140 - Questo è quanto scrive Platone nel settimo libro della Repubblica:
Paragona la nostra natura, in rapporto all'educazione e alla mancanza di educazione, alla situazione seguente. Immagina dunque degli uomini in una dimora sotterranea a forma di caverna, con un'uscita spalancata alla luce e larga quanto l'intera caverna; quivi stanno fin da fanciulli, con le gambe e il collo incatenati si da restare nello stesso luogo e da poter guardare solo in avanti, giacché la catena impedisce loro di girare la testa; fa loro luce un fuoco acceso alle loro spalle, in alto e lontano; tra il fuoco e i prigionieri corre una strada elevata, e immagina che lungo di essa sia stato costruito un muretto, simili ai parapetti che i burattinai pongono davanti agli uomini che manovrano le marionette mostrandole, sopra di essi, al pubblico.
Immagina che dietro questo muretto degli uomini portino, facendoli sporgere dal muro stesso, oggetti d'ogni genere e figure d'uomini e d'altri animali di pietra, di legno, foggiati nei modi più vari; com'è naturale alcuni dei portatori parlano, altri tacciono.
Pensi innanzitutto che essi abbiano visto, di se stessi e dei loro compagni, qualcos'altro se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parte della caverna che sta loro di fronte?
In generale tali prigionieri, dissi, considererebbero dunque la verità come nient'altro che le ombre degli oggetti artificiali.
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141 - Secondo gli storici Platone ha scritto queste righe tra il 390 e il 360 A.C.
All'interno dell'opera in questione ha tracciato, tra le altre cose, le linee teoriche generali dei principali tipi di governo, monarchia, aristocrazia e democrazia, anticipando peraltro in maniera scandalosamente precisa le relative degenerazioni, poi verificatesi con puntualità nel corso della storia politica dell'Occidente.
Il mito che racconta la triste condizione degli schiavi inconsapevoli non ha assolutamente perso il suo fascino, ma sembra calzare alla perfezione anche per il nostro affollato presente: la differenza più grande rispetto al periodo in cui l'autore ha esternato le sue (pre)visioni, infatti, è data dalla quantità di imbambolati, cresciuta nel frattempo in misura eccezionale (qualcuno sostiene che nel 2050 gli ospiti della caverna sfonderanno quota 10 miliardi), quasi come se fosse l'effetto calcolato di una strategia ben precisa.
Ciò che probabilmente risulta più difficile da comprendere, e da accettare, è lo stato di presunta cecità a cui l'uomo sarebbe costretto: per molti di noi, l'epoca in cui ci troviamo a vivere rappresenta l'apice, ovviamente mai raggiunto prima, per quanto riguarda la conoscenza in ambito scientifico, tecnologico, medico.
C'è inoltre la convinzione, che mi pare peraltro piuttosto debole, che le varie scoperte e i vantaggi da esse derivati siano spalmati omogeneamente su tutta la popolazione mondiale.
Io, dal basso della mia inettitudine, preferisco rifugiarmi su una posizione leggermente più cauta.
Settembre 2013; mentre mi lascio alle spalle l'Amsterdam Bos, il bosco artificiale realizzato a nord di Amsterdam, al termine di una delle sedute psichedeliche più intense di sempre, arrivo alla seguente conclusione, che mi rimbomba ancora in testa dopo più di quattro anni: al mondo ci sono persone che sanno, e persone che non sanno. Il primo gruppo si divide poi in due sottoinsiemi: da una parte ci sono coloro che usano i loro saperi per fare del bene agli altri, dall'altra ci sono coloro che usano i loro saperi per ottenere benefici personali (magari a discapito del prossimo).
Anche il secondo gruppo, ci tornerò in seguito, mi sembra piuttosto frammentato: al suo interno ci sono quelli che sono pronti a giurare di aver capito tutto della realtà, sin nei suoi più piccoli dettagli, e quelli che invece partono con l'ammettere la loro ignoranza, pre-requisito fondamentale per incominciare una ricerca che sia veramente degna di questo nome.
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142 - Un'altra differenza sostanziale che il nostro magnifico presente mette spudoratamente in mostra rispetto al modello originario platonico riguarda la natura, la qualità delle varie ombre, scomposte nel frattempo in particelle elementari chiamate pixel e proiettate, in maniera capillare e mai così invasiva, su una molteplicità di supporti.
Il produttore di ombre, insomma, ha prima domiciliato il suo prodotto (uno schermo per ogni nucleo familiare), per poi proporlo, senza soluzione di continuità, a livello strettamente personale; oserei dire: intimo.
Da una superficie condivisa, come poteva essere la famigerata parete dell'altrettanto famigerata caverna, si è passati ad una situazione diametralmente opposta, in cui ciascun utente riceve, basta semplicemente farne gentile richiesta (proprio per questo sono chiamati elegantemente servizi 'on-demand') la sua razione quotidiana di prodotto, in linea con i propri desideri e le proprie tendenze.
Preferisco stendere un velo pietoso sull'enorme mole (peraltro in costante aumento: ci sarà un motivo?) di storie e storielle più o meno fantasiose con il quale ci distraiamo, nella speranza di dare un attimo di tregua al nostro cervellino, martellato senza sosta da mille impegni più o meno stressanti, nel frattempo che il globo intero continua ad andare in merda.
Se del mondo intero, poi, ci importasse poco, più che altro per l'impossibilità di abbracciarlo e di occuparcene nella sua totalità, potremmo spostare il mirino dell'analisi sul nostro corpo e sulla nostra coscienza: abbiamo la capacità, almeno in potenza, di accedere ad una vastissima gamma di sensazioni, emozioni ed esperienze, un fenomeno peraltro soggetto a rigide limitazioni temporali (non dovremmo mai dimenticare che la vita è un segmento che ha un inizio e una fine), ma preferiamo gravitare in uno stato di semi-ipnosi, come pupazzoni lasciati a soffriggere nella passività cronica perenne.
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143 - Mi vorrei invece soffermare sui livelli incredibili di sofisticazione a cui la nostra realtà viene costantemente sottoposta, quasi come se le ombre fossero diventate entità materiali, concrete, fisiche, che possono essere applicate su oggetti ed eventi di varia natura, spesso anche piuttosto complessa.
Insomma, il vecchio ritornello 'ciò che vedi potrebbe non corrispondere a quello che è in realtà' continua ad essere gettonatissimo.
Mi prendo il lusso di sollazzarmi con due esempi.
Gran parte della variegatissima fauna umana, civilizzata ed occidentalizzata a dovere, ha potuto assistere, per poi vedere e rivedere, sino alla nausea, quanto accaduto la mattina dell'11 settembre del 2001 nell'isola di Manhattan: due enormi grattacieli, di ben 110 piani ciascuno, alti quasi mezzo chilometro, crollano a picco, inghiottendo le vite di centinaia e centinaia di persone, colpiti, a quanto pare, da due aerei di linea dirottati da dei terroristi appartenenti al gruppo di Al-Queda.
Lo scandalo e lo sdegno esplodono a livello planetario, con il mondo che sta muovendo i primi passi sulla controversa strada della cosiddetta globalizzazione.
Ne conseguono vari provvedimenti, tra cui un inasprimento, un'estensione delle tecniche di controllo e sorveglianza a carico degli individui, oltre ad un attacco militare da parte degli Usa nei confronti dell'Afghanistan.
Sospetto che in tanti siano poco propensi a impregnare le proprie cervella con questioni così astruse e lontane dalla propria quotidianità: non c'è davvero il tempo (materiale), presi come siamo ad inseguire le nostre mille faccende, di occuparci di tutte le teorie complottistiche che ormai spuntano come muffa.
L'unica cosa che conta, per tornare nei binari del nostro discorso principale, è che in pochissimi fra noi comuni mortali, giusto per tenere vivo il beneficio del dubbio, possono dire di aver compreso esattamente quale siano state le dinamiche e le cause precise che poi hanno portato al verificarsi del fenomeno in oggetto, che apparentemente, temo solo apparentemente, si è svolto alla luce del sole (come se alla CIA, discorso che vale per tutte le altre "agenzie di intelligence", si passasse il tempo a giocare a tetris, o a solitario).
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144 - Fortunatamente c'è ancora la possibilità di coinvolgere, nel nostro ragionamento, anche gli allergici ai succitati vaneggiamenti.
Per il nostro scopo sarà sufficiente prendere un piatto da portata, un gesto che praticamente compiamo tutti nel corso delle nostre giornate, e poggiarci sopra un qualsiasi prodotto alimentare confezionato dalle amorevoli e scrupolose mani degli operai impegnati nel mastodontico processo industriale attraverso il quale ormai si sfama gran parte del genere umano.
In questo caso mi occuperò di una deliziosa crostata al limone, in cui mi sono imbattuto la scorsa estate durante una spedizione all'interno di un discount.
L'odore è quanto di più gradevole si possa immaginare, la fragranza della pasta frolla riempie le narici. Sembra quasi di tornare indietro nel tempo, ai gioiosi minuti dell'infanzia: ci pare quasi di rivedere nostra nonna, o nostra madre, intenta a prepararci la merenda. Dopotutto, le figure stampate sulla confezione, così come i colori e le scritte che compongono i vari messaggi, rimandano ad un immaginario che sgorga copioso di autenticità e genuinità.
Che dire poi della farcitura: così gialla e luccicante, cremosa al punto giusto, e così saporita. Chi andrebbe mai a sospettare che quel colore, che richiama chiaramente l'aspetto che l'agrume ha dopo essere maturato in tutta tranquillità al sole, è frutto di un artificio: non si tratta che di biossido di titanio, che nella nuova nomenclatura viene chiamato più sinteticamente E171.
Certo, una volta scoperto il trucco, per il consumatore diventa piuttosto semplice sbrogliarsela tra gli inganni: basterebbe leggere le etichette, dice qualcuno.
Il rischio però rimane: con l'arsenale di coloranti ed aromi artificiali a disposizione, la nostra lingua, il nostro stomaco, i nostri occhi e in definitiva tutto il pacchetto dei nostri giudizi sono messi clamorosamente fuori gioco. Perché chi vende non è obbligato a raccontare a chi compra tutta la verità su quel prodotto specifico. Anzi, chi si sforza di garantire la propria onestà e la propria integrità etica molto spesso è il primo ad avere qualcosa da nascondere.
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145 - Il buon senso ci suggerisce di mantenere un atteggiamento prudente nei confronti delle nostre presunte, sbandierate verità: di fronte alla forza dirompente e devastante del dubbio potrebbero sbriciolarsi nell'arco di pochi secondi netti, per apparire finalmente in tutta la loro accecante realtà.
In mano, ci ritroveremo con friabili, gracili credenze, al posto dei punti fermi su cui basavamo il nostro agire.
Dovremmo inzupparci in continuazione di domande, così come ci viene naturale riempire i nostri polmoni di aria, ma non per innescare un processo paranoico senza uscita che sfocia nell'impotenza, nella rassegnazione e nell'inattività catatonica, ma bensì per gettare le premesse per un ritorno alla nostra condizione originaria: essere un uomo, esplicitarsi in quanto tale, significa, anche e soprattutto, conoscere. Partendo, in primis, da noi stessi, dalla gestione del nostro personalissimo orticello, per poi estendere l'analisi agli altri individui con cui entriamo in contatto, sino ad arrivare al resto delle forme di vita, alla Natura, e al cosmo tutto.
Curiosità e paura sono stati i motori principali che ci hanno permesso di sviluppare le nostre potenzialità; ci hanno gettato in un oceano infinito di misteri che, è proprio questo l'aspetto più bello della questione, si sono rivelati, a discapito della loro apparente imperscrutabilità, accessibili e esplicabili.
L'insaziabile curiosità tipica degli esseri umani è stata con il passare del tempo disinfettata: nelle enciclopedie d'altronde ci sono tutte le risposte che ci servono per continuare ad abitare nelle stanze in penombra della nostra esistenza. Intese in questo modo, le nozioni sono più simili al mangime che si concede ai pappagallini in gabbia, mentre in un tempo ormai remoto sono state i grimaldelli per scardinare i cancelli delle contingenze.
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146 - Più che compiacerci nello stilare l'elenco di cose che sappiamo (quanto è lungo in media il collo di una giraffa, di cosa si nutrono i koala, quando è stato scoperto il continente americano) dovremmo sorprenderci, in continuazione, come se ci tirassimo degli agguati, a verificare quanto lacunosa può essere la nostra presunta e ostentata sicurezza.
Con l'aumento vertiginoso delle competenze in ambito fisico e tecnologico abbiamo trasformato questo mondo in un paio di ciabatte sgualcite: possiamo manovrarlo a nostro piacimento, trivellarlo, sfruttarlo, gestirlo, sottometterlo a condizioni e parametri, venderlo pezzo dopo pezzo al miglior offerente. Siamo diventati i padroni del pianeta, nulla ormai sfugge al nostro controllo.
Eppure se estendiamo il raggio d'azione del nostro sguardo indagatore, magari avvalendoci dei più moderni ritrovati nel campo dei telescopi, ci scopriamo (esseri) minuscoli ed insignificanti, inseriti in un gioco vorticoso di forze ed energie ben più complesse di quelle che maneggiamo abitualmente.
Dopo una rapida, sommaria analisi rischiamo di essere come quei teneri pargoli che salgono per la prima volta su una giostra: all'inizio regna lo stupore, lo sbigottimento per quell'insolita sinfonia di suoni bizzarri e vibrazioni, luci e colori; al secondo giro arriva l'euforia, data dall'illusione di essere parte integrante del meccanismo, di poterlo influenzare con la nostra volontà, di poterci interagire attivamente. E dunque ci affanniamo a girare i piccoli volanti e a spingere bottoni, ormai convinti del fatto che ad ogni nostra azione corrisponda un effetto ben preciso (l'immaginazione anche in questo caso, si sa, svolge una funzione essenziale). Al terzo giro abbiamo capito perfettamente come funziona la giostra (preludio al deflagrare della noia): seduti sul nostro seggiolino a dondolo a forma di cavallino riusciamo addirittura a desumere che il giostraio è un autentico cretino, anzi in realtà il giostraio manco esiste.
Poi, sul più bello, la giostra si ferma e siamo costretti a scendere, spesso in malo modo, tra le lacrime, le imprecazioni e gli eterni '...ma io ne voglio ancora'.
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147 - Non c'è niente di più patetico e penoso di un uomo che abbia la pretesa di confrontarsi con le sublimi, mastodontiche esagerazioni dell'universo utilizzando il proprio pisello come righello.
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148 - In pochi, credo, hanno davvero voglia di farsi travolgere dalla nausea, dalle vertigini e dai capogiri che derivano dal tuffarsi nelle spettacolari infinità del cosmo.
Le cose non cambiano nemmeno se ci occupiamo degli aspetti più intimi della materia di cui siamo fatti.
Abbiamo raggiunto il limite conoscibile dell'atomo.
Abbiamo carpito i segreti che stanno alla base dei legami molecolari, arrivando persino a riprodurli autonomamente nei nostri laboratori.
Ci siamo spinti oltre, ad un livello inimmaginabile, scindendo l'atomo in (sotto) parti elementari, entrando così in contatto con un'energia dal potenziale spaventoso (con cui, tra l'altro, sono state praticamente rase al suolo due città e sterminate diverse decine di migliaia di persone).
Come peraltro ammettono alcuni fisici, illuminati per un attimo da un saggio atteggiamento di cautela, l'uomo può occuparsi del 'come delle cose', ma non dei suoi 'perché'.
Altri risolvono il problema estirpandolo arbitrariamente alla radice: il 'perché' non ci interessa, non è di nostra competenza e (come nell'esempio del giostraio fatto in precedenza) a dirla tutta un 'perché' manco esiste.
Sopravvive inalterata, comunque, quella meraviglia di fronte agli equilibri profondi, perfetti, dell'esistente: i pianeti e i vari aggregati cosmici non vagabondano a caso nell'universo scontrandosi confusamente tra di loro, ma rispettano orbite, traiettorie geometriche e velocità ben proporzionate.
Lo stesso può dirsi, in piccolo, dei giochi fantastici in cui sembrano coinvolti protoni, neutroni ed elettroni (questi ultimi, peraltro, sono difficilmente individuabili, per definizione, almeno stando alle nostre conoscenze attuali).
Dovremmo quanto meno ricordarci, gli uni con gli altri, reciprocamente, che le varie conclusioni a cui l'uomo è arrivato nel corso della sua storia spesso e volentieri sono state non solo messe pesantemente in discussione ma addirittura ribaltate, magari proprio quando nessuno se lo aspettava, da nuove evidenze che annientano, con immediatezza fulminea, il castello di certezze che sino ad un attimo prima sembrava destinato a non crollare mai.
Così la fisica classica è stata in parte soppiantata dalla fisica moderna e in particolare dai nuovi scenari aperti dalla meccanica quantistica.
Che dire poi degli studi attorno al DNA: una struttura così complessa che l'uomo è riuscito a profanare solo in minima parte. Si tratta, forse, di uno dei pochi scrigni di informazioni che la Natura, fortunatamente, è riuscita a sigillare, almeno per il momento, in maniera efficace.
Del resto, potrebbe trattarsi della fortuna residua più grande rimasta in dote all'essere umano, anche se con il poco scoperto sino ad ora abbiamo già favorito il verificarsi di abnormi assurdità e degenerazioni di cui si avrà un quadro più nitido soltanto in prossimità degli ultimi stadi di un futuro ormai ridotto allo stato terminale.
Fa sorridere, e ci regala l'idea precisa di quanto sia diventato presuntuoso l'Homo Sapiens, il fatto che quanto non riusciamo a comprendere cada inevitabilmente nel campo dell'inutile, in piena sindrome da 'volpe e uva', come successo ad esempio al cosiddetto 'progetto genoma umano' e al cosiddetto 'DNA spazzatura', definito in maniera così poco nobile solo perché non avrebbe nessuna funzione rilevante. Almeno ai nostri occhi. Almeno nell'economia dei processi che gli scienziati ritengono rilevanti.
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149 - Dopo questi rudimentali pellegrinaggi nei labirintici misteri dell'esistente, che in quanto tali sono buoni soltanto per riempire di chiacchiere pappose la bocca annoiata di qualche sporadico imbecille che gioca in pubblico con le sue velleità da filosofo da strapazzo, è il caso, come colui che si abbevera copiosamente dopo un pasto troppo salato, di ritornare ad occuparci degli aspetti più concreti del mondo in cui ci troviamo a pascolare.
Se il mito della caverna di Platone, in tutta la sua astrattezza, ci metteva in allerta sulle possibilità di un inganno, che si estenderebbe a macchia d'olio, perpetuato da una equipe di specialisti, è giunto il momento di occuparci, per quanto possibile, considerando le premesse e la nostra ormai cronica e radicata ottusità, dei sistemi di sorveglianza che in definitiva riguardano ciascuno di noi. Senza distinzione alcuna.