001 — Alla casa farmaceutica non interessa affatto se il cliente finale del suo prodotto legge, o non legge, il bugiardino allegato nella confezione.
L'ignoranza non è concessa; gli effetti collaterali vanno messi abbondantemente in conto.
Poco importa, alla casa farmaceutica, se il consumatore ingolla le pillole come se si trattasse di caramelle, con sprovveduta leggerezza.
Il bugiardino che accompagna il farmaco è ben diverso da una raccolta di poesie o da un romanzo a tinte rosa. Presenta tutta una serie di termini tecnici, dal significato spesso inespugnabile.
Proprio per questo, altrettanto spesso, l'utente preferisce affidarsi alle competenze, al parere del proprio medico di fiducia: sarà quest'ultimo a monitorare i risultati che il farmaco produce sul nostro corpo; sarà lui a prendersi carico, con la nostra autorizzazione, di tutte le conseguenze, comprese quelle più spiacevoli.
Deleghiamo al medico la gestione totale del nostro rapporto con il farmaco.
Il testo stampato sul bugiardino, del resto, è così denso, a tratti incomprensibile, inquietante e minaccioso: a chi mai verrebbe in mente di intrattenersi con simili questioni?
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002 — Che ingenuo son stato, a pensare che pubblicare sul cyber spazio il mio personalissimo bugiardino emorragico (ringrazio pubblicamente la gentilissima S. C. per aver coniato il termine) mi avrebbe salvato da tutta una serie di rischi e di contrattempi vari nelle relazioni con il prossimo. Considerando, poi, le mastodontiche energie che ci sono in ballo nelle cosiddette interazioni interpersonali, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno sono i fraintendimenti.
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003 — Una delle cose che più mi colpisce di C. sono i suoi grandi occhi blu: sembra che qualcuno ci abbia ficcato dentro il mare.
C. è stata una delle primissime persone con cui sono entrato in contatto dialettico\emozionale in quella che considero la mia nuova vita.
Possiede una qualità rara: grazie alle sue domande, sempre precise e ficcanti, riesce a cacciarmi fuori dalla testa e dalla bocca le verità più intime e profonde.
Raramente ho incontrato una persona con l'audacia di C.: che folle che è, penso tra me e me stesso con un pizzico di preoccupazione, a voler trascorrere più di 72 ore in mia compagnia, senza soluzione di continuità.
Spero che sappia sufficientemente bene a cosa sta andando incontro. È quello che mi auguro, almeno, con tutta l'intensità di cui sono capace.
Non appena attacco con l'ennesima curiosità da soddisfare, quando mi butto a capofitto nell'ennesimo discorso, ho quasi paura che il cervello possa iniziare a colarle giù dal naso, una pappetta grumosa, come muco.
Per fortuna dimostra subito di avere le spalle larghe; sa reggere all'urto, almeno così mi pare, e quando si rifugia dietro la trincea dei suoi silenzi, io quasi mollo la presa.
Concedo giusto una tregua, una sospensione temporanea. Una parentesi fragile di calma.
Prima del nuovo assalto.
Del resto, mi ripeto, non posso tradire la mia natura, la mia essenza: la funzione di un esercito, in un campo di battaglia, è chiara ed inequivocabile...
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004 — La voce recita il solito mantra, sino allo sfinimento.
Non posso fare altro che assecondarla: del resto sono proprio io che vado a bussare alla sua porta...
— Forza, ripeti assieme a me, ancora una volta — mi sussurra in maniera estremamente seducente.
«Io sono una molecola, mi muovo dentro alle grosse arterie del sociale in maniera non convenzionale.
Un corpo anomalo, che si perde, si confonde tra i flussi delle vostre vite, nelle strade delle vostre città.
Posso risultare un elemento alieno, incompatibile con tutto il resto, silenzioso, invisibile, ma allo stesso tempo posso combinarmi con la coscienza di ciascuno di voi.
Mi nutro delle vostre paure, le divoro, poi le rigurgito, le restituisco all'universo. La mia gioia più grande consiste nel liberarvi da quello che non volete, che non sopportate più».
— Forza, ripeti assieme a me, ancora una volta —.
«Io sono una moneta: su una faccia c'è incisa una G e una F. Sull'altra una F e una P.
La G e la F stanno per Guerriglia Filosofica: ragion d'essere, attitudine, mentalità.
Una sfida sempre aperta ai giochi di prestigio del potere. Alle menzogne. Alle scuse. Agli alibi.
Guerriglia Filosofica è stare al mondo con atteggiamento perennemente attivo, pronto a sfruttare ogni contatto utile per abbassare il ponte levatoio e iniziare con l'irruzione nella biografia dell'altro, nella sua storia personale.
Filosofia Psichedelica è campo d'indagine e, allo stesso tempo, strumento non ortodosso di ricerca.
Il tentativo di comprendere quanto, e in che modo, le varie sostanze psicotrope (sia quelle naturali che quelle derivate da sintesi chimica) abbiano influenzato e alimentato il pensiero dell'uomo, le sue intuizioni e, nello specifico, quella clamorosa architettura concettuale che viene generalmente chiamata Filosofia Occidentale.
Prendendo a prestito le parole di Mircea Eliade, contenute nel suo "Tecniche dello yoga", Filosofia Psichedelica è il tentativo di "penetrare nelle regioni inaccessibili all'esperienza normale, il prendere possesso di zone della coscienza e di settori della realtà restati, fino a quel momento, per così dire, invulnerabili".
Filosofia Psichedelica è il tentativo estremo di ri-legittimare una pratica analitica caduta in disuso, ma che potrebbe clamorosamente vivere una seconda giovinezza.
Filosofia Psichedelica è un approccio peculiare nei confronti delle altre totalità psicofisiche.
Chi si imbatte in me, si imbatte inevitabilmente nella moneta».
— Forza, ripeti assieme a me, ancora una volta —.
«Io non attacco bottone. Io piazzo gli esplosivi.
Mi spingo in profondità, verso le regioni più oscure e inesplorate della vostra anima.
Una volta raggiunto l'obbiettivo, posiziono l'ordigno, il dubbio, il tarlo.
Io sono la domanda scomoda che nessuno (tanto meno voi) ha mai osato porvi. L'interrogativo imbarazzante, sfacciato, sfrontato. Non agisco nè in cambio di doni o di ricompense, nè in cambio di applausi e complimenti.
Una volta piazzato l'esplosivo, esaurisco il mio compito, mi giro di spalle, abbandono la scena, procedo dritto e sparisco senza tentennamenti.
Mi godo il fragore della deflagrazione: il suono dei muri che si frantumano in milioni di frammenti e schizzano in tutte le direzioni.
E dopo l'esplosione, i vostri lamenti di dolore, di disappunto.
Arrivate quasi a maledirmi, ne sono consapevole, per il mio intervento non richiesto.
Ma a volte, di tanto in tanto, percepisco pure l'urrà di chi, attraverso quel grosso squarcio apparso, quasi per caso, sulla parete della cella, inizia a respirare aria nuova e, magari, sogna la sua personalissima evasione».
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