Sui ricordi, sull'afflizione e sull'auto-annullamento
[...sui poteri dell'immedesimazione: ancora sui rinchiusi dentro alle celle...]
010 - L'immaginazione, almeno per chi la sappia curare e preservare a dovere, è simile ad un albero che produce, in continuazione, un'infinità apocalittica di frutti, ora dolcissimi e ora anche amari e velenosi. La capacità di immedesimarsi nelle situazioni più disparate è sua figlia legittima, diretta conseguenza.
Basta poco, a dire il vero, per assaggiare gli spettacolari effetti che la reclusione solitaria produce sulla nostra totalità psicofisica.
La ricetta del dottor Schopenhauer, incapsulata dentro ad un banale documento Open-Office, riposa ancora, a distanza di due anni, sul lato destro del mio desktop. Contiene, a portata di doppio click, tutte le indicazioni per mandare in stand-by l'intero sistema.
Chiudere la porta della propria personale cella, a doppia mandata.
Denudarsi e stendersi, a tempo indeterminato, sul pavimento duro e sporco.
Eliminare cibo e acqua, sino a raggiungere il limite.
La negazione della volontà di vivere viene conseguita attraverso la soppressione dei propri istinti vitali, compreso, ovviamente, l'impulso sessuale.
Fino al raggiungimento del puro nulla, assicura il filosofo tedesco sponsorizzando il suo 'misticismo ateo'. (Una posizione che lo stesso Schopenhauer, è giusto sottolinearlo, avrebbe sensibilmente ammorbidito in seguito).
Niente di originale, sia chiaro, niente di nuovo rispetto a quanto teorizzato e messo in pratica dalle varie scuole ascetiche orientali, prevalentemente di taglio buddista ed induista.
Si tratta di una vetta inaccessibile ai più, ma è un percorso che comunque esiste, e può essere praticato. Già dopo le prime ore di trattamento, il mondo cambia aspetto, muta nei suoi significati.
Così accade con il corpo: ogni bisbiglio di malessere, di disagio, viene zittito sul nascere. Sino al più totale silenzio. Sino alla rinuncia di se stessi.
Perché farlo? Perché sfiorare il cadavere gelido della pazzia con dita insolenti e impenitenti?
Per amore della ricerca, forse; giusto per vedere che succede.
O per curarsi, attraverso la mortificazione dell'ego, da un dolore improvviso e incontrollabile.
*
[...Dei bei ricordi vennero a mitigare i miei pensieri, ricordi dei quali, a poco a poco, con il trascorrere del tempo alcuni svaniranno e altri si consolideranno...]
011 - Cumuli, montagne di ricordi; destinati a crescere nel tempo per poi, magari, svanire, di colpo nel nulla. Ci sarebbe davvero poco di cui sorprendersi. Perché gli archivi della memoria sono soggetti, proprio come tutto il resto, a corrompersi, a degenerare, magari sotto i colpi impietosi del morbo di Alzheimer o di qualche forma di demenza senile più o meno precoce.
Spesso affiorano alla superficie della coscienza in maniera quasi autonoma, contro la mia volontà.
Così mi sorprendo a camminare per la strada, con una smorfia di dolore appesa sulle pareti semi-molli della faccia. Una moviola crudele che si concentra sullo stesso sbaglio, sullo stesso dettaglio, in loop, per decine, centinaia di volte.
Oppure mi sorprendo a cullare un sorriso, con gli occhi che fissano un punto immaginario e brillano languidi nel rivivere, ancora, la stessa scena, ormai andata, che mi ostino a tenere in vita, quasi fosse la cosa più importante che ho.
Capita soprattutto quando non riesco ad apprezzare a sufficienza un presente troppo arido per essere abitato.
Nei momenti di emergenza fisica e psichica i ricordi rappresentano un valido alleato: aiutano ad insistere, ad avvicinarsi al limite di sopportazione e, magari, permettono di andare oltre. Tutta questione di tecnica.
Non esiste — si legge nel mio manuale di automedicazione — pensiero di maggior successo di un pensiero felice. Un antidolorifico fai da te a buon mercato. Il rischio, così come per le medicine e le droghe in generale, è l'abuso.
L'effetto positivo dei ricordi rischia di diminuire progressivamente; la beffa più grande, in tanti si sono premurati di metterci al corrente del pericolo, è quella di rimanere per sempre intrappolati nel proprio passato, incapaci di accogliere e lasciare spazio ai nuovi sviluppi.
*
[...ancora sulla solitudine e sul vuoto: la perdita del proprio senso...]
012 - E' una lezione vecchia quanto il mondo, ma non la si ripeterà mai abbastanza.
Scopri il valore esatto delle cose, delle persone, degli affetti, nel momento in cui queste non ci sono più. L'importanza di un altro cuore che batte accanto al tuo, di una parola di conforto, di un confronto su un argomento qualsiasi. Diamo per scontate, termine orribile che rimanda alla miseria subdola dei discount, tutta una serie di aspetti che, invece, galleggiano, proprio come il resto, in una pozzanghera di contingenze.
Allo stesso tempo può capitare che il castello ordinato delle tue convinzioni venga scosso dal profondo. Ti accorgi all'improvviso di quanto siano futili, talvolta controproducenti, gli aspetti della realtà a cui ti sei aggrappato, nell'illusione reiterata che fossero davvero la cosa più essenziale.
**
[...tentativi di auto-analisi. Ancora sugli effetti della solitudine...]
013 - Azzerare bruscamente tutti gli input che provengono dall'esterno può favorire il processo di auto-analisi: in assenza di distrazioni è più semplice calarsi nel profondo di noi stessi per comprendere chi siamo e cosa vogliamo realmente.
Oscilliamo, in un moto paranoico e continuo, tra due dimensioni: il bisogno ossessivo degli altri, è una fortuna poter godere del supporto del prossimo, contro la sete di libertà e indipendenza assoluta che solo un procedere autonomo e individuale può garantire.
Morale della favola: non si è mai e poi mai soddisfatti per davvero, con un senso costante di mancanza che ci insegue, sia nello stato di veglia che durante il sonno, come una belva feroce.
Ha tutta l'aria di una condanna.
Secondo alcuni, questa incomincia nel momento esatto in cui viene reciso il cordone ombelicale. Perdiamo contatto, per sempre, con la totalità originaria dalla quale proveniamo e iniziamo una vaga e disperata ricerca dell'elemento mancante del puzzle.
Una voragine.
Che ci aspira con la stessa prepotenza di un buco nero.
Insoddisfazione cronica, perenne.
Affamata, incatenata, maltrattata.
*
[...tentativi di auto-analisi, pt.2]
014 - Una riga verticale tracciata nella metà perfetta di un foglio bianco: nella parte sinistra trovano spazio bisogni e velleità; in quella destra le cose che custodiamo gelosamente e che vorremo non sparissero mai.
Noi siamo quella linea in mezzo al foglio: può capitare di affrontare un momento in cui dobbiamo bastare a noi stessi; in equilibrio tra due baratri identici nel loro essere vuoti.
Sublime, alienante incertezza.
Ed è proprio all'apice dello sconforto, disorientati sotto un cielo scuro, che germoglia la voglia di vedere, come in una partita a carte, come andrà a finire.
Per capire davvero se il mondo riesce a colpire più forte di quanto ha fatto sino ad ora.
*
[Afflizione: stato d'animo cagionato da dolori, specialmente morali e spirituali].
015 - Non esiste un vaccino valido, né riparo abbastanza stabile e sicuro, per scampare alle grinfie dell'infelicità. Esiste, questo sì, la spregiudicatezza di resistere, come martiri, di fronte al dolore. Ciechi di fronte ad un destino incomprensibile.
L'universo non è una slot-machine, non c'è nessuna leva da tirare e la combinazione vincente, la aspettiamo con impazienza tutta moderna, potrebbe tranquillamente non verificarsi mai.
Raggiunto lo zenit, il punto di massimo splendore, dovremmo essere sempre in guardia, pronti per il suo opposto, il nadir.
A pensarci bene, non mi pare che qualcuno, al mio arrivo, mi abbia assicurato una permanenza serena, una navigazione tranquilla e priva di intoppi.
In questo senso, la distribuzione delle pene segue un processo estremamente democratico.
La sofferenza ha mille radici, piantate in profondità nel vasto campo dell'umanità.