048 - Completato, con abbondanza di seccature varie, il percorso triennale, decisi di rimanere ancora in ammollo in quell'ambiente: sebbene non mi aspettassi niente di eccezionale rispetto al passato, covavo la sensazione che sarebbe stato stupido abbandonare proprio in prossimità del tratto finale, considerando che la vita probabilmente non mi avrebbe concesso una seconda chance in questo senso. Ero intenzionato, proprio come in una partita a poker, ad andare sino in fondo per vedere tutte le carte del mio avversario, pur mettendo ampiamente in conto che gli svantaggi avrebbero potuto superare, in quantità, gli eventuali vantaggi.
In realtà il menù non si discostava di molto rispetto al passato: nonostante il salto di livello gli insegnanti che tenevano i corsi erano sempre gli stessi, idem dunque per le modalità di trasmissione del sapere e i criteri di valutazione.
Per quanto riguarda i contenuti, il tenore si manteneva piuttosto stabile: qualche perla trovata quasi per caso in una landa desolata, che non si faceva fatica a mettere da parte nella esigua, pingue collezione di nozioni preziose. Chi, tra gli studenti, si aspettava un maggior coinvolgimento, come il sottoscritto, rimaneva puntualmente deluso: la regola non scritta dell'Accademia si verificava con implacabili ricadute. Il pensiero degli antichi maestri, come quello dei filosofi contemporanei, veniva costantemente protetto, tenuto al chiuso in una teca trasparente; come le opere d'arte dentro ad un museo: guardare, ammirare, assorbire, idolatrare, questo sembravano ripeterci da più parti, ma vietato toccare, modificare, mettere in discussione.
In una parola: vietato scendere in campo.
Eterni spettatori, invitati ad una magnifica rappresentazione per ammirare i prodigi acrobatici della ragione umana, ma costretti a giocare un ruolo puramente passivo (un po' come i raccattapalle nel tennis). E mentre il mondo continuava a spaccarsi sotto i nostri piedi, noi continuavamo ad intasare l'ammasso di sostanza grigia abbandonata al suo triste destino dentro al cranio con dubbi e argomentazioni circa le questioni più disparate.
*
049 - Con l'aumentare dell'esperienza riuscivi, di tanto in tanto, ad accorgerti dell'atteggiamento subdolo di alcuni docenti, che nella marmellata propinata, come da contratto, durante le lezioni, infilavano barlumi di informazioni fuorvianti, che finivano dritte negli appunti degli studenti più zelanti, sotto la voce 'certezze acquisite a lezione'.
Un piccolo esempio mi sarà utile per illustrare meglio la faccenda: durante l'ennesimo corso su Rousseau (c'erano sempre da stabilire pressanti questioni sul suo conto, nonostante fosse ormai morto e sepolto da tempo) la docente, con cui stavo peraltro lavorando alla mia tesi sull'Anarchismo, si lasciò incautamente scappare un'affermazione infelice: secondo lei, infatti, era opinione diffusa e condivisa da tutti che non ci potesse essere vita in una società senza un governo.
Il mio braccio si sollevò immediatamente; la mano aperta richiamò l'attenzione della donna, che si dovette esporre, di fatto, alla mia osservazione.
L'abilità del maestro, per definizione, è spesso e volentieri superiore a quella dell'allievo: era come se fosse riuscita a leggermi nel pensiero prevedendo immediatamente la traiettoria del mio intervento, e si corresse senza nemmeno farmi parlare.
— È vero. Non tutti pensano che un governo sia necessario per la buona vita in società. Gli anarchici sostengono il contrario e ci sono alcuni episodi che ancora oggi contribuiscono a mantenere in piedi il discorso. Ma si tratta comunque di minoranze.
Poi proseguì nelle sue analisi, a caccia del dato utile, possibilmente inedito, che ci facesse scoprire, una volta per tutte, se Rousseau calzasse effettivamente il 37, come sosteneva un tale critico, o il 38, come invece suggeriva un suo avversario.
*
050 - Senza colpi di scena la nostra vita sarebbe terribilmente piatta, ancora più monotona di quanto può sembrarci a prima vista. Dovremmo però imparare ad accorgerci dell'opportunità, quando ci troviamo di fronte ad un cambiamento; accorgerci dell'occasione della svolta non appena si materializza lungo il cammino.
Difficile, in caso contrario, riuscire a salire sopra al treno che, in un attimo, ci proietta dalla nostra posizione di partenza verso una situazione totalmente nuova. Molteplici, numerosissime sono le dinamiche che, da un momento all'altro e di punto in bianco, possono travolgerci sino ad arrivare a modificarci nel profondo. Difficile prevedere chi sarà colui che con un gesto, un discorso, un consiglio, spalancherà le porte del possibile, permettendoci così di entrare in contatto con mondi del tutto nuovi.
Paradossalmente, quasi per un gustosissimo scherzo del destino, l'artefice principale di uno degli stravolgimenti più incredibili che mi riguardano è stato l'uomo che per un lungo periodo ho odiato con rara intensità: G. M., il mio professore di Storia della Filosofia Antica, quello che ora considero uno dei miei più grandi maestri.
*
051 - Rispetto al ciclo di lezioni tenute durante il triennio si respirava un'aria ben diversa: anziché incontrarci nelle grandi aule al pian terreno, considerando anche l'esiguo numero di studenti che seguivano il corso, otto appena, il docente ci invitava nel suo piccolo ma accogliente studio al primo piano.
Ciò che mi colpì immediatamente fu la grande serenità che ci trasmetteva, contrariamente al passato. Era come se avessimo superato tutte le prove che costituivano il nostro processo di iniziazione e fossimo finalmente pronti per tentare di far maturare il nostro ragionamento.
Certo, era difficile accettare che l'unico in grado di darci un assaggio del cosiddetto 'libero pensiero' fosse la persona più chiusa, controversa di tutte. Nonostante l'ambiente pullulasse di svariati appartenenti alla categoria dei 'progressisti', presunti o auto-convinti, l'insegnamento più importante ci arrivava dalla persona più conservatrice.
*052 - Si vociferava in giro che arrivasse a prendere addirittura sei mila euro al mese, risultando così tra i più pagati per le mansioni che svolgeva all'interno della Fuckoltà e a dire il vero, con il senno di poi la mia considerazione è ancora più chiara e forte in questo senso, assistere ad una sua lezione equivaleva a partecipare ad un'entusiasmante, mai banale, spettacolo pirotecnico. Nonostante all'epoca dei fatti non fosse più giovanissimo, dimostrava di possedere eccezionali doti mnemoniche e logiche, dall'alto dei suoi 73 anni.
All'interno della sua stanza le tante differenze tra di noi, soprattutto quelle a carattere politico, passavano in secondo piano, ma spesso venivano incredibilmente annullate.
Ciò che contava, in assoluto, era lo studio, la concentrazione, l'amore per la materia, la sincerità e la correttezza con cui riuscivamo a rapportarci tra di noi. Mi sembrava quasi di fluttuare in una dimensione pura, immacolata, lontana anni luce dai grattacapi con cui entravamo in contatto giù in strada.
Il corso era strutturato in maniera decisamente originale, tanto che mi servirono diversi giorni per accettare la proposta senza pregiudizi: l'oggetto della nostra analisi era la tesina che F., un collega che seguiva assieme a noi le lezioni, aveva preparato pochi mesi prima, sotto l'attenta supervisione dello stesso docente, per chiudere il percorso del triennio. Venivano analizzati, con estrema cura, diversi passaggi della 'Critica della ragion pura' di Immanuel Kant che erano poi sottoposti al confronto con alcune teorie di stampo aristotelico.
Indagavamo i limiti e le caratteristiche dei processi epistemologici dell'uomo (tradotto: il modo in cui l'uomo conosce il mondo), con uno sguardo particolare per la dimensione metafisica, una questione che il filosofo tedesco, in sostanza, non riusciva, nonostante le apparenze, a risolvere in maniera definitiva.
Il copione era sempre lo stesso: F. leggeva a voce alta le righe che componevano il suo lavoro e ne dava una prima interpretazione per agevolare l'approccio con l'argomento.
A noi spettava il divertentissimo compito di imbastire le varie osservazioni critiche.
Era stato proprio G. M. ad invitarci ad essere il più spietati possibile nei confronti del suo pupillo.
Potevamo attaccare il testo da più fronti: dalle singole imprecisioni a livello linguistico e grammaticale, sino alle incongruenze più dense a livello teorico e concettuale.
Nella primissima parte del processo mi sentivo simile ad un cane da tartufo, intento a scovare la traccia giusta per aprire un piccolissimo varco tra le difese dell'avversario. La seconda parte, invece, era dedicata alla dialettica: una volta sollevata l'obiezione bisognava foderarla al meglio con le proprie argomentazioni, così da renderla abbastanza solida da reggere ai contro attacchi degli altri partecipanti alla discussione.
G. M vigilava, in assoluto silenzio, sulla bontà e la correttezza delle nostre elucubrazioni.
E quando i toni si accendevano troppo o nessuna delle due parti riusca a prendere il sopravvento sull'avversario, interveniva come un arbitro di pugilato che separa i due contendenti, utilizzando la sua solita formula: — Conosceremo la verità soltanto quando saremo morti.
*
053 - Tutto appare più chiaro: il piatto forte del banchetto veniva servito per ultimo, con grande cautela, così come si trattano gli oggetti più fragili ma allo stesso tempo preziosi ed in questo caso potenzialmente devastanti. In un certo senso era stato lo stesso Platone a tracciare, nel libro VIII della Repubblica, le modalità di somministrazione di tale dottrina, evidenziando i possibili contrattempi in cui si sarebbero potuti imbattere gli aspiranti.
Una precauzione importante, allora , è già quella di non far loro assaggiare la dialettica da giovani. Penso infatti che non ti sarà sfuggito che gli adolescenti, quando per la prima volta ne prendono gusto, ne abusano come di un gioco, se ne valgono solo per contraddire, e imitando chi li ha confutati si confutano a loro volta reciprocamente, divertendosi come dei cuccioli a tirare e a dilaniare con le argomentazioni tutti quelli che si avvicinano loro.
Potresti addirittura sentirti invincibile, perché all'improvviso le tue parole si caricano di un'energia esagerata, spaventosa; se ben indirizzate, il controllo è una faccenda piuttosto complicata, possono spezzare via le credenze e le convinzioni dell'avversario, che si troverà, in brevissimo tempo, gettato in una situazione di grande, angosciosa incertezza.
Ed è proprio in quel momento che hai la possibilità di sferrare il colpo decisivo e mortale, o mettere fine alle ostilità.
Venivo dunque ufficialmente trasformato in un animale feroce, pronto ad avventarsi sulla preda: una volta serrate, di scatto, le mascelle attorno ad una contraddizione, ad un'inesattezza o ad un ragionamento troppo debole e rachitico per poter reggere il peso della discussione, non allento la presa nemmeno per un'istante, proprio come un pit bull.
*
054 - Superai l'esame in maniera piuttosto agevole, una cosa sorprendente se si tiene conto dell'altissimo coefficiente di difficoltà tipico dei corsi di G. M.
Ce la cavammo tutti con un 26, ad eccezione di F. che si vide premiare giustamente per il suo ottimo lavoro con un rotondo 30.
Nel frattempo che compilava il registro il docente mi offrì l'ennesimo, inaspettato assaggio di premure, sincerandosi sulle condizioni di mio padre, vedovo da pochi mesi, alle porte di uno dei natali più complicati di sempre. Al momento di apporre la mia firma sul registro ufficiale la superficie dei miei occhi fu discretamente invasa dalle lacrime: stavo mettendo fine al periodo più stressante della mia vita, passato a divincolarmi tra gli impegni universitari e le ultime fasi della malattia mortale che straziava senza pietà il corpo e lo spirito di mia madre.
Terminate tutte le operazioni ci salutammo con grande affetto, poi all'improvvisò si lancio in un gesto che probabilmente non dimenticherò mai: accompagnandomi alla porta, G. M. poggiò la sua pallida ed ossuta mano sulla mia spalla e disse: — Vedrà che avevo ragione io.
Ero convinto esattamente del contrario: per una volta il mio maestro si sbagliava, o almeno questa era la convinzione con cui lasciavo, definitivamente, quell'aula.
Chiudevo il mio percorso da ateo ostinato, con una laurea specialistica in Filosofia Politica che era la garanzia migliore, così la consideravo, sul pragmatismo che mi avrebbe dovuto scortate nel mondo reale e tenere al riparo dalle varie suggestioni metafisiche.