Dal 7 marzo del 2020 la vita delle persone, nel cosiddetto primo mondo, viene scandita in fasi.
Gli artefici di questa operazione sono i governi, in combutta con alcuni apparati tecnico-scientifici che forniscono dati, numeri, stime e previsioni sulla diffusione di un virus chiamato Covid-19. Assieme si occupano, tra l'altro, di suggerire e indicare le strategie per far fronte al problema.
Se la fase1, che è durata per più di due mesi, senza soluzione di continuità sino ai primissimi giorni di maggio, è stata caratterizzata da un severissimo regime di isolamento domiciliare, la fase2, in apparenza più dolce, presenta un'infinità di contraddizioni e passaggi poco chiari che è difficile ignorare, soprattutto perchè, in sostanza, riguardano le libertà più intime (e in teoria inalienabili) di ciascuno di noi.
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“...e perchè sono di tre generazioni cervelli, l'uno intende per sé, l'altro intende quanto da altri gli è mostro, il terzo non intende né per se stesso né per dimostrazione d'altri”
N. Macchiavelli - Il principe
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001 - Ottobre 2020
Se la fase1 si è rivelata come una delle cose più assurde ed infernali piovute sulla testa dell'uomo dal dopoguerra ad oggi, la fase2 rischia di essere il suo limbo, un purgatorio dal quale potrebbe essere molto difficile evadere.
Nessuno accenna minimamente ad una svolta, nessuno accenna alla fine dello stato di emergenza ma, anzi, si vive costantemente nella paura, una fra le tante, di regredire al livello precedente.
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002 — Del resto se le cose stanno andando male, come dichiarano alcuni governanti particolarmente illuminati, è colpa di quelle persone che si comportano in maniera irresponsabile e che, soprattutto negli ultimi mesi, hanno abbassato troppo la guardia, dopo aver riconquistato i primi, piccoli germogli vitali di libertà.
Per fortuna, è il caso di dirlo, alcuni individui stanno incominciando a credere, invece, che siano gli stessi governanti ad essersi macchiati di gravi mancanze nella gestione della situazione.
Gli interventi attuati sino ad ora, dunque, non sembrano proprio ottimali, anzi, incominciano a fare acqua da tutte le parti...
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003 — Non è affatto piacevole trascorrere le giornate con la sensazione costante di avere le proprie palle strizzate dentro al pugno di un pinco-pallino qualunque che, dall'alto della sua carica istituzionale, può permettersi di stabilire, in maniera autoritaria e senza la benché minima possibilità di replica, ciò che è consentito fare e ciò che non è consentito fare nell'arco delle ventiquattro ore.
Il tutto assomiglia, di fatto, ad un gioco sadico: come se qualcuno si divertisse a levarci l'aria, l'ossigeno, sino a mandarci in apnea, per poi concedercene qualche sorso, ma giusto per poter reiterare il supplizio, ancora ed ancora.
Il sollievo spezzetta sporadicamente, per brevissimi tratti quasi impercettibili, la linea continua dell'angoscia...
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004 — Me ne sono accorto con il passare del tempo: il virus non coinvolge solamente il nostro apparato respiratorio, portandolo nei casi più estremi e drammatici al collasso.
Il virus si annida nella nostra scatola cranica, fino a contaminare ogni singolo pensiero.
C'è stato un periodo (quello immediatamente successivo alla fine del lockdown), in cui sembrava quasi che parlarne, ancora, fosse una questione da sfigati, come se il peggio fosse ormai alle spalle, come se si potesse e si dovesse necessariamente cambiare pagina.
È una cosa abbastanza comprensibile, a dire il vero, considerando che per tre mesi, nel frattempo che friggevamo tra isolamento e quarantena, assieme a tutti i nostri desideri repressi, siamo stati letteralmente bombardati sulla questione.
Il grande apparato dei mass-media, con i vari social-network a fare da punta del diamante, si è manifestato, forse con un'efficacia e un'intensità mai raggiunta in passato, in tutto il suo terribile potenziale suggestivo.
Un vero e proprio bombardamento (è il caso di ribadirlo) che ha prodotto, conseguenza piuttosto ovvia per un gioco calibrato al millimetro, folle e folle di vittime.
Vittime, per prima cosa, di quel veleno potentissimo e conosciuto dall'uomo (e dagli altri animali in generale) sin dall'alba della sua esperienza su questo pianeta: la paura.
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[Ancora sulla paura]
005 — Mi permetto di spendere la prima ovvietà della serie: l'uomo non ha dovuto di certo aspettare al 2020 per fare i conti con la paura e con la costellazione immensa di sensazioni ad essa collegate; di sicuro però, a questo giro, almeno così mi pare, abbiamo sviluppato dosi sin troppo massicce di codardia.
Tradotto: il punto centrale della faccenda non è tanto stabilire la gravità del problema che ci troviamo ad affrontare, quanto interrogarsi sulle nostre reazioni, sulla natura delle nostre risposte e, soprattutto, dei nostri comportamenti.
Credo che un semplicissimo parallelo, in questo senso, possa aiutarci a comprendere meglio: nel corso delle due guerre mondiali ci sono state migliaia e migliaia di persone (molti di loro sarebbero diventati i nostri nonni) che si sono ritrovate, da un giorno all'altro, spediti al fronte, in terre straniere, tra le trincee.
Migliaia e migliaia di persone costrette ad esporre, spavaldamente, il proprio tenero petto, il proprio corpo, alla minaccia del fuoco e del piombo del cosiddetto nemico.
Ci sono state migliaia e migliaia di persone che hanno dovuto convivere (in alcune zone del pianeta, purtroppo, la questione è ancora attualissima) per giorni e per mesi interi con il terrore di venire spazzate via da un ordigno esplosivo gettato giù da qualche aereo militare “di passaggio”.
Che dire poi dei partigiani e di tutte le genti che nel corso della storia e delle epoche hanno ostinatamente opposto la loro resistenza, anche a costo della vita, nel tentativo di contrastare invasori ed oppressori vari.
Ci sono persone che hanno mostrato un coraggio a dir poco invidiabile, anche di fronte a pericoli mortali come un carro armato, una pistola o una mitragliatrice.
Non posso non pensare, poi, a tutti coloro che sfidavano i coprifuoco e, ancora peggio, i cecchini nascosti nel buio, magari durante la guerra dei Balcani, esplosa, con la nostra classica indifferenza a fare da contorno, a poche decine di kilometri dall'amatissima penisola italica.
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Aggiunta: Forse sarà per questo che, in alcuni frangenti della battaglia contro il virus, quelli più impavidi si dimostreranno proprio i vecchi, che dall'alto di tutti i malanni a cui sono sopravvissuti, si permettono anche di prendere per bamboccioni pappamolle i più giovani.
I più giovani nel frattempo, nel più classico dei paradossi, rinunciano alle loro vite per salvaguardare la salute dei propri cari più anziani e deboli.
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006 — Sebbene, dunque, ci sia (ancora) un'abbondanza imbarazzante di modi per finire dritti all'inferno, siamo riusciti a farci magistralmente ossessionare da un'unica, singola questione, che ha di fatto cancellato, spazzato via tutte le altre.
E serve davvero a poco, a quanto pare, ripetersi che in realtà la percentuale di morti, rispetto al totale di quelli che ufficialmente hanno contratto il virus, è bassissima.
C'è infatti chi è ancora sufficientemente convinto del fatto che, poiché il bacino di contagiati (peraltro in costante crescita) conta decine di migliaia di uomini e di donne di tutte le età, ci troviamo di fronte ad un'autentica strage, che i numeri non riescono a fotografare in tutta la sua gravità.
Di fronte alle stragi, è normale, siamo prontissimi a mettere da parte tutto, comprese dunque le questioni più importanti della nostra esistenza, come ad esempio la nostra socialità, le nostre relazioni affettive e, ultima ma non ultima, le libertà che i nostri predecessori hanno conquistato, scambiandole spesso con il loro sangue, (anche) per noi.
Ma, SOPRATTUTTO, per loro stessi.
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007 — Lo ammetto: nei mesi scorsi, durante il lockdown, il primo pensiero che schizzava fuori dal mio cervello, al risveglio, era sempre lo stesso: ho fatto semplicemente un brutto sogno, in realtà nessun governo, né tanto meno l'OMS, ha decretato lo stato di “pandemia planetaria”.
Si tratta soltanto dell'ennesima epidemia stagionale di influenza: qualcuno ci lascerà senz'altro le penne (come peraltro previsto dalle regole del gioco), ma verrà comunque prontamente rimpiazzato da un nuovo arrivato, in quel perpetuo andirivieni che, di fatto, ha permesso alla cosiddetta razza umana di raggiungere la più che ragguardevole cifra di sette miliardi e mezzo di unità.
Sebbene alcuni ritengano che la nostra specie si estinguerà inesorabilmente nel futuro prossimo, non si può sicuramente affermare, mi pare, che l'essere umano stia scomparendo dalla superficie della terra a causa del Covid-19 e, cosa ancora più importante, non credo che governi e governanti siano così indaffarati (e meritevoli), come invece vorrebbero farci credere, nel salvare la vita delle persone.
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008 — Attualmente ho ancora qualche perplessità sul modo in cui vengono calcolati i morti a causa del virus: tra questi, infatti, potrebbero rientrare tutte quelle persone, per lo più anziane, che nel corso della loro permanenza su questo pianeta hanno avuto modo di collezionare un assortimento ricchissimo di accidenti e problematiche varie, con il Covid che spesso non è altro che la classica ciliegina sulla torta, dal sapore irrimediabilmente fatale.
E dunque, come nei migliori paradossi, puntiamo l'attenzione sulla singola ciliegia, senza preoccuparci minimamente del chilo di torta (di merda) che la sorregge.
Come dire: senza il disturbo inopportuno del Covid, quelle stesse persone sarebbero vissute, come minimo, altri duecentocinquanta anni...
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Aggiunta: del resto, si sa bene come vanno le cose, a volte.
Capita infatti che uno accetti di farsi ricoverare in una struttura ospedaliera nella speranza di risolvere con i propri malanni ed invece, sfortunatamente, va incontro a tutta una serie di incidenti e di effetti collaterali che possono addirittura rivelarsi mortali.
Del resto, il termine malasanità non è stato di certo coniato negli ultimi anni, a conferma che il problema, ormai, esiste da diverso tempo.
“La malasanità è una carenza generica della prestazione dei servizi professionali rispetto alle loro capacità che causa un danno al soggetto beneficiario della prestazione.
Il giurista inglese Sir William Blackstone nei suoi Commentaries on the Laws of England parlò di mala praxis (poi diventato malpractice, un concetto giuridico simile a negligenza) riferendosi all'attività medica. In seguito il termine venne ripreso nel 1879 su un giornale medico, poi divenne diffuso nella fine del XX secolo.
Fra gli episodi più importanti che destarono l'opinione pubblica ci fu quello dell'ospedale cardiochirurgico pediatrico di Bristol, dove per diversi anni (dal 1984 al 1995) ci fu un numero elevato di decessi”.
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009 — ...poi capita anche che a lasciarci le penne, sotto i tormenti terribili provocati dall'influenza, siano pure le persone giovani (o comunque non troppo anziane), che magari sino a quel momento viaggiavano con il vento in poppa, in ottimo stato generale di salute.
Niente di nuovo sotto il sole: succede lo stesso, ad esempio, con infarti e cancro.
Un arresto cardiaco può mandare all'obitorio anche l'atleta più prestante (e monitorato); un non fumatore può ritrovarsi costretto a dover fare i conti, da un giorno all'altro, con un tumore ai polmoni per il quale non si troverà nessun rimedio.
Ancora una volta mi sembra che l'uomo (soprattutto quello a tinte bianche) faccia una fatica immane sia a rapportarsi con la propria vita che, soprattutto, a rapportarsi con la propria morte.
Una questione di cui, invece, si dovrebbe prendere coscienza, se non dalla pubertà o dall'adolescenza, quanto meno dal momento in cui il soggetto entra in quella che viene definita età adulta e che per una convenzione diffusa parte, generalmente, dal diciottesimo anno...
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Aggiunta: È vero, lo devo ammettere: molti son stati "colpiti male" dal virus, con una lunga lista di complicazioni e di effetti spiacevoli da sbucciare, che rischiano peraltro di permanere nel tempo.
Ma, mi ripeto, è la vita nella sua interezza (e non solo il virus) che a volte "colpisce forte e fa male". E non mi sembra una novità, a dirla tutta...
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010 — Da quello che ho potuto vedere quest'estate sull'isola (per ovvie ragioni non mi è stato possibile gironzolare in lungo ed in largo nel continente europeo come avrei invece voluto, per farmi un'idea più precisa e completa della situazione), si tratta proprio di una pandemia molto curiosa e particolare.
In base a quello che ho sentito e letto a proposito delle passate epidemie di peste e di lebbra, giusto per citare due questioni che si sono rivelate un po' problematiche, uno si aspetterebbe di trovare mucchi e mucchi di cadaveri agli angoli delle strade, persone in lacrime, grida e lamenti a non finire, alternati all'orrido silenzio tipico del lutto.
Ed invece ho visto soltanto mucchi e mucchi di vacanzieri spaparanzati al sole, sdraiati in riva al mare, ammassati come al solito, gli uni accanto agli altri, nello spazio di dieci centimetri quadrati. Come se niente fosse.
Anziché fosse comuni, piene di morti sino all'orlo, ho visto bar stracolmi all'ora dell'aperitivo.
Mi sono imbattuto in branchi di occidentali a caccia di svaghi, divertimenti e passatempo, e, per fortuna, non nei (loro) cortei funebri.
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011 — Forse, mi viene da provocare, ci saremmo dovuti beccare una pandemia leggermente più dura e severa rispetto a quella che, sfortunatamente, ci è toccata in sorte a questo giro.
Anche e solo per ridare alla parola “pandemia” il giusto peso, e per regalare al nostro frignare una ragione sufficientemente valida per sussistere.
Qualcuno sostiene: se siamo riusciti a mitigare gli effetti terribili provocati dal Covid-19 è grazie alle misure restrittive, tra cui il famigerato “regime di lockdown”, adottate dai vari governi.
Se fosse così, nei paesi che hanno optato per strategie di contenimento meno invasive nei confronti delle libertà individuali, dettate quindi più dal buon senso che dalla voglia di controllo a tutti i costi, ci sarebbe dovuto essere un massacro, con la popolazione drasticamente dimezzata.
Proprio per questo nel nord-europa, sostengono alcuni, stanno morendo come mosche, e senza nessuna pietà, aggiungono in automatico.
Io credo invece che si siano semplicemente rapportati alla questione in maniera diversa dalla nostra.
In tempo di guerra, chi spinge, impacchetta e spedisce al fronte gli uomini, fa leva su sentimenti quali: il coraggio, la tenacia, la determinazione; si attinge a piene mani alla capacità innata nell'essere umano di reggere allo stress provocato dalle situazioni più cruente e orribili.
Mi sarebbe piaciuto se fossimo riusciti davvero a rapportarci all'eventualità di morire di influenza con dignità e saggezza, cuore forte e serenità, ma evidentemente a questo giro abbiamo puntato a tutt'altro gusto da mettere sul cono.
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012 — ...e per paura di trascorrere qualche giorno all'ospedale, abbiamo preferito ospedalizzare direttamente il nostro quotidiano; trasformare il mondo intero, sin nei suoi angoli più remoti, in una mera anticamera di un reparto di terapia intensiva, in una enorme sala d'aspetto di un pronto soccorso.
Tra il fuori e il dentro dell'istituzione sanitaria, dunque, si è creata una continuità che non può che farmi ribrezzo.
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013 — Non ho una grossissima esperienza in fatto di giochi di ruolo; credo di aver dedicato alla cosa giusto lo spazio di un pomeriggio, ormai tanto tempo fa, ma questa parentesi ridottissima è stata comunque utile per poter avere un assaggio dell'esperienza.
Tra le altre cose, mi ha colpito particolarmente il ruolo che ricopre il cosiddetto narratore: è lui infatti che si occupa di progettare, e poi descrivere minuziosamente ai giocatori, lo scenario, l'ambiente e dunque le condizioni e le dinamiche su cui si innesteranno le scelte, le decisioni dei partecipanti.
Il narratore crea il mondo su cui si svilupperanno le storie dei vari protagonisti.
Il narratore costella il mondo di pericoli e risorse, concede svariate possibilità di svolta e non si risparmia nemmeno per quanto riguarda i momenti critici.
Uno dei suoi obbiettivi principali (e dichiarati) è mantenere la tensione e l'attenzione dei giocatori sempre al massimo livello possibile...
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014 — Anche per quanto riguarda la cosiddetta pandemia provocata dal Covid, almeno nel caso dell'Italia, che di fatto è stata tra le primissime nazioni europee a dover seriamente fare i conti con il problema, il ruolo del narratore ha assunto un'importanza fondamentale.
È stato il buon R. U., grazie ad una bellissima chiacchierata telefonica andata in scena poche settimane dopo l'inizio del lockdown generale, nel mese di marzo, a gettare nel mio mondo le prime luci sulla questione e a piazzare, come un artificiere, la classica pulce nell'orecchio.
La sua voce ruvida ha l'effetto di un aratro sul terreno dei miei pensieri e delle mie considerazioni: così mi lascio trasportare all'alba del fenomeno.
Siamo nel bergamasco, la zona che sarà di fatto l'epicentro, il focolaio per il diffondersi dell'epidemia. Nell'arco di pochissimi giorni il numero dei morti raggiunge cifre preoccupanti.
Per dare un pizzico di piccante in più alle preoccupazioni delle persone (cosa che non guasta affatto soprattutto se si vuole creare un clima di autentico terrore), vengono addirittura coinvolti i mezzi dell'esercito, su cui vengono caricate le bare che contengono i cadaveri delle povere vittime.
— Centotrenta bare — mi fa notare R. — se le sistemi per bene, una sopra l'altra, occupando tutto lo spazio disponibile, ci stanno tranquillamente in due camion. Se invece scegli di utilizzare centotrenta camion è perchè vuoi fare spettacolo, ti servono delle immagini shoccanti per accompagnare la notizia sui morti.
Il fiume di convogli in movimento che lasciano l'ospedale con il loro tetro carico di corpi privi di vita è un banchetto troppo allettante per le tantissime telecamere posizionate nei paraggi, che fagocitano fameliche le immagini e poi le rigurgitano nei vari TG e ancora, di riflesso, in pasto all'algoritmo di FB che garantirà, come da copione, una diffusione capillare del messaggio.
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015 — Mi è già capitato diverse volte (tanto che pensare alla classica coincidenza purtroppo non è più sufficiente per placare l'orda feroce dei dubbi) di imbattermi in un commento a caso di un utente a caso in quell'arena virtuale che prende il nome di Facebook, che anticipa clamorosamente le decisioni che poi vengono prese, a ruota, dal governo e dall'equipe di grandi esperti che si fa carico di seguire la faccenda.
Quasi come se le nostre speranze, e dunque le nostre paure (che in questo caso rappresentano l'altra faccia della stessa medaglia), se espresse tramite quel dispositivo, si trasformassero effettivamente ed immediatamente in realtà.
Quasi come se il dispositivo fosse un termometro utile per stabilire se il sintomo, ovvero la preoccupazione, ha l'intensità sufficiente, i numeri per essere trasformato in paranoia.
Così, sotto l'ennesima “notizia” che riporta in maniera “oggettiva” la situazione “assolutamente critica” vissuta a Codogno e dintorni, con tutta la Lombardia ad un passo dall'infezione generalizzata, qualcuno piagnucola in un eccesso comprensibile di disperazione: — Ma cosa sta aspettando l'OMS a decretare lo stato di pandemia?
Basteranno quattro starnazzi da parte del governo italiano (che dopo due curve dal via si ritrova con l'intero sistema sanitario nazionale ridotto con il culo in terra) ed il virus che si affaccia nelle nazioni limitrofe (com'è logico che succeda) per creare in definitiva tutte le condizioni necessarie per accontentare la porzione di popolazione più terrorizzata.
E dunque che pandemia sia...
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016 — È sempre il narratore, dunque, che si fa carico di raccogliere i dati e più specificatamente i numeri per fotografare, a cadenza quotidiana, il dramma.
I giocatori, ovvero il resto della popolazione, non possono fare altro che accettarli e agire di conseguenza, all'interno di un margine che si rimpicciolisce però progressivamente, giorno dopo giorno.
Per affrontare un fenomeno assolutamente inedito come quello di una pandemia in una situazione socio-politica e demografica così complessa e articolata come può essere la vita sul pianeta terra nell'anno 2020, qualcuno (se fosse sopravvissuto in noi un barlume di ironia potremmo permetterci di aggiungere un “per fortuna”) ha tirato su, in tempi non sospetti, un protocollo da seguire per uscire fuori dalla catastrofe.
Ovviamente solo i narratori sono a conoscenza della vasta gamma di soluzioni che si possono adottare in questi casi, in base, per l'appunto, al modo in cui si propaga l'epidemia.
I giocatori, i cittadini, scoprono solo in seguito la portata e il significato delle singole mosse, come se fosse una partita a carte, o a scacchi, in cui l'avversario esplicita la sua strategia, le sue intenzioni, piazzando un tassello alla volta, senza però mai rendere esplicito l'obbiettivo finale.
L'individuo comprende la portata dell'intervento di cui è oggetto patendolo sulla propria pelle, sulla propria carne e soprattutto sulla propria psiche.
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[Sul bastone e sulla carota]
017 — La strategia appare estremamente semplice e risulta, a dire il vero, piuttosto classica, almeno per quanto riguarda l'Italia: ogni brutta notizia, in termini di restrizioni delle libertà individuali, viene seguita dalla promessa di un aiuto in denaro, una sorta di ricompensa per il sacrificio che ci viene chiesto. Il povero asinello (che siamo) riceve la mazzata dritta sul muso ma subito dopo recupera gran parte dell'entusiasmo smarrito di fronte all'oscillare ipnotico della carotina promessa in premio per l'abnegazione dimostrata.
Come dice il saggio: «Sovente l'uomo rassomiglia ad un maiale che appena castrato si lamenta terribilmente, ma non molto tempo dopo torna nel truogolo a mangiare».
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018 — Il protocollo va seguito come se si trattasse di un dogma: chi si azzarda ad esprimere anche e solo la minima perplessità sulla bontà e l'efficacia dei provvedimenti adottati viene relegato tra gli eretici e bruciato, per ora solo metaforicamente, nel gran rogo riservato a quella categoria, dai contorni mobili e quindi indefiniti, che risponde al nome di “negazionismo”.
Ho avuto la netta sensazione che il paragone, proposto in passato su queste stesse pagine, tra i fatti accaduti durante il summit del G8, a Genova, nel 2001, e lo stato di pandemia decretato quasi vent'anni dopo, abbia fatto storcere il naso a molti.
Ma al sottoscritto piace assai la perseveranza, dunque insisto e rilancio: nessuno, credo, osa mettere in dubbio che durante i tre giorni delle manifestazioni succitate ci siano stati dei gruppi di persone, comunemente chiamati “black block”, che hanno dato sfogo al loro risentimento attraverso azioni dal carattere piuttosto violento.
(In seguito, comunque, è stato anche accertato che tra i manifestanti ci fossero agenti delle forze dell'ordine in borghese).
Quello che viene contestato alle autorità è il modo in cui sono state gestite alcune situazioni particolari e specifiche come, ad esempio, l'irruzione alla scuola Diaz.
Solo dopo complicatissime indagini, infatti, durate svariati anni, il luogo si è dimostrato essere ben altra cosa di un fortino occupato dai riottosi come lo si dipingeva in un primissimo momento.
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019 — Poiché, in generale, la maggior parte delle persone coinvolte in questa bruttissima storia, compreso me dunque, non ha competenze in ambito virologico ed epidemiologico, ci dobbiamo per forza di cose affidare alle cure (ahinoi) delle figure sulla carta più preparate, sperando sempre che agiscano, in sostanza, per il benessere generale della popolazione e non, come sembra ai più maliziosi, nell'interesse di poche élite che mirano esclusivamente ad accalappiare fette sempre più grandi di potere, ad esercitare la loro influenza in maniera sempre più incisiva e massiva e ad aumentare, senza nessuno scrupolo, le proprie quote in termini di ricchezza economica.
Detto questo, nessuno in realtà ci vieta di fare il conto di tutte le contraddizioni, e sono tante, collezionate in questi primi undici mesi, da quando cioè è scattato lo stato di emergenza.
Raccogliere le contraddizioni, assemblarle tra di loro per costruire una bussola con la quale, magari, è più facile comprendere la direzione che stiamo prendendo, la strada su cui ci stiamo muovendo.
Perché, a volte, sembra proprio di aver imboccato una “non direzione”, un patetico brancolare nel buio in attesa dell'unica cosa che sembra contare davvero al momento: un vaccino da somministrare a livello globale. Con grande gioia, ovviamente, delle varie case farmaceutiche che già si leccano i baffi stilando le previsioni di bilancio e le ripercussioni a lungo termine di una manovra che al momento ha proporzioni mastodontiche.
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020 — Non è assolutamente mia intenzione dipingere un quadro onnicomprensivo di tutte le contraddizioni presenti all'interno dei vari pacchetti di regole, prescrizioni, norme e suggerimenti (elementi spesso frullati assieme e poi serviti in un unico polpettone) contenuti nei vari DPCM, operazione che richiederebbe un lavoro specifico e uno spazio apposito dedicato alla loro analisi.
Mi limiterò a riportare alcuni esempi, raccolti nel mio consueto brucare nel giardino degli altri, quasi a volermi (auto)convincere che in realtà non siano pochi coloro che sentono, magari solo da ora, o già da un po' di tempo, puzza di bruciato.
Evidentemente però non ci sono ancora le prove e gli indizi sufficienti per farci gridare in coro allo scandalo. Come se ci trovassimo di fronte a piccolissimi errori di forma, dei semplici malintesi, e non soggetti ad un disegno, ad un piano ben preciso...
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021 — Sera di mezza estate. In una piazzetta poco affollata due coppie, marito e moglie, discutono sullo stranissimo modo, “consigliato” dai dottori del governo e dagli specialisti interpellati, per poter viaggiare in macchina rispettando l'ormai abusatissimo concetto di distanziamento sociale: il cosiddetto “schema a croce”, con il conducente seduto al posto di comando e l'altro passeggero relegato nel lato opposto, sul sedile posteriore.
Ora, in pochi suppongo possono vantare di aver capito quali siano, per davvero, le modalità di propagazione del virus nell'aria e, a quanto pare, non si può mai essere abbastanza cauti e abbastanza sicuri.
Così può capitare che due persone trascorrano la nottata nello stesso letto, l'uno accanto all'altra, ma siano poi costrette (sotto minaccia perenne di essere sonoramente multati, costante che di fatto è la chiave che regge l'intera impalcatura degli obblighi e dei divieti) a rimanere separate all'interno di un autoveicolo.
Come se il virus fosse contagioso dentro un abitacolo di un'autovettura ma non tra le stanze della casa.
Certo, si osserverà, le regole vanno interpretate con buon senso: probabilmente è un accorgimento da seguire soprattutto (esclusivamente?) quando si ha a che fare con persone che non appartengono alla cerchia ristretta dei nostri parenti, ma comunque la confusione e i paradossi regnano incontrastati, decretando, per l'appunto, la morte definitiva della nostra capacità critica (che era già stata comunque pesantemente tramortita in passato) e del nostro già citato buon senso (ormai prossimo alla completa estinzione, come se fosse un panda o un'altra specie animale rara).
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022 — Abbiamo capito inoltre che, all'interno dei bar, si è sicuri soltanto da seduti, al proprio tavolo, e soltanto sino all'orario decretato dagli esperti del governo, che può variare in base al numero dei contagiati presenti nel territorio regionale, con le presunte leggi fisiche di propagazione delle particelle che scivolano così in secondo piano.
Attorno al tavolo di un ristorante si può stare in un massimo di sei persone, ma i bambini nelle scuole sono costretti ognuno sul proprio banco mono-posto.
Il virus non si contagia quando si fuma, o si beve, o si mangia, ma la mascherina va tenuta, nel modo corretto, anche quando si cammina per strada da soli.
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023 — Come detto in precedenza, si potrebbe continuare con il carosello di contraddizioni per mesi; potrei addirittura spendere il mio tempo libero a collezionare le testimonianze di chiunque incontro lungo il mio cammino, ma si rischierebbe, così facendo, di distogliere l'attenzione dalle questioni che, in definitiva, pesano davvero.
Come se potessimo permetterci il lusso di passare le giornate a discutere sul colore delle palline utilizzate dal giocoliere di turno...
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024 — Il mondo dell'opinione pubblica, nel frattempo, si spacca in diversi tronconi: c'è chi riduce il problema alla semplice incapacità, cronica ci aggiungo io, di coloro che stanno guidando (male, molto male) le varie operazioni; c'è chi ci vede un complotto di proporzioni internazionali e poi ci sono pure quelli che sono (ancora) intimamente convinti che, in fondo in fondo, andrà tutto bene.
Questi ultimi, mi pare, sono gli animaletti più teneri e commoventi di tutto lo zoo.
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025 — Si sa, i pensieri negativi generano sconforto, producono tossine velenose per la nostra mente e per il nostro umore. Arrivato a questo punto dell'esposizione, mentre provo a buttare fuori, a fatica, i blocchi grumosi e neri che mi ossessionano e affollano la mia scatola cranica, sono stato assalito da un branco di brutti flash, una sequenza di immagini davvero poco rassicuranti che cercherò di esorcizzare, come sempre, attraverso la scrittura, la matita e le pagine del mio quaderno.
Credo che sia un errore, un'ingenuità imperdonabile, pensare che l'attuale forma di governo, ovvero la democrazia a struttura rappresentativa, possa sopravvivere in eterno sotto la pressione costante di forze antagoniste, sia a carattere politico che economico, e che arrivano dalle varie èlite disseminate in tutto il mondo.
Tradotto: il fatto che la democrazia rappresentativa si sia rivelata l'impalcatura più solida e affidabile dopo i vari totalitarismi e le violenze che hanno squarciato la prima metà del XIX secolo, non è assolutamente una garanzia sul fatto che le cose, allora, non cambieranno, non muteranno mai.
Del resto lo stesso Platone (quasi come se seguisse una visione ricevuta in sogno, in netto anticipo rispetto ai tempi) aveva già compilato una lista delle principali configurazioni che il potere avrebbe potuto assumere, includendo già, nella sua analisi, tutte le relative degenerazioni.
Non credo dunque che sia proprio impossibile passare da una democrazia di tipo rappresentativo (un sistema che, almeno in Italia, negli ultimi venti anni, a voler essere buoni, ha incominciato a fare acqua da tutte le parti come il più classico dei tubi rotti) ad un regime di tipo tecnocratico.
Non credo che sia impossibile, tutt'altro che fantascienza dunque, che il potere decisionale passi, in maniera subdola, tossica e quasi impercettibile, dalle mani della “vecchia” classe politica alle mani della nuova casta di scienziati (pazzi) e dottori che dettano, senza poter essere confutati e né tanto meno messi in discussione, le “nuove” regole da seguire per poter abitare il mondo regolato dal cosiddetto nuovo ordine.
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Aggiunta: parlare con R. ha puntualmente un effetto rassicurante, quasi terapeutico: è con lui dunque che condivido le mie perplessità, ma percepire la sua tranquillità a proposito della questione appena espressa mi rasserena e, almeno per un po' di ore, mette a tacere le legioni di demoni che mi porto appresso.
Questo però non mi autorizza ad abbassare la guardia sulla faccenda ma, al massimo, mi aiuta e mi consente di trattarla in maniera meno ansiosa.
I punti critici, di fatto, rimangono inalterati: primo fra tutti, sorprende il fatto che la vicenda (e tutto il gioco di provvedimenti) vada avanti ormai dal mese di marzo del 2020 e anzi, contrariamente alle aspettative e alle speranze della gente, siamo ancora ben lontani dal vedere la tanto agognata luce in fondo al tunnel.
Ciò che più inquieta è che il comitato tecnico scientifico (così abbiamo imparato a chiamarlo, con il passare del tempo) in sostanza decide su quante ore possiamo passare in giro, o assieme agli altri. E come se non fosse sufficiente, decide su chi di noi è autorizzato a lavorare e ad occuparsi delle attività con cui tenta di campare, e su chi invece non è autorizzato a farlo, spesso per ragioni a dir poco contraddittorie.
Tutto questo, credo sia il caso di ribadirlo, senza poter esprimere il minimo cenno di dissenso.
Chi si azzarda a farlo viene tacciato irrimediabilmente di negazionismo, parola che ormai significa tutto ed il suo contrario.
Chi si azzarda a vivere da non-allineato corre il rischio di venire multato, denunciato o, ancora peggio, nei casi più estremi, sottoposto ad un bel trattamento sanitario obbligatorio, che è la parte che più preferisco di tutto il discorso. Ed ovviamente sono ironico.
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026 — Per spezzare il flusso di congetture e diluirle con un esempio più pratico, al momento in cui butto giù queste righe, nell'ultimo venerdì del mese di novembre, non sappiamo minimamente se potremo festeggiare le classiche (e odiatissime da molti) festività natalizie e, nel caso, con quanti parenti o amici contemporaneamente.
Non si sa nulla nemmeno sugli spostamenti delle persone tra le varie regioni: quanti lavoratori immigrati rischiano seriamente di rimanere confinati e isolati, lontani dai propri affetti?
E ancora: quante ore di libertà ci verranno concesse? Avremo la possibilità di ritornare, anche e solo per un intervallo estremamente limitato, alle “vecchie” (e quasi dimenticate) modalità di interazione interpersonale?
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027 — ...per favore....concedeteci una tregua almeno per la notte di S. Silvestro — implora qualcuno...
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028 — ...perchè in realtà il rapporto tra chi prende le decisioni e chi poi si trova a subirle assume le sembianze di una strana danza: da una parte le suppliche di chi spesso si trova immerso in una situazione a dir poco invivibile, per quanto riguarda le più elementari condizioni fisiologiche; dall'altra la rigida fermezza, granitica, di chi non è intenzionato a fare nemmeno un passo indietro sulle proprie convinzioni.
Oppure, fa lo stesso, i piccolissimi segnali di apertura che i capi concedono ai loro sudditi, il classico pizzico di zucchero che serve soltanto a mascherare il sapore sempre più amaro della pastiglia che ci servono quotidianamente, manco fossimo i pazienti internati in un manicomio.
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[Il carosello degli “almeno così”]
029 — È una sinfonia minuziosamente studiata a tavolino dal compositore,
Un gioco di piccole concessioni che si alternano ritmicamente a provvedimenti ben più drastici e rigidi a cui, tra l'altro (e non è roba di poco conto) ci siamo abituati piuttosto rapidamente.
Ma ormai lo sappiamo bene: la proverbiale capacità di adattamento dell'essere umano sembra davvero non avere limiti e ci permette di ingoiare, con bocca docile e ammaestrata, anche i bocconi dal sapore più orribile.
Così, dopo l'isolamento domiciliare a cui è stata sottoposta la gran parte della popolazione mondiale (messa così sembra davvero uno dei prestigi più clamorosi mai mandati in scena dal prestigiatore), il semi-lockdown (così lo definiscono), ci sembra, a ben vedere, una piccola oasi, seppur con il coprifuoco previsto per le 22 e tutti i posti in cui si sviluppava la socialità delle persone (pensiamo ai vari circoli ricreativi, ad esempio, ai cinema, ai teatri e alle discoteche) chiusi a tempo indeterminato o comunque costretti ad abbassare le serrande ad un orario patetico e, se vogliamo, provocatorio.
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030 — ...e mi sembra quasi di rileggerlo, in continuazione, il commento di un utente X del Facebook che faceva pressapoco: «Se volessero davvero evitare gli assembramenti dovrebbero chiudere i bar prima dell'ora degli aperitivi...»
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031 — “Almeno così”, però, possiamo uscire la mattina e il pomeriggio.
“Almeno così” possiamo andare a passeggiare in campagna ed in montagna senza essere braccati da carabinieri, polizia e compagnie barracellari varie.
E così abbiamo accettato di scendere a patti, meglio, a compromessi, sin per le nostre faccende più personali, mettendo sul tavolo le nostre libertà più intime (come, ad esempio, la possibilità di ricevere in casa un parente o un amico).
Il rischio, mi pare tra l'altro che non sia mai stato così concreto, è che le nostre libertà possano venire fagocitate, in un sol boccone, da questa immane bestia feroce creata dallo stesso virus con cui, ci ripetono in continuazione, sino alla nausea, dobbiamo imparare a convivere...
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032 — Gli “almeno così” con cui foderiamo le ore che compongono le nostre giornate rischiano di trasformarsi, da appigli a cui aggrapparsi in questa lunga caduta nel vuoto che è stato sino ad ora il 2020, in sabbie mobili dalle dimensioni spropositate e tuttavia ancora difficilmente determinabili.
Come dire: attenti perchè al peggio potrebbe non esserci fine, o meglio: la fine del peggio, così tanto auspicata, potrebbe essere meno imminente di quanto si spera...
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033 — Dopo aver passato una buona parte della primavera a grattugiarci il cranio contro le pareti di casa (se non altro ci è servito per comprendere che alla lunga Netflix non basta più) abbiamo supplicato per avere un briciolo di estate.
Qualcuno, coerentemente con tutto il circo delirogeno che abbiamo messo su a questo giro, ha pure pensato, e poi addirittura proposto, di disseminare gli arenili delle spiagge con delle comodissime gabbiette in plexiglas (fondamentali per ridurre a zero il rischio di contagio), dove rinchiudere le famiglie. “Almeno così”, ha esclamato con la solita puntualità il commentatore random del Facebook, “possiamo andare al mare”...
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034 — Ma poi sappiamo tutti come sono andate le cose, soprattutto in un'isola come la Sardegna, che è stata come al solito presa d'assalto dai vacanzieri che per due mesi scarsi hanno potuto vivere (e divertirsi con tanto di sale da ballo aperte per ferragosto) come se niente fosse, lasciando poi in eredità agli indigeni il classico fardello di rifiuti e problemi vari da smaltire.
Ed è così che, in un attimo, l'isola è passata dall'essere uno dei posti meno colpiti dal virus ad uno dei più compromessi...
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035 — Eppure, in parecchi avevano previsto, con buona sagacia tattica, che conclusa la parentesi vacanziera il problema si sarebbe riproposto, sarebbe riapparso con un'intensità e con una gravità maggiori rispetto alla sua manifestazione originaria.
In parecchi poi (nonostante il sottoscritto scalciasse e si rifiutasse di accogliere quella prospettiva) scommettevano, in netto anticipo, su una nuova chiusura generale in autunno.
Ancora, e forse non mi stancherò mai di ripeterlo: temere un qualcosa significa, di fatto, renderlo estremamente probabile.
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036 — Così, se in un primo tempo i contagi erano confinati, seppur con esiti drammatici, prevalentemente negli ospedali e nelle case di riposo, grazie all'entropia estiva si è ottenuta una diffusione generale del virus che ha coinvolto anche i piccolissimi centri.
I sindaci, a quel punto, non hanno potuto fare altro, ovviamente, che adottare il protocollo, in attesa che chi di dovere, abbandonate le località di vacanza e riconquistati gli scanni in parlamento, riprendesse in mano il controllo unico delle operazioni.
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037 — Ciò che sta emergendo a questo giro è il particolarissimo corredo sentimentale che l'uomo bianco occidentale (io mi limiterò soltanto alla versione made in Italy) si porta appresso.
In tutti gli anni passati reagivamo alle morti provocate dall'influenza con una bella dose di cinismo, qualche mi dispiace rivolto alle vittime (e ai parenti più stretti), un la morte è una componente naturale della vita, che fa sempre brodo, e un le categorie più a rischio dovrebbero vaccinarsi immediatamente per abbassare le probabilità di lasciarci le penne, che era comunque più simile ad un consiglio medico, seppur diffuso con ritmo martellante, piuttosto che un diktat.
In un modo o nell'altro, comunque, il mondo continuava a girare, e i vari show e spettacoli ad andare avanti, quasi come se niente fosse...
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038 — ...con il Covid, però, le cose vanno diversamente, sia per l'elevatissimo numero di contagiati (il conteggio così minuzioso, comunque, mi pare sia una novità assoluta riservata al succitato virus) e poi, che è il punto critico, per il numero dei morti.
C'è anche da dire che i dati a nostra disposizione, lo ribadisco, sono spesso parziali, se non estremamente fumosi e contraddittori. Si fa fatica a capire come stanno effettivamente le cose, un problema che non riguarda esclusivamente il cittadino medio.
Capita dunque che nazioni confinanti tra di loro, che hanno seguito per giunta il medesimo protocollo, presentino realtà estremamente diverse: stando ai dati forniti da Google in Italia, Spagna e Francia si contano, in media, 70 mila decessi. In Germania le cose sono peggiorate drasticamente nelle ultime settimane: dalle 10 mila morti fatte registrare sino al mese di dicembre si è raggiunta la cifra di 50 mila deceduti. In Olanda la situazione si conferma stazionaria, con 13.000 caduti. In Svezia hanno da poco sfondato il muro dei 10.000 morti. In Austria sono passati, in meno di novanta giorni, da 3000 vittime a 7000. Stabile anche la Danimarca, ferma da mesi a quota 2000.
In tutti gli anni passati, prendiamo ad esempio gli ultimi dieci, non abbiamo avuto particolari problemi a “pisciare sopra” le 500 bare di coloro che morivano per colpa delle normali influenze. (Stiamo comunque sempre parlando di una stima, perchè anche in questo caso i numeri variano a seconda di come li si raccoglie).
Non abbiamo particolari problemi a trascinare in avanti le nostre fragilissime esistenze nonostante i 260 mila bipedi umani a cui, ogni anno, sul suolo italico, si ferma il cuore, così, improvvisamente, da un momento all'altro.
Riusciamo a fischiettarcela, ancora piuttosto discretamente, a dire il vero, anche di fronte alle 500 persone che ogni giorno raggiungono il loro bel posticino all'inferno (o in paradiso, a seconda del caso) grazie all'opera di un tumore.
Se proprio vogliamo essere particolarmente cinici: non abbiamo avuto nessun problema a giocare a racchettoni sul bagnasciuga, o a prendere la nostra bravissima e sacro-santissima tintarella estiva, nonostante in Italia ci fossero già, stando ai racconti del narratore, oltre 35 mila vittime a causa del famigerato Covid.
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039 — In realtà non c'è niente di cui stupirsi: il dolore è una questione intima, personale, che può essere condivisa, magari, con le persone particolarmente empatiche, con i propri familiari o gli amici stretti, ma poi, da che mondo e mondo, finisce che ciascuno di noi deve sbucciarsi, possibilmente senza frignare troppo, la propria dose di patate amare.
Il primo cadavere che ho visto è stato quello della mia povera madre, disteso su di un letto all'interno della struttura medica in cui ha trascorso gli ultimi tre mesi della sua vita.
Ricordo bene quei momenti, come se il tutto fosse accaduto giusto ieri: lasciata la stanza, ormai invasa da quel silenzio appiccicosissimo tipico del lutto, mi affacciai ad una finestra, posta all'estremità del lungo corridoio che conduceva alle varie camere, dalla quale si aveva una ampia vista dall'alto di una delle principali arterie stradali che portano in città.
Per un attimo, lo ammetto, ero convinto che tutt'attorno il mondo fosse entrato in pausa, anche e solo per pochissimi secondi, per tributare il giusto rispetto nei confronti dell'ennesima povera anima costretta ad abbandonare, peraltro con una dose abbondante di dolore, la sua dimora terrena.
Ed invece le automobili continuavano la loro corsa, il traffico continuava a scorrere con la solita regolare fluidità.
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[Sulla responsabilità individuale]
040 — La questione che in assoluto mi risulta più difficile da capire, è quella legata alla cosiddetta e presunta responsabilità che ognuno di noi avrebbe nell'economia dell'intera faccenda e, soprattutto, per quanto riguarda i suoi sviluppi.
Faccio ancora fatica, lo ammetto, ad ingoiarlo e digerirlo a dovere, nonostante questo sia un argomento che viene fuori spesso, sempre più spesso, a dire il vero, nelle conversazioni che ho con gli altri.
Da tempo siamo stati trasformati in bersagli mobili per il contagio: rischiamo di ammalarci ad ogni passo, ad ogni stretta di mano, ad ogni singolo respiro; ma non solo: rischiamo soprattutto di ricoprire, in ogni momento della giornata, il ruolo di potenziali untori.
Il corto-circuito etico e psicologico si radica e si articola proprio in questo preciso punto, considerando che, con il nostro atteggiamento scriteriato rischiamo di nuocere non solo alla salute degli sconosciuti che incrociamo per strada (e poco male, direbbe qualcuno), ma soprattutto alla salute dei nostri cari, magari quelli più deboli...
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041 — Credo, tra l'altro, di aver provato la sensazione di essere diventato letteralmente un parricida, ed è stata piuttosto impegnativa da gestire.
Dall'inizio ufficiale del lockdown, nel mese di marzo, e sino alla mattina del giorno di pasqua, il mio isolamento, per quanto riguarda le relazioni inter-personali, è stato, in pratica, impeccabile, senza nemmeno la più piccola macchia.
Nel dì di festa, poco prima di sedermi attorno allo stesso tavolo con il mio vecchio (cosa che ormai capita solo in occasione del natale e, sporadicamente, in occasione del suo compleanno o per qualche altro evento raro ed eccezionale) sono stato raggiunto presso il mio domicilio (contravvenendo così alle regole) da un mio amico, per il consueto aperitivo in onore del risorto, tradizione che va avanti ormai da quattro anni e che non ci siamo sentiti di interrompere, soprattutto perchè entrambi godevamo di buona salute, senza sintomi particolari che potessero farci pensare il contrario.
Al pomeriggio sono bastati cinque starnuti sparati uno di seguito all'altro, come una raffica, dal capo-famiglia, e poche molecole di THC in libera uscita nel mio flusso sanguigno (utilissime per incrementare il livello di suggestionabilità del sottoscritto) per trasformarmi, nell'arco di qualche istante, in un'omicida senza scrupoli, così almeno mi sono sentito per diverse manciate di minuti. Tanto che, in preda alla disperazione, ero pronto a smettere definitivamente di bere alcool, per il resto della mia vita, in cambio della salvezza, dell'assoluzione da quel terribile crimine di cui mi ero appena macchiato.
Mio babbo sarebbe morto per colpa mia e soltanto mia...
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Aggiunta: Mio padre, per fortuna sua, è ancora in vita e non ha trovato la morte in quella circostanza specifica, a causa del mio aperitivo.
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Aggiunta2: da quello che mi hanno comunicato nel corso di quel maledettissimo pomeriggio, poi, gli starnuti non rientrerebbero tra i sintomi del Covid.
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042 — Credo che sia doveroso, ancora, ribadire la solita precisazione, la premessa che funge da pietra angolare per la mia argomentazione: io non sono un virologo e non posso di certo sostenere di aver capito alla perfezione le modalità con cui il virus si propaga da persona a persona; a questo punto della storia, però, non so bene quanto ci abbiano capito, a proposito della questione, tutti gli esperti, e sembrano davvero tantissimi, che si propongono e si candidano per guidare questo autobus pieno di disperati che è l'Italia oggigiorno, fuori dalla crisi sanitaria più grave in cui ci siamo imbattuti dal dopoguerra.
Ad una prima, sommaria e rapidissima analisi, dunque, mi pare che la confusione, purtroppo per tutti noi altri, la faccia da padrone.
Non è mia intenzione addentrarmi nella costellazione degli aspetti tecnici particolari: non so (e forse forse manco mi interessa saperlo) se e quanto il virus possa sopravvivere sulle superfici in carta e in cartone e su quelle in metallo, per citare un dibattito che è giunto alle mie orecchie la scorsa primavera, quando sembrava che anche un'innocentissima lettera o il più comune dei pacchetti di sigarette potesse essere in realtà pericoloso e mortale al pari di un ordigno nucleare.
Non so (e forse forse manco mi interessa saperlo) quante microparticelle di saliva infetta escono fuori dalla mia bocca ad ogni starnuto, non so quali siano le dinamiche che seguono nel loro propagarsi nello spazio; non so nemmeno quanti gradi centigradi siano necessari per essere davvero certi di averlo distrutto.
Mi limiterò soltanto a menzionare alcune precauzioni fondamentali che il narratore, in combutta con i suoi scagnozzi, hanno escogitato, proprio all'alba dell'epidemia, con il chiarissimo e limpidissimo intento di salvarci la vita...
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043 — Le regole in vigore all'interno dei confini del comune in cui son cresciuto e in cui tutt'ora risiedo parlavano chiaro: la mascherina va utilizzata ogni qualvolta si accede in un esercizio pubblico e, per il resto, soltanto se si accusano i sintomi caratteristici dell'influenza, o qualora si entrasse in contatto con categorie a rischio, perchè particolarmente deboli, come le persone anziane o immunodepresse.
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044 — In realtà l'elemento più violento e disturbante che in quel periodo (e per la prima volta nella lunga storia dell'umanità) veniva inserito a forza nelle nostre esistenze è quello relativo all'ormai tristemente noto concetto di distanziamento sociale, che qualcuno ha già giustamente ribattezzato distanziamento psicologico; una vera e propria frattura scomposta nella colona vertebrale delle nostre relazioni interpersonali.
Da quel momento in poi (e chissà per quanto tempo ancora...) il modo di stare gli uni vicini agli altri è stato profondamente stravolto: niente più abbracci o saluti calorosi, almeno stando alle regole, e uno iato di almeno un metro, un fossato nero e profondo a separare i corpi.
Se già i nostri contatti, le nostre relazioni annaspavano in un acquitrino gelido di timidezze, indifferenze, sospetti e diffidenze, con questa semplice mossa si è raggiunto facilmente l'apice del fenomeno: l'alienazione si eleva a vette mai raggiunte prima e, c'è da scommetterci, da quelle altezze vertiginose psicologi e sociologi avranno tanto da discutere, almeno per 100 anni, sulle nuove configurazioni assunte dalla cosiddetta socialità.
Noi, nel frattempo, come bravi animaletti ammaestrati da circo, ci siamo prontamente adeguati: a quanto dicono la plasticità mentale è una delle caratteristiche peculiari della razza che rappresentiamo con così tanto orgoglio.
Tant'è che la nuova moda di salutarsi con il gomito (SIC!) è stata accettata senza troppi capricci o effetti collaterali, almeno a prima vista.
Poi chissà cosa ne penseranno, di tutta questa serie di genialate, le nuove generazioni, tra un paio di anni...
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045 — Così, dribblando le mille tristezze e i miliardi di angosce che sono spuntati fuori, come lumache dopo che piove, nel corso di quei tre mesi scarsi di lockdown (fenomeno per il quale si spenderanno, ancora, fiumi e fiumi di parole, discorsi e analisi), siamo giunti alle porte della stagione estiva, con lo stato psicofisico di un poveraccio che è stato trattenuto a forza in apnea, con la testa sott'acqua per una giornata intera.
Per evitare il rischio che all'intera popolazione saltasse la scatola cranica in aria a causa dell'eccessiva tensione negativa accumulata tra le quattro pareti di casa (otto per i più fortunati), il narratore, d'accordo con l'equipe di dottori e di esperti che si son presi a cuore la salute di tutti noi, ha deciso di abbassare un po' la guardia e concedere, a noialtri pezzenti, la possibilità di trascorrere qualche ora lontano dai rispettivi domicili, che nel frattempo si erano trasformati in vere e proprie gabbie, con le persone chiuse dentro a ricoprire contemporaneamente il doppio ruolo di di carcerati e carcerieri.
Nonostante centinaia e centinaia e centinaia di persone trascinate sull'orlo del fallimento, per l'impossibilità di esercitare le proprie professioni, (situazione sanata a colpi di strategici aiutini in denaro, nient'altro che delle mezze cucchiaiate di euro capaci solo di diluire, per un attimo, l'agonia e le preoccupazioni) il governo ha pensato bene di istituire il famigerato bonus-vacanze, per spingere quante più persone al pascolo, possibilmente entro i confini nazionali, così da dare una mano, contemporaneamente, a tutti gli operatori del settore presenti sul suolo italico.
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046 — In estate, si sa, l'influenza di solito ha poco successo, soprattutto a causa delle alte temperature che si raggiungono durante quei mesi.
Così, anche per una mera questione fisiologica (o si sgabbia un po', oppure si muore per la pazzia) ci siamo, per l'ennesima volta, fidati del narratore e dei vari specialisti.
Sono riprese, dunque, seppur con tantissimi accorgimenti (e pure piuttosto dispendiosi) le attività delle palestre e dei ristoranti; c'è stato spazio per qualche spettacolo all'aperto (seppur a capienza ridotta) e, udite udite, si è dato pure il via libera alle serate danzanti nelle discoteche. Una decisione controversa, a dire il vero, che ha partorito, almeno sull'isola, uno dei primi grandi scandali legati alla gestione dell'epidemia, caso poi abilmente insabbiato con la solita tecnica dello scarica barile.
Ci siamo fidati, insomma, godendoci quelle piccole boccate di libertà che ci hanno regalato la sensazione che davvero il pericolo fosse ormai alle spalle.
Dopo l'inferno primaverile, l'estate aveva il gusto dolce del paradiso, anche se qualcuno profetizzava già che in autunno sarebbero tornati i problemi...
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047 — ...ed i problemi, puntuali come le fasi lunari, non si sono fatti attendere...
La prima spia che preannunciava l'ennesimo, nuovo allarme rosso in arrivo si è accesa a cavallo del ferragosto, proprio quando i cosiddetti V.I.P (ma non solo loro, ovviamente) trascorrevano le loro sacro sante vacanze tra partite a calcetto e serate danzanti con i DJ più quotati del pianeta in consolle.
Chiusa la parentesi all'insegna del liberi tutti (coincisa con la serrata generale delle discoteche) si è iniziato a fare la conta dei danni, in termini di nuovi contagi: così la Sardegna è passata, in un baleno, da zona Covid-free a nuovo merdaio nazionale.
Ormai tristemente famoso è il caso del Billionaire, gestito (almeno in apparenza) da quell'eterno buontempone che risponde al nome di Flavio Briatore: nella struttura, infatti, scoppia un macello, con gran parte dello staff dei lavoratori (stagionali) che contrae l'influenza.
Chissà quanti di loro, dopo la dipartita dei ricchi vacanzieri, si sono portati appresso il virus (magari senza saperlo), al ritorno nelle loro comunità, dopo la permanenza nelle località balneari...
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048 — Nel mese di settembre, che alla luce dei fatti è stato il vero e proprio trampolino per il salto nel baratro autunnale, nonostante qualcuno continuasse a soffiare sul fuocherello della paranoia e delle preoccupazioni, si percepiva comunque sia una percentuale, seppur minima, di fiducia (non mi sento proprio di utilizzare il termine ottimismo).
Al rientro generale dalle vacanze c'era da organizzare il nuovo anno scolastico, il primo dell'era Covid, e dunque la ripresa degli studi, in aula (o anche detta in presenza, come amiamo definire la cosa ora, per distinguerla dalla sua variante digitale-informatica chiamata anche didattica a distanza).
Una faccenda che riguarda direttamente centinaia di docenti, ma soprattutto migliaia di studenti.
Uno dei passaggi fondamentali è stato quello di adeguare gli arredi scolastici alle nuove disposizioni in materia di distanziamento sociale, con l'enorme esborso, in termini economici, per l'acquisto dei famigerati banchi mono-posto.
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Aggiunta: a conferma del flebile ottimismo che si respirava nel mese di settembre, anche i campionati di calcio dilettantistici (interrotti senza tentennamenti già dalla primissima domenica del mese di marzo) ricevono l'ok per la ripartenza (come successo peraltro agli altri sport), seppur con una serie di regole piuttosto rigide da seguire, pena un altro arresto.
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049 — Scuola e calcio, per citarne due, rimangono faticosamente a galla giusto per un mese, non senza difficoltà.
Gli studenti, ad esempio, sono costretti a viaggiare, accalcati come le bestie sui mezzi pubblici, come al solito, in barba all'imperativo del distanziamento sociale.
I calciatori dilettanti, invece, sono costretti a seguire un protocollo durissimo ed estremamente rigido, sopportabile a malapena dalla categoria dei professionisti: basta solo un caso, anche sospetto, di positività al virus, all'interno di una rosa di 20-25 persone, per mandare automaticamente in quarantena fiduciaria (altro neologismo esemplare) tutto il gruppo squadra, dirigenti, staff tecnico e medico compreso. Cosa che vale, ovviamente, anche per le squadre avversarie incontrate nell'arco dei sette giorni.
Sarà proprio il meccanismo della quarantena preventiva a mettere sotto scacco l'intero sistema, con decine e decine di persone tenute forzatamente in casa, in attesa di conoscere l'esito dei famigerati tamponi, con l'unica colpa magari, è paradossale, di aver partecipato ad una amichevole tra squadre di Seconda Categoria, il giovedì pomeriggio...
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050 — A metà ottobre, dunque, il narratore concede il bis dell'exploit offerto a metà febbraio: questa volta però a farla da padrone non sono i camion dell'esercito “stracolmi” di bare, ma i cortili dei pronto-soccorso, intasati sino al collasso da ambulanze cariche di infetti...
Il numero di coloro che chiedono aiuto al sistema sanitario nazionale, in preda ai sintomi influenzali, cresce a dismisura, sino a toccare, sostengono alcuni, un nuovo picco.
Chi guida, dunque, non trova niente di meglio da fare che fermare nuovamente le principali attività, ma con una chicca in omaggio.
Se in origine, infatti, il virus veniva visto come una disgrazia di tipo biblico piovutaci addosso chissà per quale motivo, al secondo tempo del film la colpa della situazione, a dir poco catastrofica, ricade dritta, inesorabile come una spada di Damocle, sui singoli cittadini, colpevoli, sostiene il narratore, di aver abbassato troppo la guardia durante la bella stagione, nonostante i continui appelli alla prudenza lanciati puntualmente, a cadenza quotidiana, dai nostri governanti...
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051 — “Mia è la colpa, mia è la colpa, mia è la colpa”, ripete l'italiano medio, portandosi il palmo della mano all'altezza del cuore. “mia è questa grandissima colpa”...ed ora sono pronto per ricevere la punizione che mi son meritato.
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052 — Lo ripeto, a scanso di equivoci.
C'è un aspetto che proprio non riesco a digerire, in tutta questa faccenda, nonostante abbia speso già tantissime parole in proposito nei dialoghi con gli altri vivi: la questione della responsabilità individuale nella propagazione del virus e nella diffusione, nell'aumento dei contagi.
Al momento non riesco a considerarmi un untore, effettivo o potenziale, soprattutto perchè negli ultimi cinque anni non ho accusato il minimo problema di salute, e mi ritengo fortunato.
Niente febbre, niente dolori, niente medicine.
Certo, potrei sempre essere un (tras)portatore sano, asintomatico, e con il mio atteggiamento irresponsabile potrei spedire, nell'arco di mezzo secondo, decine di bipedi in un reparto di rianimazione, di terapia intensiva o, peggio ancora, nelle stanze fredde e silenziose di un obitorio.
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053 — Ormai ho capito bene come funziona: ciò che manda in panico tutti i miei simili su di me ha, in pratica, l'effetto opposto.
Pensare, ad esempio, che ci sono come minimo altri 10 mila modi per guadagnarsi l'aldilà, a prescindere dal gettonatissimo Covid, eventualità che del resto potrebbe verificarsi in qualunque momento della giornata, mi rilassa, mi distende i nervi.
Le merdate che ci possono piovere sulla testa in questa vita sono molteplici e, in teoria, possiamo essere artefici degli epiloghi degli altri non solo attraverso gli starnuti ma, ad esempio, ogni qualvolta saliamo sulle nostre autovetture e ci immettiamo all'interno del flusso del traffico.
Basta davvero poco: un colpo di sonno, una piccolissima disattenzione nel frattempo, magari, che skippiamo una canzone dalla nostra play-list, o cambiamo stazione radio premendo un pulsante sul frontalino dell'autoradio. Una gomma lasciata colpevolmente sgonfia che ci fa perdere quel pizzico di aderenza, poi fatale, con il manto stradale bagnato.
Basta un attimo e ci trasformiamo nella pallina impazzita di un flipper, pronta a piombare, in un fracasso di vetro e lamiere distrutte, sull'esistenza di un povero sconosciuto che ha avuto l'unica sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Le cronache di tutti i giornali sono infarcite di storie del genere, eppure non mi sembra che il nostro atteggiamento alla guida sia diventato molto più responsabile rispetto al passato: i limiti di velocità, in pratica, vengono rispettati solo dagli allocchi e c'è più di qualcuno che manovra il proprio mezzo nel frattempo che spara migliaia di emoticon al minuto in qualche gruppo su WA, senza manco il minimo accenno di vergogna o imbarazzo.
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054 — ...come ho già scritto in un precedente capitolo: è un vero peccato che i corsi di Etica siano partiti solamente nel 2020.
Chissà, mi chiedo spesso, se mio padre si sente mai responsabile per tutta la "peggio spazzatura Mediaset" scelta come sottofondo durante i pasti condivisi assieme in passato, a partire da "Striscia la notizia" e le veline all'ora di cena, sino ai programmi pseudo-calcistici della domenica a pranzo.
Chissà poi quante madri si saranno sentite colpevolmente responsabili per aver spalmato le merende dei propri figli con un'autentica merdata come la nutella.
C'ho anche un ultimo flash, che butto fuori pur sapendo che non colpirà mai il bersaglio: chissà se la commessa del supermercato si sente in qualche modo responsabile del fatto che i 500 grammi di salsiccia di suino che ha appena fatto strisciare di fronte al dispositivo ad infrarossi posizionato alla cassa, contribuiranno ad ostruire definitivamente di colesterolo la mia arteria, provocando così un infarto del miocardio...
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055 — ...ma il problema grosso a questo giro, me lo ripetono in continuazione da più parti, è l'influenza.
Perchè di influenza si muore oggi. E contemporaneamente. Ed è una cosa che riguarda tutti.
Tutte le altre morti, invece, sono proiettate nel futuro remotissimo del mai.
E capitano sempre e solo agli altri. Mica a noi.
Quindi è inutile perdere tempo con questi discorsi, ed io, pur sentendomi sano come un pesce, dovrei semplicemente accettare, per di più serenamente, di rinunciare a ciò che resta della mia vita (considerando poi che sino all'altro ieri non è che sguazzassimo in un mare di libertà) per evitare potenziali problemi al prossimo.
Nel frattempo che tutto attorno a me si consumano i peggiori drammi dal punto di vista ecologico, umanitario e sociale, con il beneplacito (la beata indifferenza) e la noncuranza di tutti noi...
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[Ancora sulla responsabilità individuale e le responsabilità di governo]
Aggiunta: Se le intenzioni fossero state davvero quelle di evitare un nuovo arresto alla circolazione umana e alla socialità, si sarebbe dovuto quanto meno intervenire sulle infrastrutture sanitarie e sul sistema dei trasporti.
Sulla scuola c'è davvero poco da aggiungere: un mondo su cui regna lo sconforto, ormai arresosi alla DAD, nonostante molti dei partecipanti attivi la ritengano un esperimento a dir poco fallimentare, per usare un eufemismo.
Tutti e tre i sistemi (scuola, trasporti, sanità) erano comunque già al collasso a prescindere.
Il virus ha semplicemente enfatizzato il problema.
Proprio come succede con le patologie delle persone.
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(01\01\2021)
056 — Quando tratto la questione con il giovane T., in cambio ottengo un'occhiataccia affilata, che penetra sino in profondità.
— A me non capita di parlare di morte con gli altri — mi dice ad un certo punto.
Ora, mi rendo conto che, per la maggior parte dei vivi, la morte sia un argomento tabù, ma quello che vale per la maggior parte dei vivi, talvolta, non vale per me.
Tradotto: mi accollo volentieri la responsabilità, l'onere di imbarcarmi in discorso così scomodo, con tutta la disinvoltura che riesco a sgraffignare dalla mia dispensa.
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057 — ...e dunque, in un certo senso, l'uomo bianco ha fatto la sua scelta, la sua puntata alla roulette.
Impazziamo, letteralmente, dalla paura di finire attaccati ad un respiratore meccanico, per colpa di una brutta polmonite, perchè in realtà desideriamo intensamente di marcire su di un letto in un hospice, con una flebo di chemioterapico piantata su una vena del braccio, nel frattempo che ci sorbiamo la puntata numero cinquecento mila di “Chi vuol essere milionario”.
E sembrerà strano, ma il trattamento in questione è sempre disponibile e non conosce né crisi e né scarsità. Ce n'è per tutti insomma, basta solo rispettare la fila...
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Aggiunta: Nonostante l'allergia cronica sviluppata per l'argomento, riesco inaspettatamente a strappare una considerazione in proposito al giovane T., che risolve elegantemente il dibattito con un lapidario
— A molti piace morire esattamente come hanno vissuto...
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058 — Il breve scambio di opinioni avuto, diversi mesi fa, con A., si è impresso in maniera indelebile nella mia memoria: ha lasciato una traccia che ripercorro spesso, su cui ancora lavoro.
In sostanza, a suo dire, io e tutti quelli che assumono un atteggiamento irrispettoso starebbero semplicemente giocando il ruolo degli inguaribili frignoni.
Le polemiche, le proteste per l'uso costante della mascherina sarebbero, in un certo senso, esagerate: in molti paesi dell'Asia, ad esempio, in particolare nelle metropoli più affollate, l'utilizzo della mascherina, in presenza dei sintomi influenzali, era già considerata una consuetudine consolidata dalla maggior parte della popolazione, già negli anni scorsi...
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059 — ...la prima considerazione che mi sfreccia in mente e, che di fatto, esce dalla mia bocca, non c'entra il bersaglio, e i “no, no, no!” che A. mi lancia contro come risposta mi fanno capire bene che a questo giro non ho imboccato la strada giusta nel ragionamento.
Tuttavia credo, oggi come allora, che fabbricare otto miliardi di mascherine (come minimo) non sia proprio una delle operazioni più eco-sostenibili a nostra disposizione.
Anzi, sto incominciando (quasi) a divertirmi nel vedere mascherine gettate in terra, un po' dappertutto, sia in ambienti urbani che montano-campestri.
Mi prenoto già, quindi, per le primissime escursioni che organizzeremo, tra qualche dozzina di mesi, nella nostra bellissima isoletta artificiale fatta, per l'appunto, interamente di mascherine usate.
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060 — ...che poi, mi ripeto, se mi portassi davvero appresso i sintomi dell'influenza, tra starnuti e colpi di tosse, forse non avrei troppi problemi ad indossare le dovute precauzioni, qualora viaggiassi su di un tram o una metro, assieme ad altre decine di bipedi.
Anzi, a dire il vero, se presentassi davvero i sintomi influenzali, e se corressi il rischio di essere davvero contagioso per il mio prossimo, probabilmente adotterei la strategia usata dalla buon'anima di mia mamma, che in caso di malanni, mi sigillava in casa, sino a quando non stavo meglio...
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Aggiunta: ora che ci penso meglio, mi viene in mente che nel corso della mia idilliaca infanzia ho avuto la fortuna di contrarre per due volte la polmonite.
Nel secondo caso in particolare, le mie condizioni non erano affatto buone, tant'è che rischiai un ricovero in ospedale.
Ma alla fine il dottore si covinse che un rigidissimo isolamento domiciliare, sotto la strettissima sorveglianza di mia madre, sarebbe potuto essere sufficiente.
Ho cancellato via dalla mia memoria quelle pagine tristi: mi ricordo solo che la febbriciattola che accompagava la malattia giocava a farmi gli scherzi: spariva per un po', durante la mattina, facendomi credere di essere ormai prossimo alla fine dell'incubo, per poi invece ripresentarsi beffarda, al pomeriggio...
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061 — ...ma in questo mondo, me ne rendo conto, e soprattutto stando alle regole dettate da Monsieur Il Capitale, non siamo assolutamente autorizzati a prenderci nemmeno la più piccola pausa, nemmeno quando stiamo per crepare; non siamo assolutamente autorizzati ad abbandonare le mansioni a cui siamo stati destinati.
E dunque...
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062 — ...gli esperti predicano “mascherina sempre e dovunque”, e chi non ubbidisce diventa irrimediabilmente parte del problema.
È da un po' che mi sto chiedendo, in realtà, se indossare una mascherina per tutte queste ore di seguito, per tutti questi giorni, per tutti questi mesi, non provochi più danni, a livello fisico, rispetto a quelli che dovrebbe evitarmi.
In realtà faccio già una grossa fatica (tendenzialmente mi sento più vicino ad un punkabbestia che ad un signorino ben plasmato dalle buone maniere) a stare dietro alle più elementari norme igieniche che riguardano il mio corpo e gli stracci con cui lo rivesto; figurarsi poi se dovessi stare appresso allo stato, alle condizioni igieniche di un pezzo di materiale sintetico perennemente a contatto con il mio naso e la mia bocca, considerando, per di più, che sono allergico alla polvere...
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063 —...e così ho visto persone mascherate anche all'interno dei loro soggiorni; persone mascherate nel bel mezzo di un bosco; persone mascherate che vagano come fantasmi per strade semi-deserte.
Persone che si tirano su la mascherina quando incrociano altri vivi.
Chissà se esistono (già) persone che si tengono la mascherina addosso pure quando dormono...
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Aggiunta: A proposito della questione, B. mi regala una perla inaspettata, come spesso capita quando ho a che fare con lui.
Lavorando come sistemista presso il municipio del proprio paese, è tenuto ad indossare costantemente, nel corso della giornata, la mascherina (di tipo ffp2) che gli hanno gentilmente messo a disposizione.
B., a dire il vero, non riesce a credere più di tanto alla storiella della buona fede di chi ci governa, così, armato della curiosità che lo contraddistingue, si preoccupa di leggere le poche avvertenze stampigliate sopra alla bustina in plastica che avvolge il dispositivo medico, rigorosamente made in China.
Nessuna indicazione sui materiali effettivamente utilizzati, ma solo una breve lista generica sui materiali che NON sono stati utilizzati.
E sul fondo, una dicitura inquietante: NOT FOR MEDICAL USE
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064 — ...a me, in realtà, tutta questa situazione che stiamo vivendo mi ricorda la più classica delle vendette karmike, che si è abbattuta inesorabile sulle nostre teste (e sulle nostre facce), e dunque su quella mandria di uomini pallidi, presuntuosi e strafottenti che siamo.
Le primissime volte che facevo questa battuta non rideva nessuno.
Con il passare del tempo, però, sono germogliati, seppur timidamente, i primi consensi.
Sino ad arrivare, poi, con mia grande sorpresa, al punto in cui questa stessa identica battuta mi è stata fatta, in anticipo, dal mio interlocutore.
È come se l'Universo ci stesse dando una sonorosissima lezione per tutti i miliardi di volte che abbiamo considerato le donne arabe che indossano il burqa come ostaggi della propria cultura, se non come personalità ottuse e arretrate.
Ora spetta a noi fare i conti con il nostro personalissimo burqa, imposto da chi ci governa, sfruttando la leva fornita dalla paura...
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065 — Credo, in sostanza, che uno degli errori più grandi che abbiamo commesso dall'inizio di questo inghippo sia stato accettare di credere che l'intera questione si sarebbe risolta nel giro di poche settimane.
Uno degli errori più grandi che possiamo commettere adesso (e probabilmente abbiamo già un piede e mezzo dentro al disastro, a questo giro) è quello di credere che il “narratore” ci renderà le libertà che ci ha sottratto (per il nostro bene, è chiaro) di sua spontanea volontà, gratis, senza che serva neppure il minimo accenno di lotta da parte nostra...
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066 — In questo senso risultano profetiche le parole che il buon vecchio C. mi ha spedito,via mail, quasi un anno fa ormai, lo scorso 25 marzo.
“La cosa che mi viene da pensare, la prima cosa, è che avevamo abbassato la guardia.
Non mi riferisco all'arrivo del virus (quella non era competenza mia, c'è tutta una cascata di responsabilità e competenze prima di me...); piuttosto al fatto che forse ci siamo adagiati un po' nell'illusione che il problema più immediato fosse il governo attuale, e che in qualche modo si sarebbe dissolto, magari giusto con qualche spallata.
Invece all'improvviso ci troviamo in una situazione che coinvolge tutto il cosiddetto primo mondo, e mi fa tornare in mente le misure straordinarie post 11\9, che pareva fossero eccezionali, funzionali ad un periodo transitorio (che poi è durato e dura ancora).
Ormai ho vaghi ricordi di come era prendere un aereo prima di quello spartiacque, ma ricordo che tutte le misure all'inizio ci sembravano eccessive e liberticide.
Ecco, la paura mia ora è che ci si ritrovi, un giorno, ad essere abituati anche a QUESTE misure di controllo, nello stesso modo in cui abbiamo fatto l'abitudine — chi più chi meno — ai controlli alla boccetta dello shampoo...
Spero di essere smentito quanto prima, ma dipende da NOI, mai come ora!”
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067 — ...per quanto mi riguarda, del resto, è dal drammatico luglio del 2001 (sono passati venti anni) che ho ben chiara l'idea sulla natura delle forze che si affrontano sul campo di battaglia: da una parte i governi e i governanti, ben supportati da eserciti, forze di polizia, arsenali potenzialmente infiniti di armi e tecniche di persuasione e manipolazione comportamentale sempre più raffinate.
Dall'altra, la fazione avversaria: quella dei pezzenti, degli ignoranti, degli schiavi...
***
(30.03.2020)
068 — Il primo a fornirmi una panoramica dettagliatissima della faccenda, in netto anticipo con il deflagrare del fenomeno, è stato ancora una volta, R.U, che ha vissuto gli aspetti più ruvidi della questione sulla sua pelle.
Oltre alla dimensione prettamente sanitaria, infatti, il Covid (e le misure adottate per contrastare la sua diffusione) sta avendo pesantissime ripercussioni a livello sociale.
La storia di R., così simile a centinaia di altre, può essere riassunta in poche mosse: il suocero di una sua collega viene a mancare a causa, si scopre in seguito, del virus, così la donna viene chiusa in isolamento, senza che nessuno, peraltro, le faccia gli esami per verificarne, eventualmente, la positività. Due giorni dopo il rientro al lavoro della collega, R. viene a sua volta messo ai domiciliari, per una questione di prevenzione, per un lasso di tempo di circa due settimane.
— Arbitrariamente — mi racconta con rabbia — il tipo della ASL ha deciso il mio sequestro, poiché sono entrato in contatto con una persona potenzialmente contagiosa. Ma io entro giornalmente in contatto con 120 persone, durante il mio turno di lavoro allo sportello delle poste. E mica sono finiti tutti agli arresti domiciliari come me...
Poi aggiunge: — Per fortuna un giovane riesce ancora ad arrangiarsi. Ma mi metto nei panni di una persona chiusa in casa che non può andare neppure a fare la spesa.
Se io esco, mi becco cinque anni di reclusione, quella vera, senza manco la playstation...
Ne ho parlato pure con qualche avvocato: certo, adesso siamo in piena emergenza e anche e solo pensare di farsi risarcire è difficile, nessuno mi darebbe retta, però tra un annetto magari sarà diverso.
Il modo in cui chiude il racconto è emblematico.
— La TV ti bombarda in continuazione; io non la guardo ma in un modo o nell'altro il messaggio arriva anche a te e devi sottostare. Ti viene imposto. In strada ti senti un delinquente e non sai perchè. Sono uscito a buttare la spazzatura e ho incrociato il mio vicino: sino all'altro giorno mi salutava, ieri ha fatto un passo indietro...
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069 — Con il passare delle settimane e dei mesi, e con il conseguente (e peraltro prevedibile) aumento dei soggetti sottoposti ai tamponi e agli esami, la schiera di coloro che sono soggetti alle misure restrittive si ingrossa a vista d'occhio.
Molti di questi poveracci sono dovuti rimanere sigillati dentro ai propri domicili per decine e decine di giorni, anche in assenza di sintomi, in attesa che dalla regia (il laboratorio di analisi) arrivi il tanto sospirato via libera, o un nuovo rinnovo dello stop.
È forse il protocollo adottato, più che la stessa malattia, a mandare nel panico le persone.
Non dovremmo mai dimenticarci, del resto, che non abbiamo a che fare con la peste bubbonica, o la lebbra, ma con una patologia che ad oggi presenta sempre un tasso di mortalità piuttosto basso.
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070 — ...basta infatti appena un caso presunto o sospetto, all'interno di una famiglia o di una casa, per scatenare un autentico putiferio, a livello logistico, con una cascata di trasferimenti forzati, di fughe e tutta una serie di disagi difficilmente ipotizzabili qualche mese fa.
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071 — ...così c'è qualcuno che incomincia a credere che i cosiddetti Covid-Hotel siano la soluzione ideale per rinchiudere dentro tutti gli infetti, risparmiando lo stress da trasloco a parenti e conoscenti vari.
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072 — La paura di beccarsi il virus, dunque, coincide pure, ed è la cosa più grave, con la paura di poter trascinare all'interno di un meccanismo crudele e spaventoso i propri cari, parenti e amici, che rischiano di rimanere fermi sulla panchina, come nel gioco del Monopoli, per svariati turni.
Se contraggo l'infezione (basta anche e solo il sospetto) innesco una reazione tipo domino: il crollo di una tesserina provoca il tracollo di decine e decine di altre pedine.
Il mio vicino di casa potrebbe dover essere costretto a smettere di lavorare per un mese e mezzo per colpa dell'aperitivo che mi son bevuto al bar...
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073 — ...e nel frattempo che l'intensità del delirio cresce, come l'onda di uno tsunami, ci sono pure dei sindaci, anche qui sull'isola, che propongono di tracciare gli spostamenti delle persone, da comune a comune, da zona a zona...
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074 — ...incoraggiati, in questo, dalle decisioni prese dal governo centrale, dal narratore e dal suo staff di esperti, che hanno pensato bene di trasformare il territorio nazionale nel tabellone del Risiko, dove ogni colore (rosso, arancione, giallo) sottintende una serie di attività permesse e, soprattutto, di attività non permesse o vietate...
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075 — A questo giro chi ci governa si è spinto in profondità, raccogliendo probabilmente più di quanto si sarebbe potuto aspettare all'alba di questa triste storia.
Kant, per citarne uno, e tanti dopo di lui, hanno sempre sostenuto il fatto che un governo può esercitare la sua influenza fino alla soglia della nostra porta di casa; dentro al domicilio poi, ciascuno di noi vive come meglio crede, in base alle proprie ragioni, al proprio buon senso.
Ora invece, chi ci governa si permette addirittura di decidere il numero di persone che possono stare contemporaneamente attorno ad un tavolo...
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076 — Inizio a scrivere queste righe nella mattina del quindicesimo giorno del 2021: difficile anche e solo immaginare quando questo incubo, a livello sanitario, ma soprattutto a livello sociale, avrà fine.
L'unica costante tristemente sopravvissuta dall'anno passato, è quella che riguarda le limitazioni alla circolazione e agli spostamenti delle persone, una questione che da strettamente individuale è diventata, con un magistrale colpo di prestigio, affare esclusivo del governo e, più in generale, del narratore.
Si vocifera, tra le altre cose, che le nuove disposizioni contenute nel prossimo, famigerato DPCM potrebbero rimanere in vigore addirittura per 45 giorni, sino dunque (se il calendario non mente) ai primi giorni del mese di marzo.
L'Italia verrà ancora suddivisa in zone, ed ogni zona sarà ancora associata ad un colore in base a fantomatici indici di contagio.
Più la situazione si aggrava, maggiori saranno le restrizioni a carico degli individui.
Ciò che mi pare pure peggio è che la situazione, in questo senso, può mutare ogni 24 ore, con l'incertezza che rischia di diffondere ed invadere tutti gli spazi dell'esistente.
Il vostro volo aereo potrebbe essere spostato e rimandato, di giorno in giorno, a seconda di quanti tamponi vengono effettuati e quindi, in base a quanti infetti vengono scovati tra la popolazione.
Se siete titolari di un esercizio commerciale, come ad esempio un bar o un ristorante, sarete condannati a stare continuamente appesi (proprio come un pesce attaccato all'amo) alle ultime decisioni prese dal narratore: vi capiterà sempre più spesso dunque di chiudere il vostro locale, dopo una mezza giornata scarsa di lavoro, senza avere la più pallida idea di quando potrete risollevare le serrande, e nel caso si verificasse questa eventualità fortunata, per quante ore e a quali (folli) condizioni.
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077 — Ancora una volta, la patata rovente viene scaricata sulle mani delle persone: più saremo zelanti nel seguire le regolette che ci piovono in testa dall'alto e più chance avremo di ricevere in cambio qualche piccolissima concessione: una visita ad un museo, un'ora e mezzo nella sala pesi di una palestra e magari, esagerando, una serata tra amici in pizzeria (senza fare troppo tardi!).
Più ci comporteremo in maniera irresponsabile, invece, e più autorizzeremo i cani da guardia che ci controllano (ma sempre a fin di bene, il nostro bene, è chiaro) a ringhiarci contro e, se si oltrepassano i limiti stabiliti, a morderci...
Si tratta, del resto, di un meccanismo ben collaudato negli anni, all'interno delle cosiddette istituzioni totali, come carceri e manicomi, dove al grado di assoggettamento dell'individuo corrisponde tutta una serie di premi, ricompense, concessioni o, nel caso contrario, punizioni e limitazioni di ogni tipo.
Il nostro triste, tristissimo Monopoli si arricchisce, nella sua versione aggiornata, di un elemento ulteriore: la zona bianca...
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[Del bastone e della carota pt.2]
078 — Non sono sicuramente io l'inventore di quel meccanismo ingegnoso quanto subdolo che prende il nome di “bastone e carota”.
La carota penzola costantemente davanti ai nostri occhi e al nostro muso asinino, un'illusione montata alla perfezione che ci aiuta a proseguire questo tortuoso cammino con il cuore (sufficientemente) gonfio di speranza: dunque chiamano zona bianca quel territorio in cui indici e parametri sono prossimi allo zero, una sorta di Eden in cui tutto magicamente ritorna alla normalità.
Anche se dalla regia si affrettano già a buttare acqua sui fuocherelli dei nostri facili e puerili entusiasmi: la nuova normalità non potrà comunque prescindere dalla mascherina e dal distanziamento sociale. Per la gioia dei produttori di mascherine.
Se un'intera regione, poi, dovesse continuare a soffriggere in una cronica situazione di emergenza, sarà esclusivamente per colpa dei disubbidienti, degli irresponsabili: facile immaginare dunque (ahinoi) uno scenario popolato da buoni e cattivi (sequel di quanto mandato in play la primavera scorsa con runner e casalinghi tra i protagonisti principali), da sceriffi, fuorilegge, spie, delatori e negazionisti. Facile immaginare il cima di odio e di profonda diffidenza reciproca che si potrebbe respirare sino, diciamo, ai mesi caldi dell'estate, con il bastone sempre in procinto di schiantarsi violentemente sulle nostre tenere schiene da asini che siamo...
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[Sul bastone e sulla carota pt.3]
079 — Per creare un incubo di queste proporzioni è stato necessario tutto un lavoro preliminare, che a tratti si è sviluppato quasi in maniera invisibile e silenziosa.
Per rendere possibile la domiciliazione forzata di migliaia e migliaia di persone contemporaneamente, serviva mettere in piedi un sistema capillare di distribuzione delle merci; per diffondere e spingere tutta la mole di regole, norme, obblighi e soprattutto divieti serviva un apparato tecnologico in grado di propagare il messaggio in maniera costante, martellante e soprattutto intima: la voce del narratore viene riprodotta, in un'infinità di modi diversi, da giornali, TV e soprattutto da quelli che ci ostiniamo ancora a chiamare telefoni cellulari ma che in realtà vengono usati per tutt'altro e non per le chiamate telefoniche.
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080 — Ridurre le nazioni, e dunque le persone, sull'orlo del fallimento economico, condizione che perdura ormai da un decennio, ha aggravato lo stato di precarietà della nostra già complicatissima esistenza su questo pianeta.
Siamo abituati, ormai, a vivere sotto la minaccia costante dell'aumento dello spread e del debito pubblico, versione aggiornata dell'antico peccato originario, grazie al quale, in passato, si è riusciti a mettere il giogo alle popolazioni di mezzo mondo.
Si comprende piuttosto facilmente, dunque, come una semplicissima sanzione pecuniaria (una multa di 400 euro) possa essere intesa da un disoccupato, da un lavoratore sottopagato a tempo determinato, da una persona che sopravvive grazie ai sussidi forniti dallo stato, al pari di una disgrazia immane.
Il timore che ci assale e ci turba 24 ore al giorno, per sette giorni a settimana, di venire intercettati, fermati e puniti, è sufficiente a ingessare, a condizionare pesantemente le nostre vite, sino a ridurci all'immobilità più totale.
È sotto la costante minaccia di una multa che abbiamo accettato, come peraltro auspicato dal narratore in tempi non sospetti, di cambiare le nostre abitudini e le tempistiche con cui soddisfiamo i nostri bisogni primari. C'è un limite di tempo entro il quale si può consumare un pasto in compagnia; c'è un limite massimo entro il quale si deve raggiungere il proprio domicilio.
È stato estirpato magistralmente, con la semplice minaccia di una multa, ogni singolo barlume residuo di disubbidienza da parte nostra.
Per comprendere meglio quanto il nostro atteggiamento sia patetico, basterebbe ricordarsi appena (senza esagerare troppo, che l'homo sapiens sapiens è un animale particolarmente esposto alla paranoia) di tutte le donne e gli uomini che nel corso della storia dell'umanità sono state bruciate vive sul rogo, ad esempio, a causa delle idee in cui credevano e che portavano avanti.
Basterebbe ricordarci appena di tutti coloro che hanno sfidato, sino all'ultimo secondo, boia e ghigliottine, proiettili ed esecuzioni sommarie, carri armati ed eserciti; basterebbe ricordarci di tutti coloro che hanno sopportato e ancora sopportano lunghissimi soggiorni nelle celle più buie e putride.
Ci sono persone che hanno barattato l'intera esistenza nel tentativo disperato, ostinato, di difendere la propria libertà di coscienza, di pensiero e di azione.
La storia del mondo è piena zeppa fino a scoppiare di storie che potrebbero servirci degli ottimi esempi, ma siamo noi che stiamo scegliendo, in fondo in fondo, di accettare tutto questo, per un motivo o per l'altro...
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081 — È soltanto nell'ultimo periodo che mi sono reso davvero conto di quanto subdola e vigliacca sia la manovra a cui siamo soggetti: sembrerà strano ammetterlo, soprattutto in un primo tempo, e soprattutto a questo punto del discorso, ma il Covid ha portato nelle nostre vite anche degli aspetti positivi.
Sembra un po' il discorso portato avanti dai più nostalgici del duce, i quali ritengono che il fascismo, al netto di alcuni passaggi sfortunati, abbia comunque contribuito ad apportare dei vantaggi alle persone, come ad esempio il cosiddetto sistema pensionistico.
Penso ad esempio allo smart-working: la possibilità cioè di svolgere le proprie mansioni lavorative comodamente dal proprio domicilio, evitando così il tormento del trasferimento quotidiano, con ovvie ripercussioni positive in termini di tempo libero.
Ci sono ex pendolari che recuperano e guadagnano anche due o tre ore in più rispetto al passato, nell'economia generale delle loro giornate: una manna dal cielo per tutti coloro che non vedevano l'ora di abbassare i livelli di ansia e stress.
Poco importa, in fondo, se il tempo che si è strappato al proprio (odiatissimo?) lavoro sia spendibile, di fatto, esclusivamente tra le otto mura che compongono il soggiorno e la stanza da letto...
Senza considerare poi che la possibilità dello smart-working era dunque già presente anche nel recente passato ma è stata attivata, sbloccata dal suo stato di latenza, soltanto grazie alla spinta fornita dall'emergenza sanitaria.
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[Sul bastone e la carota pt.4]
082 — Nello svolgere il compito per cui è stato scelto, il narratore è un vero e proprio specialista: ogni qualvolta annuncia al suo gregge nuove misure restrittive (esempio: le palestre rimarranno chiuse per altri due mesi) fa seguire immediatamente (e immancabilmente) la promessa di aiuti in denaro per le persone direttamente coinvolte dal provvedimento.
Ci sono dunque baristi che ricevono soldi per tenere i propri esercizi chiusi.
Ci sono calciatori (caso particolarmente emblematico e che coinvolge soprattutto la fascia più in vista del mondo dei dilettanti) che stando al contratto stipulato con le loro società sportive di appartenenza avrebbero guadagnato qualcosa come 600 euro al mese per allenarsi e giocare le trenta e passa partite in programma nell'arco del campionato, ma che ne ricevono 800, sotto forma di sussidio, per stare fermi e non scendere in campo.
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[Ancora sulla paura della multa]
083 — Non sono di certo l'uomo più ricco sul pianeta terra e credo sia inutile ribadire il fatto che una delle ultime cose che voglio è regalare i pochissimi spiccioli che mi passano fra le mani allo Stato (e ai suoi esattori).
Allo stesso tempo, però, almeno così mi sembra, riesco a tenere piuttosto a bada il timore di rimediare una sanzione.
Probabilmente il fatto di vivere in un piccolo paese di 7000 abitanti, con quattro sbirri in tutto operativi nella locale caserma dei carabinieri, tre agenti della cosiddetta polizia locale e una mezza dozzina di barracelli che cercano di presidiare, per quanto possibile, le vastissime campagne della zona, rappresenta un vantaggio, nel gioco delle preoccupazioni, rispetto magari alla situazione che si trova ad affrontare chi vive nell'affollamento di una grande città.
Eppure credo che la consolazione più grande che sono riuscito a trovare consista proprio nel pensare che, in realtà, ero ugualmente sanzionabile anche in passato, ben prima dunque che lo spettro del Covid si manifestasse nelle nostre vite.
Ero pesantemente sanzionabile per via di quel mezzo bicchiere di mirto, bevuto a fine cena, che faceva schizzare il tasso alcolemico oltre i limiti consentiti dalla legge.
Ero e sono tutt'ora sanzionabile per i due boccioli d'erba che ballano dentro alla mia borsa.
Ero e sono sanzionabile ogniqualvolta qualche molecola di THC finisce a spasso nel mio flusso sanguigno.
Ero e sono (pesantemente) sanzionabile per via delle molecole magiche che giacciono negli spazi più reconditi del mio domicilio.
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084 — Questo è il mio mantra.
Ero e sono un essere vivente soggetto alle contingenze, alle malattie, agli infortuni, agli incidenti di ogni tipo, ben prima e dunque a prescindere dal Covid-19.
*
085 — Oggi come ieri, dunque, le regole del mio gioco non sono cambiate più di tanto: cerco semplicemente di evitare, per quanto mi è possibile, di imbattermi e finire nelle mani delle forze del male e del disordine, che hanno semplicemente un pretesto in più per accalappiarmi, una carta in più a disposizione nel loro già nutrito mazzo...
Cerco di evitare di ammalarmi e morire in maniera troppo stupida o troppo dolorosa.
Cerco soprattutto, ed è davvero la questione più complicata di tutte a questo giro, di non impazzire troppo, di non perdere gli ultimi tre grammi e mezzo di senno e buon senso che mi sono rimasti, che sto cercando di difendere in questo folle gioco al massacro che a volte mi sembra la vita su questo pianeta...
*
[Il governo come una mamma]
086 — Mi piace pensarla così: probabilmente sono stato semplicemente sfortunato nell'imbattermi, in passato, in alcune storie particolarmente tristi, quelle stesse storie che poi in definitiva hanno contribuito a rendermi la persona che sono oggi; quelle storie che hanno contribuito a costruire, a mettere in piedi tutto il sistema delle mie idee, delle mie credenze, delle mie opinioni e, in definitiva, del modo in cui guardo al mondo, del modo in cui affronto e interpreto alcuni aspetti della cosiddetta realtà condivisa.
Probabilmente è solo per una questione di coincidenze negative se dal 2001 non mi fido, nella maniera più assoluta, dei governi e di tutti coloro che quotidianamente lavorano per tenerli in piedi...
A dire il vero, rimango particolarmente affezionato all'interpretazione della questione data da Proudhon, che circa centocinquanta anni fa dipingeva il suo personalissimo quadro della situazione con le tinte più fosche presenti nella sua tavolozza.
“Essere governato è essere, ad ogni operazione, ad ogni transazione, osservato, registrato, arruolato, tassato, timbrato, misurato, numerato, valutato, autorizzato, ammonito, proibito, riformato, corretto, punito. È sotto il pretesto della pubblica utilità ed in nome dell'interesse comune, che siamo soggetti ai contributi, addestrati, sequestrati, sfruttati, monopolizzati, soggetti ad estorsione, spremuti, ingannati, derubati.
Poi, al minimo accenno di resistenza, alla prima parola di denuncia, veniamo repressi, multati, disprezzati, molestati, rintracciati, maltrattati, bastonati, disarmati, soffocati, imprigionati, giudicati, condannati, colpiti, deportati, sacrificati, venduti, traditi; e, a coronamento di tutto, derisi, ridicolizzati, oltraggiati, disonorati”.
*
087 — Proprio per questo non riesco proprio ad immaginarmi, e non mi sto sforzando più di tanto, ad essere sincero, i vari governi (e un organismo complesso, controverso e contraddittorio come può essere l'OMS) nei panni della mammina premurosa e amorevole che a questo giro, dopo aver mandato dritti al macello migliaia e migliaia e migliaia di miei simili, con i pretesti e le giustificazioni più disparate, mirerebbe candidamente a salvarci (e liberarci) da quello che, a conti fatti (semplicemente basandosi sui provvedimenti adottati) sembra il danno più grande in cui si è imbattuto l'essere umano nel corso del suo personalissimo esilio cosmico.
Non so neppure se può essere un elemento buono e valido per confezionare la torta della consolazione, ma mi sembra quasi che gli scettici stiano, seppur lentamente, aumentando di numero. Ma ancora non basta.
Anche perchè alla guida dell'autobus che dovrebbe portarci fuori dal tunnel, lontano dall'apocalisse, c'è sempre il narratore con la sua combriccola di furbastri.
*
088 — Considerando la serie di proposte scellerate partorite (e accettate) sino a questo momento, mi stupisce davvero tanto che a qualche narratore particolarmente illuminato non sia venuto ancora in mente che il modo più sicuro per non contrarre il virus e poi per non trasmetterlo al prossimo consista nel buttarsi dentro ad un pozzo.
A condizione, è ovvio, che il salto sia eseguito con la mascherina indossata correttamente.
*
089 — In realtà, per l'inconsistenza dei pochissimi dati raccolti sino a questo momento, il vaccino che le più grosse multinazionali farmaceutiche del pianeta si stanno affannando a confezionare, assomiglia più ad un baratro senza fondo che alla soluzione del problema.
In ballo due questioni che mi sembrano cruciali e che tra l'altro non sono ancora state fissate: la prima riguarda la (presunta) efficacia del rimedio; la seconda, se si vuole ancora più grave, riguarda i (presunti) effetti collaterali che alcuni soggetti (stiamo parlando ovviamente dei casi più sfortunati) avrebbero sviluppato in seguito alla somministrazione durante la fase di test del prodotto.
*
090 — È un argomento di cui mi capita di parlare spesso, sia con i cosiddetti conoscenti, così come con gli autentici sconosciuti; il mio input alla discussione, del resto, è sempre lo stesso:
— Di sicuro non sarò io il primo della fila per la puntura.
Un affermazione che solitamente riscuote numerosi consensi, anche inaspettati, se vogliamo, considerando l'aria che tira in questo inverno freddo e scorbutico.
A quanto pare, dunque, ci sarebbe una cappa, un velo di diffidenza nei confronti del vaccino, più che altro perchè non c'è stato il tempo materiale per verificare il farmaco.
Percepisco una certa diffidenza all'idea di farsi spruzzare sottocute uno schizzo di “nonsappiamocosa”, ma di sicuro il narratore avrà i suoi metodi, le sue tecniche per convincerci del contrario...
*
091 — Dal basso di questo gennaio mi sento di dire che il ricatto sarà uno degli strumenti principali che verranno utilizzati per forzare la serratura della nostra volontà: senza vaccinati non esisterà nessuna zona bianca.
Di più: la popolazione mondiale verrà spaccata in due blocchi. Da una parte i vaccinati, che potranno godere di tutta una serie di vantaggi, tra cui l'accesso alla maggior parte degli edifici destinati al pubblico; dall'altra i reietti, i negazionisti, gli illegali, che verranno bannati fuori da scuole, sale da ballo, cinema, teatri, stadi, stabilimenti balneari, navi da crociera, ecc.
Senza considerare il fatto che servirà del tempo per fabbricare e produrre tutte le miliardi di dosi che servono per soddisfare le richieste, o meglio, per coprire l'enorme bacino delle utenze.
In un primo tempo ci si concentrerà su alcune categorie particolari (sbirri e militari, dottori e operatori sanitari, maestri, professori e giovani studenti, oltre a tutti gli over-60 del primo mondo) sino ad estendere progressivamente la proposta alla totalità della popolazione.
E nel frattempo questa fantomatica fase2 verrà dilatata, di 30 giorni alla volta, mese dopo mese, stagione per stagione...
Uno scacco matto all'intera vita dell'uomo su questo pianeta, che si consolida, che si rafforza, che trova il suo nutrimento proprio nello scorrere del tempo.
Lo scorrere del tempo che in passato ha aiutato, ha permesso all'uomo di lasciarsi alle spalle anche le tragedie più amare ma che, a questo giro, sembra un'immensa palude, le sabbie mobili su cui continueremo a sprofondare...
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092 — ...e il futuro sembra peraltro ben tracciato.
“Ciò che sino a ieri ci sembrava un'autentica follia, oggi è diventata una cosa assolutamente normale”, mi ha detto qualcuno.
E vedremo presto i segni visibili di questo mutamento proprio nei più giovani, che daranno il via, loro malgrado, a quella che mi piace chiamare la generazione indoor.
Esseri umani che nascono, crescono, vivono, si riproducono e muoiono all'interno di una stanza, proprio come se fossero piante di marijuana tirate su illegalmente dentro ad un armadio...
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093 — Scrivo le righe finali di questa lunga serie di considerazioni la mattina del 18 gennaio 2021.
Di solito il lunedì, per lavoro, mi occupo di tutt'altre questioni, ma il virus ha bloccato di fatto tutti i campionati di calcio dilettantistici sull'isola (e non solo), che è la faccenda che seguo e di cui mi occupo per raggranellare i quattro spiccioli con cui galleggio, dal punto di vista economico, sulle acque putride di questo pianeta.
Da quello che ho sentito dire in giro, il nuovo DPCM, entrato in vigore proprio nelle scorse ore, potrebbe rimanere in atto per 45 lunghissimi giorni, con lo stato di emergenza che, sempre secondo quello che ho sentito dire in giro, sarebbe ormai prorogato sino al 21 aprile. Come minimo.
Le regole del gioco, al momento, sembrano piuttosto chiare: la situazione, in ogni regione, per quanto riguarda il numero di contagi e di ricoveri, verrà monitorata costantemente.
Ogni fine settimana arriveranno dunque le disposizioni, in termini di obblighi, divieti e possibilità, per i sette giorni successivi.
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094 — In questo momento l'unica strada che mi sembra davvero percorribile, soprattutto dal punto di vista strettamente individuale, è quella della deligittimazione del narratore e, conseguentemente, della ragnatela delle prescrizioni che ha creato.
Un atto di dissociazione, un semplice saltello laterale con cui si abbandona il gruppo dei partecipanti alla farsa.
Una semplice e onestissima presa di posizione, scandita dall'affermazione: “Io non gioco più”.
Mi disconnetterò per quanto possibile da tutti gli aggiornamenti, e a prima vista mi sembra una cosa in cui riesco piuttosto bene.
La mia vita è già incredibilmente ingarbugliata, al naturale, per potermi prendere il lusso di seguire quello che mi sembra sempre di più un tristissimo e stupidissimo Risiko, con le nostre povere e misere esistenze usate come tabellone e come pedine.
I miei spostamenti, le ore che trascorrerò all'aria aperta, tra boschi, mari e campagne, non verranno assolutamente influenzati dal colore che il narratore, direttamente dal suo studio blindato, associa, di volta in volta, alla regione che attualmente mi ospita.
Un ritornello, del resto, ha già preso a girare con insistenza all'interno della mia scatola cranica: — Non ho nessuna intenzione di passare la seconda primavera di seguito tappato in casa in attesa che qualcuno mi conceda la grazia e mi renda qualche mollica di libertà.
Se l'anno scorso ho accettato di ingoiare una delle pasque (e delle pasquette) più amare di sempre, per questo 2021 ho ben altri piani e, soprattutto, ben altre intenzioni.
Se verrò intercettato e fermato da qualche esponente delle forze del male, mi sentirò autorizzato ad utilizzare l'insieme di domande, obiezioni, ragionamenti e critiche che ho coltivato durante questi mesi e che ho cercato di proiettare sulle pagine del mio quaderno.
Qualsiasi guardia si dovesse materializzare lungo il mio cammino dovrà mettere in conto di spendere diverse decine di minuti appresso alle mie scuse e alle mie idee che saranno sempre troppo poco chiare. Una sfilza di “non sapevo che...”, “non pensavo che...”, “avete ragione ma io avevo capito che...” contribuiranno a dipingermi come il più classico degli ingenui, pronto a dare il suo contributo ad una delle attività più vecchie e in voga in questo paese (ma non solo): cadere dalle nuvole...
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095 — “Non giocare più” significa pure, tra le altre cose, accettare di morire, eventualmente, anche di influenza, di starnuti, di polmonite, soprattutto senza esigere che il resto del mondo si fermi.
“Non giocare più” significa entrare nell'ottica di riprendersi, morso dopo morso, per quanto possibile, la gestione diretta della propria salute, cosa che con il tempo invece abbiamo delegato alle varie figure professionali e dunque, di riflesso, alle varie lobby che gestiscono il mercato della salute.
Che ognuno di noi, dunque, non partecipando più a questa partita, e dunque iniziandone automaticamente un'altra con regole completamente diverse, si prenda carico dei propri sintomi e dei propri acciacchi. Magari tenendo in mente che, da millenni, questo mondo offre una varietà incredibile di piante (e di principi attivi) che hanno da sempre aiutato l'essere umano a resistere all'assalto di mali e malanni, ben prima insomma dell'avvento della cosiddetta chimica farmaceutica moderna.
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096 — ...perchè il pericolo c'è, ed è concreto.
Il pericolo concreto che il virus (e più che altro l'emergenza scoppiata con questo pretesto) stermini non tanto la razza umana, quanto le attività culturali e sociali faticosamente messe in piedi in più di 2500 anni di storie ed evoluzioni varie: musica dal vivo, cinema e teatri, musei e viaggi, sino agli elementi minimi che poi, di fatto, compongono le nostre inter-relazioni: chiacchierate faccia a faccia, smorfie e sorrisi, baci, abbracci, carezze e strette di mano.
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[Sugli imminenti sviluppi futuri]
097 — Negli ultimi 200 anni, ed in particolare dal secondo dopoguerra in poi, la nostra socialità si è sviluppata all'interno di percorsi e ambiti ben determinati.
Con bar e locali vari messi attualmente sotto scacco (sono veramente in pochi, a questo giro, coloro che sembrano intenzionati a opporre resistenza o a trasgredire alle regole, anche per via di multe che, per il loro ammontare, possono risultare fatali), sarà necessario incominciare, ed in tempi brevi, ad immaginare, quanto meno, nuove modalità per esprimere la nostra presunta socialità o, meglio, ciò che ne rimane.
Una sorta di balzo all'indietro necessario per continuare a sopravvivere, nel presente, e per avere anche e solo altre quattro pagine da riempire con le nostre storie, nell'imminente futuro prossimo...
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098 — [Ultimissima considerazione: uno sguardo quanto più lucido possibile sulla situazione]
Come già detto in abbondanza, ci sarebbe potuto capitare molto di peggio: saremmo potuti essere arruolati per combattere la terza guerra mondiale, passando così il tempo a spararci l'uno contro l'altro con un mitra, senza nessun motivo valido.
Ci sarebbe potuta piombare addosso una nuova forma di peste bubbonica, o di lebbra, ed invece gli angoli delle nostre strade non sono gonfi di pile e pile di cadaveri da seppellire.
Non c'è nessun esercito nemico nelle vicinanze che può raderci la casa a colpi di cannone, così come, per il momento, non ci sono soldati ad imporci con la forza delle armi gli arresti domiciliari.
Le multe, da che mondo e mondo, possono anche essere ignorate (e non pagate) perchè, in ogni caso, quando avremo finalmente raggiunto i soffici prati dell'aldilà perderanno il potere coercitivo che hanno su di noi.
Per quanto riguarda la paura della morte, invece...che ognuno cerchi di farsene una ragione.
E che ognuno di noi si trovi un appiglio abbastanza stabile a cui aggrapparsi, nel frattempo che il mare in tempesta si manifesta in tutto il suo impeto...
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