologia Culturale sino ad arrivare a moderne quanto fantomatiche Scienze della Comunicazione.
Il criterio utilizzato per la scelta del corso, lo ammetto, è stato davvero poco nobile, anche se dettato dalla necessità: reduce da un rapporto a dir poco conflittuale con il latino (e con i relativi insegnanti), durante i cinque anni, pregni di incomprensioni, trascorsi alle scuole superiori, sono stato in un certo senso costretto a puntare su un percorso, l'unico in cui non avrei dovuto fare i conti con questa disciplina.
Il corso di laurea in Filosofia aveva il vantaggio di essere immune da tale morbo e suggeriva allo stesso tempo, nelle sue premesse, alcuni spunti interessanti.
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033 - Molte storie d'amore incominciano con un malinteso, con un'incidente.
G.M, sin dalle prime battute, evidenziava un atteggiamento piuttosto bizzarro nei confronti dei suoi giovani studenti. Un succoso assaggio del suo essere istrionico ci fu fornito, oltre che durante le lezioni, in occasione della primissima sessione di esami relativi al corso di 'Storia della Filosofia Antica', in cui tra l'altro aveva avuto modo di iniziarci ai primissimi rudimenti di metafisica: una volta concluso il colloquio ci faceva accomodare fuori dallo studio, dove attendevamo l'esito.
Dopo un consulto con la sua assistente faceva tintinnare, in maniera odiosa e antipatica, un piccolissimo campanello; era il segnale che ci comunicava che il verdetto era ormai prossimo.
Nel mio caso fu più simile ad un pugno scagliato dritto sul naso.
— Lei — mi disse appena rimisi piede nello stanzino — non è adatto per la Filosofia.
Più che per il fatto di dover riprendere da capo quelle pagine e quelle nozioni, piuttosto ostiche per me, il dispiacere derivava dalla sensazione di sentirmi espulso, per la seconda volta dopo poco tempo, da un ambiente accademico.
A differenza di quanto feci nel corso della precedente esperienza, mi armai di forza di volontà e determinazione e trovai le energie per insistere, nonostante un giudizio tanto duro ed impietoso, seppur relativo ad un singolo docente.
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034 - Forse il suo atteggiamento iniziale alquanto rigido, ostico, era dettato dalla volontà di difendere un sapere tanto prezioso dalle grinfie degli sprovveduti, categoria all'interno della quale, probabilmente, mi inseriva.
La situazione, anche solo da un punto di vista 'estetico', era decisamente curiosa: da un lato un 'freak' con barba e capelli lunghi, abiti sgualciti e un bagaglio di strafottenza tipico di chi, a venti anni, ha ovviamente capito tutto su come vanno le cose.
Dall'altra, un omino asciutto di oltre sessant'anni, dichiaratamente conservatore, freddo, distaccato, a tratti quasi crudele, di un umorismo pungente e cinico. Non nascondeva le sue simpatie politiche, spiccatamente di destra. Nato a Tolmina nel 1937, si vociferava in giro che il papà fosse stato ucciso dai partigiani durante la guerra, ma non ho mai avuto modo di verificare meglio l'informazione.
Mi sono sempre chiesto, però, che strascichi potesse provocare un evento del genere sulla coscienza di un bambino.
All'epoca era profondamente innamorato di Silvio Berlusconi, cosa che ostentava di continuo, suppongo ora, a distanza di tempo, per provocarci, per tirare fuori le nostre reazioni, quasi provasse un piacere smisurato nel farsi disprezzare.
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035 - Ho bene impressa in mente la mattina in cui tentai, per la seconda volta, di superare l'esame di 'Storia della Filosofia Antica'. Per ingannare l'attesa avevo ascoltato a ripetizione, per decine di volte, 'Rigurgito antifascista' dei 99 Posse.
Una volta nello studio le cose non sembravano andare molto meglio rispetto al turno di andata; G. M. aveva la capacità, con le sue domande, di spiazzarmi in continuazione.
Ad un certo punto dell'esame ero ormai così in preda allo sconforto e alla confusione che non sarei riuscito a rispondere correttamente, o comunque con un sufficiente grado di sicurezza, nemmeno ad una domanda semplice come quella relativa al mio nome proprio.
All'ennesimo punto morto della mia esposizione lasciò momentaneamente la sua postazione per recarsi al bagno, concedendomi una piccola tregua.
Una mia collega, sua pupilla, presente in qualità di testimone, mi passò la risposta giusta per l'ultima domanda, così al suo rientro conclusi quella penosa esibizione strappando un 24.
Si informò sull'andamento dei miei studi e sui rapporti che avevo con gli altri suoi colleghi e infine mi congedò augurandomi buona fortuna.