23/10/2020 – Preludio o premessa, che dir si voglia
Inizio a buttare giù le seguenti righe esattamente dieci anni dopo la partenza di uno dei miei migliori amici, seduto di fronte a quello che, per circa otto anni, è stato il mio ufficio, la rampa di lancio per i miei viaggi astrali.
Probabilmente una delle ragioni che mi ha portato, mi ha spinto a dedicarmi con tale intensità e perseveranza ai viaggi è stata la sua mancanza, quel buco che ho cercato di colmare con le esperienze psichedeliche. Il mio pensiero vola da lui, dovunque si trovi.
Cercherò nuovamente rifugio tra le pagine bianche del quaderno; cercherò di condensare tutte le mie energie, quelle fisiche così come quelle nervose e psichiche in generale, sulla punta della matita.
Oggi si apre un capitolo nuovo: posso percepire l'eccitazione che fa da preludio ad ogni inizio. Ora devo semplicemente ritrovare un certo erotismo, una sorta di pulsione libidinosa per la grafite e per questi fogli, che non aspettano altro che di essere riempiti.
Dedicherò a queste pagine tutto il tempo che riuscirò a sottrarre a quel mostro leviatanico che è il mio lavoro, tutti i momenti di calma in cui riuscirò a starci dentro senza l'aiuto della mia fidata alleata.
Dovrò diventare un vaso vuoto per accogliere il flusso che, come un dono o una maledizione, cola sopra le carni del cervello. Succo così dolce e amaro allo stesso tempo, estasi e martirio...
*
...ed ogni volta, puntualmente, mi chiedo perchè lo faccio: per soddisfare un bisogno forse?
Io che sto cercando di cancellare via ogni traccia di bisogno dalla mia esistenza.
Nessun bisogno degli altri, nessun bisogno di conforto né di incoraggiamento.
Nessun bisogno impellente di condividere i miei pensieri a tutti i costi.
Il processo in realtà segue dinamiche piuttosto semplici, fisiologiche: la scatola cranica si affolla di pensieri ed i pensieri premono sulle pareti della scatola cranica; la pressione aumenta, tanto che sulla superficie appaiono le prime crepe. A quel punto c'è soltanto una cosa da fare, e pregare che il dolore cessi non è un rimedio.
Posso solo provare ad evacuare quell'ammasso scuro e compatto, via, fuori, sino all'ultimo pezzo, sino a quando non mi sentirò di nuovo vuoto, sfinito, vinto...
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Dichiarazione d'intenti \ Ovvero: sul menù
È come se mi trovassi davanti a tre grandi serbatoi, tre grossi recipienti tematici.
Il primo riguarda, ancora e purtroppo, lo stranissimo dramma rappresentato dalla pandemia causata dal cosiddetto Covid-19, una questione che va ormai avanti da quasi un anno e che sembra tutt'ora lontanissimo dal suo epilogo, anzi, proprio in queste ultime ore, da più parti, arrivano segnali allarmanti non tanto per la situazione che ci troviamo ad affrontare dal punto di vista strettamente sanitario, ma quanto per i provvedimenti che chi ci governa sta pensando di adottare, ahinoi, per porre rimedio al danno.
Il secondo, invece, riguarda una vecchia promessa che feci, circa cinque anni fa, a me stesso e soprattutto ad un mio amico che all'epoca risultava particolarmente coinvolto nella faccenda.
Ogni anno, infatti, da un po' di tempo a questa parte, sull'isola in cui vivo vengono sequestrate dalle forze del (dis)ordine, e poi distrutte, (decine di) migliaia e migliaia e migliaia di piante di marijuana; sembra, stando ai fatti, e ai dati, che la piccolissima porzione di mondo che mi ospita sia particolarmente adatta, prevalentemente per una questione di condizioni meteorologiche e di spazi a disposizione, per questo tipo particolare di coltivazione.
Anziché valutare questa risorsa in termini economici e occupazionali (come accade già in diverse realtà), chi ci governa si ostina a reprimere sia la coltivazione e la diffusione e sia, in un certo senso, anche il consumo.
È vero: il clima profondamente ostile che si respirava un tempo attorno attorno alla pianta in questione, in pieno accordo con quella che è stata definita un'autentica guerra alle droghe, processo incominciato ormai quasi cinquant'anni fa in tutto il mondo, si è affievolito: ad essere demonizzata ora, non è tanto la pianta della marijuana, quanto uno dei suoi principi attivi più importanti: il THC.
Il terzo serbatoio verrà destinato agli appunti e alle considerazioni suggerite da alcune ricerche che sto portando avanti a proposito di quella scienza antichissima che prende il nome di alchimia. Tenterò quindi di gettare le basi, le premesse per una teoria delle relazioni inter-personali basate su principi chimici e alchemici.
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