Per la stesura di questa sezione particolare ho cercato, in lungo ed in largo, qualcuno che fosse capace di illustrare, in maniera semplice, chiara e comprensibile a tutti, i momenti principali della storia della Filosofia Antica. In un primo momento, lo ammetto, la scelta era ricaduta su Giorgio Faletti, considerando i recenti riscontri positivissimi ottenuti in ambito letterario, ma la sua prematura scomparsa ha compromesso irrimediabilmente i piani. Mi sarebbe piaciuto chiedergli, tra l'altro, cosa si prova ad aver scritto più pagine e avere più lettori di Friedrich Nietzsche, la morte però mi ha anticipato sul tempo.
Ho dovuto dunque ripiegare, non senza un pizzico di rammarico, su Dan Brown, famoso romanziere americano che unisce indubbie qualità narrative ad una spiccatissima perspicacia, qualità che lo rendono uno dei geni principali della nostra epoca, in grado come pochi di portare a galla anche le verità più nascoste. Quella che segue è solo una prima, sommaria introduzione ad una discussione che lo stesso Brown si augura di poter sviluppare meglio in seguito. Per ora non possiamo fare altro che ringraziarlo pubblicamente per la disponibilità e la professionalità con cui ha risposto alla proposta.
*071 - Io non posso sapere con esattezza quali sono state le dinamiche e le tappe fondamentali che hanno portato la Filosofia, nella sua accezione occidentale, a confinarsi dietro alle robuste mura dell'istituzione, ben lontana dalle orecchie e dalle menti della 'gente comune'.
Per cercare di capire come siano andate in effetti le cose, è necessario ripercorrere i primi passi di un fenomeno clamoroso quanto controverso, ma per prima cosa occorre fare una precisazione: il pensiero dell'uomo aveva in realtà iniziato a svilupparsi e a dare i primi frutti già da tempi remotissimi. Si ha buona ragione di credere che i Magi, ad esempio, una casta ereditaria di sacerdoti, fossero tra i più sapienti in assoluto fra i Persiani, mentre i Caldei spiccavano, soprattutto per le loro scoperte in campo astrologico, tra i Babilonesi e gli Assiri. Che dire invece dei Ginnosofisti, scovati dalle truppe di Alessandro Magno durante la campagna militare in India, che facevano delle varie astinenze e della meditazione i passaggi fondamentali verso la conoscenza.
Tra le popolazioni celtiche e germaniche invece, è noto in questo senso il ruolo dei Druidi, anche se alcune delle loro pratiche sono avvolte da una spessa coltre di mistero.
Il primo ad utilizzare il termine 'Filosofia' pare sia stato Pitagora, padre della cosiddetta scuola Italica. La scuola Ionica invece prende le mosse da Talete, il quale si avventura nell'osservazione e nello studio del mondo, della natura, del cosmo e dunque dei suoi fondamenti ultimi, armato soltanto della sua ragione, debitamente ripulita, sarebbe proprio questa la novità più grande rispetto al passato, da tutte le credenze di stampo religioso e dalle false opinioni.
Dopo di lui in tanti seguirono il suo esempio e contribuirono allo sviluppo di tale neonato fenomeno, a partire da Anassimandro, allievo proprio di Talete, sino ad arrivare a Democrito, che con il maestro Leucippo gettò le basi, tra le altre, per la teoria atomistica, senza l'ausilio, non so se sia il caso di ricordarlo, di nessun microscopio o nessuno strumento tecnico specifico.
Non è affatto semplice individuare la scintilla che ha provocato questa improvvisa illuminazione nella coscienza degli uomini di quel tempo. Si parla, tra l'altro, di particolari riti di iniziazione, uno dei più famosi è senza dubbio quello relativo ai 'Misteri di Eleusi', in cui, probabilmente anche grazie all'ingestione di sostanze psicotrope (è la teoria proposta da Albert Hofmann, Carl A. P. Ruck e Robert Gordon Wasson), il partecipante entrava in contatto diretto, attraverso delle visioni, con delle conoscenze particolari, segrete ed inaccessibili ai più.
In seguito tornerò, peraltro in maniera più dettagliata, sulla questione, che potrebbe avere un ruolo più centrale rispetto a quello che le viene riconosciuto di solito.
Possiamo prendere per buono il fatto che questo sapere ha avuto, sin dalle sue origini più remote, un carattere elitario. I filosofi formavano un'entità ben distinta nella società e tramandavano ai propri discepoli le informazioni necessarie all'interno di un ambiente chiuso, al quale si accedeva soltanto se si soddisfacevano tutti i criteri, sia a livello socio-politico che, ovviamente, attitudinale.
Grazie alle loro enormi conoscenze, soprattutto se rapportate a quelle proprie delle altre classi sociali, i sapienti spesso ricoprivano le cariche più importanti e svolgevano un ruolo fondamentale nella organizzazione delle città. Altrettanto spesso venivano ostracizzati e trattati come dei nemici dai potenti.
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072 - Si delinea così una dicotomia destinata a sopravvivere nel corso dei secoli: da una parte coloro che dedicavano la propria vita agli studi e alle speculazioni, dall'altra il resto della società civile, tagliata fuori da questo bacino di conoscenza in rapida e continua, frenetica espansione. I primi venivano addestrati, quasi come dei militari, ad utilizzare il proprio pensiero in maniera particolare, in termini di ricerca, rispetto al solito.
I vari sapienti tendono, nelle varie epoche, a condensarsi in dei piccoli gruppi, che formano poi quelle che prendono il nome di 'scuole': ciascuna porta avanti le proprie ragioni ed entra in competizione con le avversarie in quello che ha tutta l'aria di essere un campionato.
Immagino, all'interno di queste sette, una situazione del genere: i talenti maggiori, le individualità più perspicaci ed ispirate, fungono da matite, che tracciano le linee guida portanti delle varie teorie, supportati a dovere dagli elementi gregari, che con il loro lavoro ottimizzano le intuizioni originarie e le raffinano ulteriormente; proseguendo nel nostro paragone potremmo considerarli al pari del tempera lapis, si occupano di mantenere la mina sempre perfettamente appuntita e offrono la propria materia grigia, come un foglio di carta, per accogliere le informazioni ed elaborarle in maniera efficace.
L'uomo spinge la propria ricerca in territori inesplorati, aumentando di fatto la raffinatezza delle speculazioni. Platone scrisse qualcosa come trentasei opere, in cui si sedimentano le influenze derivate dall'esempio pratico offerto da Socrate. Spaziano dal campo della politica a quello dei processi cognitivi dell'uomo, nozioni diventate con il tempo dei veri e propri punti di riferimento che è impossibile, ancora oggi, non prendere in seria considerazione.
Aristotele, suo discepolo, trattò gli argomenti più disparati: dalla Logica, alla Fisica, che comprende lo studio sia del mondo animale e vegetale in tutte le sue sfaccettature che dei corpi celesti; dalla Metafisica agli aspetti peculiari della coscienza umana; analizzò i fenomeni legati ai sensi e ai meccanismi della memoria, sino allo studio della dimensione onirica. Si occupò inoltre di Etica, di Politica, di Retorica.
Non so davvero se ci troviamo di fronte a degli autentici geni o se piuttosto l'enorme numero di testi sia il frutto di un lavoro di squadra, metodico e minuzioso. Ciò che conta è che in quegli anni, senza peraltro poter contare sull'assortimento di strumenti di indagine attualmente a nostra disposizione, il pensiero umano si aprì ad una serie di intuizioni che avrebbero permesso di riconfigurare, in maniera fatale, secondo alcuni, il rapporto tra l'individuo e la Natura, destinata, da quel momento in poi, ad essere esaminata e violata sin nei suoi aspetti più segreti per poi venire drammaticamente sottomessa alla nostra ragione e alle nostre esigenze.
Ci si concentrò particolarmente sul rapporto tra l'individuo ed i suoi simili, con un progresso notevole nelle teorie e nelle tecniche di governo e di gestione del potere. Si assiste al montaggio delle impalcature che permetteranno in seguito la costruzione di sistemi solidi in ambito politico, economico, scientifico e religioso.
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073 - All'interno di questo quadro, in cui è evidente il progresso umano nel campo della conoscenza, emerge con assoluta forza il caso, decisamente emblematico, di Socrate, che secondo tantissimi storici rappresenta un vero e proprio spartiacque tra due momenti ben distinti, una meravigliosa eccezione, sia per come si è espressa nella propria realtà, sia per quanto ha consegnato in eredità ai posteri. Tra le peculiarità, al primo posto, c'è il fatto che Socrate, a differenza di tanti che l'hanno preceduto e di tanti che l'hanno seguito, non ha lasciato nessuna testimonianza scritta delle proprie teorie.
Da quanto si apprende, soprattutto grazie ai resoconti forniti da Platone, Senofonte e Aristofane, Socrate ha speso gran parte della sua vita pubblica entrando in contatto, in rapporto dialettico, con i suoi concittadini. Il suo filosofare itinerante invadeva tutti i principali spazi sociali della città, come il mercato, ad esempio, che assumeva una connotazione differente rispetto a quella classica, predominante, di tipo economico.
Il suo agire era finalizzato a portare alla luce, tra le altre cose, il buon senso e la ragionevolezza dell'interlocutore, che veniva solleticato, incitato ad esprimere un parere sulle questioni più disparate. Viene considerato, da più parti, come il padre dell'etica.
C'è chi vede nel compimento di questa bizzarra missione nient'altro che uno straripante dispotismo logico: chi si imbatte in Socrate, che da quanto si dice amava profondamente girovagare per le strade di Atene, veniva trascinato, suo malgrado, nel pantano denso di lunghissimi e intricati discorsi. Da un altro punto di vista tale pratica era finalizzata alla 'maieutica': il confronto favoriva l'emergere, il dischiudersi della verità nel soggetto, che poteva così distaccarsi dalle false credenze provocate dalla religione o dal senso comune.
Particolare attenzione veniva rivolta nei confronti dei ragazzi, e quindi della loro educazione: i giovani, con i quali veniva instaurato un rapporto spesso molto profondo non solo in ambito pedagogico ma anche sul piano sentimentale, rappresentavano la risorsa più importante per il buon sviluppo etico, politico e culturale della polis.
A differenza dei sofisti, che si facevano pagare per i loro servizi e venivano accusati di utilizzare l'arte oratoria per confondere e manipolare le coscienze altrui durante i dibattiti e le dispute pubbliche, Socrate agiva animato soltanto dalla sua passione, senza secondi fini.
Questo atteggiamento, caratterizzato da una decisa apertura nei confronti della 'società civile' presenta dei chiari ed evidenti rischi: uscire dalla ristretta cerchia di appassionati espone in maniera drammatica al rischio di non venire compresi, di essere fraintesi.
Tra le motivazioni che spinsero Socrate ad assumere una condotta così stravagante c'era la voglia di aiutare i propri concittadini a vivere una vita più consapevole, all'insegna dell'equilibrio e della giustizia. Ben differenti, invece, sono le considerazioni a cui approdano diversi ateniesi.
Il processo, con conseguente condanna, a cui viene sottoposto Socrate, è emblematico: una parte della popolazione lo vede come un pericolo, in grado di sviare i fanciulli dalla tradizionale retta via; una calamità per l'ordine politico-religioso che sorregge la città, una spaccatura assolutamente non richiesta sulla superficie levigata dell'ordinario.
*074 - Ciò che colpiva di Socrate, tra l'altro, era la sua rettitudine morale: un campione di temperanza e saggezza che riusciva a fare del suo vivere un'autentica opera di filosofia pratica. Coerentemente con i suoi principi, anche l'ultimo atto, la morte, tende a rivestirsi di quell'alone di esemplarità che riecheggia spesso ancora oggi a distanza di più di 2500 anni: bevendo il veleno fatto con la cicuta esso rifiuta implicitamente la fuga da quel castigo che, seppur ritenuto ingiusto, viene accettato in nome della coerenza.
Ciò che colpisce, anche nel momento più estremo, è la serena accettazione di un destino che Socrate stesso ha costruito con le sue mani, le sue intenzioni, il suo atteggiamento, i suoi insegnamenti.
Rappresenta per tutti i posteri un monito importante: sfidare le altitudini vertiginose della vita spalanca le porte al rischio di precipitare, da un momento all'altro, in una voragine senza fondo.
Risultano quanto meno ambigui, alla luce del tragico epilogo in cui si è imbattuto il nostro, gli inviti che spesso sgorgano dalla bocca degli accademici ad intraprendere la strada della filosofia diretta e sincera.
— Servono più Socrate! Più Socrate! — gridano convinti, nel frattempo che si tengono a debita distanza dalle strade e dalle zone di conflitto.
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075 - La situazione ora mi sembra decisamente più chiara: sin dalle sue origini la Filosofia Occidentale si è tenuta ben alla larga dalla gente.
Il caso di Socrate appare più come un'eccezione, piuttosto che una pratica diffusa.
Con la conclusione violenta di quello che potremmo definire un vero e proprio esperimento sociale inconsueto, si apre allo stesso tempo una nuova fase.
Il tempo dell'azione e della testimonianza individuale era definitivamente tramontato con la morte di Socrate — scrive Mario Vegeti nelle righe di commento alla Repubblica, che poi aggiunge:
Le lacerazioni del tessuto sociale della polis verificatesi con la fine dell'età periclea e con la guerra del Peloponneso, la stessa sconfitta di Socrate impedivano ormai a Platone di concepire un rapporto diretto fra il singolo cittadino e la polis, nel quale il primo potesse direttamente indirizzarsi agli altri membri della sua comunità, propor loro un programma di rinnovamento dello stato, ottenerne infine la realizzazione grazie alla sola persuasione intellettuale e morale.
Platone aveva al contrario acquisito la chiara consapevolezza che qualsiasi piano di intervento politico richiedeva un'organizzazione in grado di portarlo avanti. Questa organizzazione di tipo nuovo egli la realizzò con l'Accademia, che a sua volta presentava un carattere intermedio fra il partito politico di tipo moderno e l'istituto per la ricerca scientifica avanzata.
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076 - Sarà lo stesso Platone a stabilire i severissimi criteri di ammissione alla sua scuola: il candidato deve possedere precise qualità fisico-attitudinali, come la buona memoria, la curiosità verso gli argomenti nuovi, una predisposizione allo studio, alla contemplazione, a cui si aggiunge un animo temperato.
L'obbiettivo è quello di formare dei guardiani illuminati che possano guidare al meglio, con saggezza, lo Stato.
Dei guardiani che siano addestrati, proprio come dei soldati, a servire in ogni circostanza il bene comune a discapito del proprio tornaconto personale; che siano in grado di prendere la decisione giusta anche di fronte al caso più intricato e controverso. Che possano incarnare la giustizia e la magnanimità, che possano diventare un magnifico esempio di comportamento per tutti gli altri.
Se Platone potesse vedere, anche solo per una mezz'oretta scarsa, le degenerazioni in cui è incappata la sua creatura (l'Accademia), probabilmente piangerebbe lacrime amarissime, nel constatare come questa sia diventata, nel tempo, un parcheggio, un ritrovo per utopisti disadattati, per inguaribili logorroici, per chiacchieroni, per sognatori cronici, per inutili inetti.
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077 - Aristotele è, in un certo senso, colui che trasferisce le varie conoscenze all'interno del manuale: il sapere viene minuziosamente impacchettato, predisposto per la sua trasmissione e la sua diffusione.
Non si assiste soltanto ad una furiosa invasioni di nozioni e scoperte innovative, ma prende corpo un vero e proprio modo di ragionare, il sillogismo, che permette al pensiero di imbattersi nelle questioni più disparate e di risolverle, attraverso la dimostrazione logica, in maniera piuttosto efficace.
Il rapporto del filosofo con l'esterno segue il binario classico: in seguito alla morte del maestro Platone, Aristotele abbandona l'Accademia, nella quale era entrato da diciassettenne, e ritorna ad Atarneo, e dopo ad Asso, dove fonda una nuova scuola.
Insegnerà anche a Mitilene, sull'isola di Lesbo, prima di venire chiamato da Filippo II per occuparsi dell'educazione di un giovanissimo Alessandro Magno.
In prossimità della vecchiaia ripara a Stagira, sua città natale, per poi trasferirsi ad Atene dove fonda il Peripato. Al suo interno ci si occuperà di ricerche nel campo della zoologia, della botanica e dell'astronomia. Le materie più delicate, come la metafisica e la logica, vengono riservate ad una cerchia ristretta di allievi, mentre politica e retorica venivano estese agli eventuali interessati esterni.
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078 - L'enorme mole di congetture e teorie faticosamente accumulata in più di 300 anni di storia, si diffonde a macchia d'olio, straripando fuori dalla Grecia, per andare a contaminare le zone limitrofe, l'area del Mediterraneo, ad esempio, fino a toccare l'Asia minore, l'Asia Centrale, la Siria, alcune regioni dell'Africa del Nord, della Mesopotamia e dell'Iran, spingendosi addirittura in India.
Si assiste alla rapida, progressiva avanzata di un modo inedito di stare al mondo e agire su di esso; un modo innovativo di utilizzare il pensiero, di indirizzare le proprie ambizioni.
Come conseguenza, un incremento delle attività e degli studi su arte, economia e scienze in genere.
La cultura ellenistica (così viene definito l'intero pacchetto dagli addetti ai lavori) può essere paragonata ad un sistema operativo, Windows è da circa trent'anni uno dei più utilizzati, che combinato con un hardware permette lo sviluppo di applicazioni, programmi e funzioni sempre più competitive, complesse ed efficaci.
Ma se da una parte è piuttosto facile rendersi conto di quanto un prodotto informatico abbia stravolto le nostre esistenze, basta guardarsi attorno per avere la giusta idea sul rapporto di dipendenza che si crea tra innovazione tecnologica e individuo, dall'altro non è così semplice ammettere quanto un sistema di pensiero possa incidere sulle nostre più piccole scelte giornaliere, sulle valutazioni che diamo dei vari fenomeni, sulle credenze che ci rendono chi siamo.
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079 - Storia della Filosofia: il cammino intrepido, lungo la strada della conoscenza, di uomini dotati della nostra stessa struttura cerebrale che, non si sa come né perché, riescono ad alzare l'asticella in puri termini di potenziale cognitivo.
All'indomani della morte di Aristotele, l'apice più alto raggiunto dalla speculazione filosofica antica, l'Occidente si trova tra le mani un'eredità importante ma allo stesso tempo ingombrante: serviranno secoli e secoli di studi approfonditi per far sedimentare nelle coscienze dei moderni quegli insegnamenti, prepotentemente strappati alle tenebre dell'ignoto.
Il pensiero greco si propaga nel mondo romano, non senza contrasti, soprattutto nel primissimo periodo, e viene sterilizzato dagli aspetti ritenuti superflui, con l'abbandono della dimensione ideale e pura della ricerca fine a sè stessa.
Viene adattato alle dinamiche sempre più complesse proprie della vita all'interno di un impero in rapidissima espansione.
La filosofia viene ancora intesa come una validissima sorgente di istruzioni fondamentali per la formazione culturale dell'individuo, ma verrà utilizzata principalmente per legittimare e supportare le tradizioni su cui si fonda lo Stato, anche se ovviamente dal confronto con le varie correnti verranno alla luce piccole fratture e spaccature più o meno visibili che apriranno la strada per successivi, inevitabili cambiamenti a livello sociale.
Di capitale importanza, alla luce di quanto emerso nel corso della storia, è l'incontro della religione di matrice ebraica con la cultura ellenistica: quest'ultima fungerà da traduttore e in un secondo momento da propulsore, sino a fondersi e confondersi con con il pensiero degli antichi padri della chiesa, di cui diviene strumento di difesa.
La Filosofia continua ad avere una connotazione principalmente elitaria: un serpente che striscia silenzioso e bacia le menti di pochi, fortunati aristocratici.
Nata nelle zone laiche delle città della Grecia, viene fagocitata, durante tutto il Medioevo, da monasteri e abbazie, data in pasto ai vari amanuensi, i monaci benedettini diventarono ben presto degli specialisti, che si occupavano di riprodurre le varie opere, presumibilmente in maniera passiva, senza cioè assorbirne ed introiettare appieno i contenuti, che continuano ad essere il cibo esclusivo dei dotti.
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080 - Nel 1088 nasce a Bologna l'Alma Mater Studiorum, secondo molti storici l'università più antica d'Europa; gli studenti, organizzati in gruppi e corporazioni, si incaricavano in prima persona del reclutamento e dei rimborsi dei docenti che poi avrebbero tenuto le lezioni; i fondatori, pare, erano degli studiosi di Scienze Giuridiche, alle prese con i commenti degli antichi codici del Diritto Romano.
Dal 1300 si aggiunsero ai giuristi anche gli studiosi di Logica, Astronomia, Medicina, Aritmetica, Retoria, Grammatica, ed ancora Teologia, Greco ed Ebraico. Nella lista delle varie materie ovviamente non può mancare la Filosofia, che da quel momento può di nuovo gettarsi fra le braccia degli eventuali amanti, il cui numero sarebbe aumentato nel tempo.
Così come un coltello può essere usato a fin di bene, per dividere un pezzo di pane, ad esempio, o per arrecare del male al prossimo, la Filosofia può essere utilizzata per legittimare e consolidare, sin nel profonda delle fondamenta, lo stato di cose presenti (a livello politico, religioso, sociale, economico) e sia per sovvertire, ribaltare, rompere con le consuetudini.
Faccio i conti con la mia solita domanda: in che misura il pensiero può ripercuotersi, concretamente, sul reale?
Ora però una risposta accettabile sembra ormai prossima: basterà fare un brevissimo elenco di tutti quei martiri che hanno speso le loro esistenze nel tentativo di aprire nuovi sentieri per lo sviluppo umano, in aperto conflitto con il potere ecclesiastico e statale, e si avrà sicuramente un quadro più chiaro del fenomeno.
Si è già detto di Socrate, condannato a morte per volere di una parte dei suoi concittadini, e di Platone, contrapposto alla tradizione omerica; si arriva ai vari Thomas Hobbes, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Jean-Jacques Rousseau (è innegabile che alcune sue intuizioni si siano poi trasformate, tra l'altro, nei moti della rivoluzione francese). Non ci sono dubbi, poi, sul fatto che il frutto del lavoro intellettuale di Marx e dei cosiddetti filosofi anarchici abbia contribuito ad incendiare il panorama politico europeo.