[I miei due centesimi sulla questione]
088 — Come ho già avuto modo di scrivere in precedenza, sono venuto a conoscenza per la prima volta in vita mia dello Yagè attraverso le pagine de Il pasto nudo di Burroughs, quando stavo per concludere gli studi al liceo, tra il 1999 e il 2000: è da quel preciso momento che nasce in me la convinzione che prima o poi sarei entrato in contatto anche io con la sostanza, ma senza poter sapere con precisione il quando.
Da quello che si evince sbirciando nella sua pagina su Wikipedia, in quegli anni Amselle si stava occupando di questioni come l'etnicità, l'identità e l'ibridismo, ma portava avanti anche studi sulla cultura e sull'arte africana contemporanea, oltre che su multiculturalismo e il post-colonialismo e la subalternità.
Nel frattempo che lui conduce le sue brave ricerche sul campo in Mali, Costa d'Avorio e Guinea, io parto, subito dopo aver conseguito il diploma di maturità, per un viaggio in treno in lungo e in largo per l'Europa settentrionale e la Scandinavia. Dopo tre giorni e tre notti arrivo nella città di Copenaghen e dunque nel quartiere libero di Christiania, dove una santa donna, in cambio di una (davvero) modica cifra, mi mette in mano una manciata di funghi allucinogeni, o magici, o sacri, che dir si voglia.
Nel 2004 vado per la prima volta in vita mia ad Amsterdam per cercare di capire meglio la questione legata ai funghi, considerando che nella capitale olandese vengono venduti liberamente nei cosiddetti smart-shop; nel 2006 una delle persone di fatto più influenti nella mia intera esistenza mi inizia all'uso dell'LSD.
Nel 2007 ritorno ad Amsterdam, ancora per cercare di saziare la mia curiosità in materia di funghi e sostanze psicotrope.
Nel novembre del 2010, a distanza di un mese da uno dei lutti più dolorosi che ho affrontato in questa vita, inizio la mia personalissima terapia psichedelica con l'LSD, così almeno la definisco, mandando in play, come se si trattasse di una terapia medica a tutti gli effetti, un'esperienza ogni novanta giorni circa.
Nel dicembre del 2012 (proprio l'anno in cui Amselle conclude le sue ricerche sul campo in Perù) vado ad Amsterdam per la terza volta, assieme ad una delle persone che più amo in assoluto: la fatidica mattina, poiché la città è sepolta sotto la neve, con il clima piuttosto rigido (soprattutto per uno, come me, abituato alle mitezze della Sardegna), decidiamo di rifugiarci presso l'orto botanico e, nello specifico, nel padiglione dedicato alle piante tropicali, che è quello dove c'è la temperatura più dolce: è così che mi ritrovo, con lo stomaco farcito con quaranta grammi di tartufini alla psilocibina (che è il principio attivo presente nei funghi sacri, nel frattempo dichiarati illegali), seduto assieme al mio socio su di una panchina in legno, di fronte ad uno splendido esemplare di Banisteriopsis Caapi, comunemente chiamato Yagè: come già detto, la corteccia della pianta in questione si utilizza per preparare l'Ayahuasca.
Nel 2013 torno ad Amsterdam, assieme a quella che considero la mia vecchia famiglia, ovvero le cinque persone che mi hanno accompagnato ed aiutato ad arrivare a questo punto della storia, per andare, tutti assieme appassionatamente, in gita dall'altra parte dello specchio...
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[Se la montagna non viene a Mamometto, Maometto va alla montagna]
089 — Con l'avvento della globalizzazione, che per una mera questione di comodità possiamo far risalire al 2000-2001, le merci (e dunque le varie materie prime) incominciano a schizzare da una parte all'altra del pianeta terra, secondo la logica dialettica produttore – consumatore, che regola i flussi di scambio.
Questo significa (come riconosce peraltro anche Amselle, riferendosi ad un articolo specifico come l'Ayahuasca) che, volendo, si può assaporare comodamente a casa propria, in un monolocale nel centro di Milano così come a Berlino, una prelibatezza tipica di una zona del pianeta distante migliaia e migliaia di chilometri: vale per le fave di cacao tostate che arrivano dalla Colombia, così come per i fiori e i semi di Ruta Siriana, pianta originaria della regione orientale delle Indie.
Questo significa, dunque, che si può fare comodamente un'esperienza con una droga esotica stando comodamente in un appartamento in una qualsiasi metropoli occidentale.
Allo stesso tempo, se fino a venticinque-trent'anni anni fa l'unico modo per incontrare un curandero messicano (come ha fatto il già citato Watson) era quello di recarsi a casa sua, nei nostri fantastici tempi moderni è lo stesso curandero che sale su un aereo di linea e si sobbarca il volo trans-oceanico da parte vostra, materializzandosi direttamente nel salotto della vostra abitazione per offrirvi, dietro modico compenso, tutti i suoi servizi e l'assistenza.
Nei primi anni 2000 poi, e possiamo considerarla la classica ciliegina sulla torta, si assiste all'esplosione del deep-web (dark-net per i meno romantici) dove tutti coloro che sono interessati all'universo delle droghe possono entrare direttamente in contatto con le sorgenti principali del pianeta e con i distributori più scaltri ed affidabili.
Amselle fa centro quando afferma che ormai non è più necessario accollarsi viaggi avventurosi e dispendiosi al fine di buttarsi in pancia una mezza tazzina di Ayahuasca, come aveva dovuto fare, a suo tempo, nonno Burroughs.
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[I miei due centesimi sulla questione pt.2]
Psicotropici, il saggio in oggetto scritto da Amselle viene pubblicato per la prima volta in Francia nel 2013.
Nel gennaio del 2014 entro a far parte di una delle community sul deep-web più grandi, più solide e, ad oggi, più longeve: tra i vendors* c'è, ovviamente, più di un'anima buona che si mette a disposizione per farmi arrivare qualche buon grammo di DMT.
Seguendo la rotta tracciata nel XIV, XV e XVI secolo dagli alchimisti di scuola europea, l'uomo bianco ha imparato ben presto a strappare l'anima dai vari composti, ovvero, ad estrarre il principio attivo dalle varie sostanze naturali.
La DMT, nello specifico, è il principio attivo responsabile delle allucinazioni in quella pozione magica chiamata Yagè, e dunque nell'Ayahuasca.
Del resto, nella lettera del 15 aprile, sempre nel 1953, Burroughs scriveva a Ginsberg: «Estrarre gli alcaloidi dello Yagè dalla liana, secondo le istruzioni fornitemi dall'istituto, è un procedimento relativamente semplice. Le mie esperienze con lo Yagè estratto non sono state conclusive. Non vedo né i lampi azzurri né alcun pronunciato acuirsi delle immagini mentali. Ho notato degli effetti afrodisiaci. L'estratto mi fa venire sonno mentre la liana fresca stimola e la dose eccessiva è un veleno convulsivante».
È ovvio come dal 1953 al 2016, e dunque sino ai giorni nostri, la chimica (pure quella nella sua versione alternativa-non ufficiale) abbia fatto dei passi da gigante in questo senso: il cristallo di DMT presente nel mercato (nero e virtuale) ha una purezza ed un'efficacia altissima; consumato principalmente per via aerea (fumato con una pipa in vetro o vaporizzato) e per via orale regala flash ed effetti tra i più intensi e potenti, senza la seccatura rappresentata dalle vomitate (vale soprattutto per noi occidentali dallo stomaco facilmente scandalizzabile) che, invece, risultano parte integrante (e fondamentale) in una seduta classica con l'Ayahuasca, tanto che le genti che la utilizzano in modo tradizionale chiamano la bevanda sacra, tra gli altri, la Purga.
NB: vendors è il modo in cui vengono appellati coloro che quotidianamente sfidano le polizie postali ed informatiche di tutto il pianeta per fornire ai disperati come me tutti i farmaci di cui necessitiamo per curare le ferite provocate dallo stare in questo mondo che, a volte, non è altro che un vero e proprio merdaio.
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091 — Per una mia scelta precisa, ho deciso di fare prima l'esperienza con l'Ayahuasca, in modo tradizionale dunque, e solo in seguito mi sono dedicato e concentrato sull'uso e gli effetti del cristallo della DMT, nella sua versione pura.
Il mio matrimonio con la bevanda sacra va in scena a cavallo tra la fine del mese di settembre e i primissimi giorni del mese di ottobre del 2016, presso una piccola ma graziosa villetta in un noto quartiere residenziale nei pressi del lungomare della città di Cagliari.
Colui che ha cucinato l'infuso e ci ha assistito nelle due notti di esperimenti è un ragazzo messicano, più giovane di me di una decina di anni, che vive per diversi mesi dell'anno a Berlino.
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092 — La prima seduta, per quanto mi riguarda almeno, non è stata proprio spettacolare (come ogni prima volta che si rispetti, del resto...): la bevanda sacra, infatti, è sgattaiolata letteralmente fuori dal mio stomaco dopo qualche decina di minuti e non ho avuto molta più fortuna con la seconda tazzina bevuta durante la stessa nottata. L'unica idea che mi ero fatto la sera è che l'Ayahuasca non fosse uno sciroppo adatto per noi occidentali...
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093 — La notte seguente, però, mi sono presentato all'appuntamento animato da una determinazione ben maggiore (mi stupisco, quasi, di quanta ostinazione posso metterci nelle faccende che davvero mi stanno a cuore...), con il chiaro intento di trattenere la pozione magica in pancia per almeno una mezz'ora, in modo da dare tutto il tempo alle pareti dello stomaco di assorbire i principi attivi.
Credo, in sostanza, che sia tutta una questione di tecnica: nonostante le bordate di nausea, intensissima, che si ripetevano a cadenze regolari, come una pulsazione, ogni due-tre minuti, sono riuscito ad allontanare il mio pensiero dalla pancia e, semplicemente, l'ho concentrato, l'ho condensato su altro...e devo dire che ha funzionato piuttosto bene, nonostante non sia stato per nulla facile.
Come M. ha iniziato a suonare il suo tamburo, la pozione si è gentilmente catapultata fuori dal mio organismo, regalandomi, paradossalmente, una strana sensazione, molto fisica ma ben percepibile anche sul piano psicologico, fra la catarsi e la purificazione...non si è trattato di un momento affatto traumatico o spiacevole, anzi...tutto il contrario...e da lì in poi...le visioni...
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[I miei due centesimi sulla questione, pt.3]
094 — ...oltre ad aver ricevuto alcune illuminanti indicazioni pratiche su come gestire e modulare il rapporto con mio padre, a dir poco conflittuale dai miei diciotto anni in poi, nelle ore immediatamente successive all'assunzione della bevanda ho assistito a due autentici stravolgimenti che riguardavano direttamente due condizionamenti piuttosto profondi con cui facevo i conti, ancora in età abbondantemente adulta, sin dalla mia più tenera infanzia.
Il primo è legato alla repulsione, quasi innata, per gli scarafaggi, cosa che credo mi abbia trasmesso mia madre, che entrava letteralmente nel panico quando ne vedeva uno, anche a distanza di metri. Sino al giorno X entravo facilmente e rapidamente nel panico io pure, ricalcando in pieno, in questo senso, la reazione di mia madre.
Due giorni esatti dopo la mia seduta con l'Ayahuasca, mentre mi asciugavo il corpo al termine della doccia, sento un leggero formicolio sul dorso del piede destro e con mio grande stupore noto un bello scarafaggio, marrone e ciccione, proprio sulla mia zampa.
La prima reazione sarebbe stata quella di schizzare, letteralmente, in aria e sciogliermi tra le mie stesse urla. Invece, con mio grande stupore, ho mantenuto una calma profondissima (come se provenisse da una fonte, da un'origine sconosciuta) e con un movimento calibrato e leggerissimo ho fatto in modo che quell'insetto scendesse in terra e poi, sempre animato da una calma strana (per i miei standard) quanto profonda, l'ho sistemato sulla paletta dei rifiuti con dei colpetti gentilissimi con la scopa e l'ho accompagnato, vivo e vegeto (parlo dello scarafaggio ovviamente) nello spazio aperto del cortile, per consegnarlo, libero, al mondo.
Dal giorno non ho avuto nessun tipo di problema con nessun scarafaggio, anzi sembra quasi che fra me e quegli esseri sia nata una sbalorditiva intesa (sbalorditiva considerando la situazione di partenza): ormai sembra che basti davvero pochissimo (nessun ricorso alla violenza e neppure un grido o un sintomo di disagio da parte mia) per convincerli a salire, quasi di loro spontanea volontà, sulla paletta con la quale li riconsegno al mondo.
Il secondo è legato ad una malformazione della mia cavità orale, causata, così mi dissero, da un ciuccio troppo morbido di cui facevo uso in tenerissima età e che mi ha provocato, a furia di succhiarlo, un allungamento del palato, per l'appunto, con la mandibola superiore che si è spostata in avanti, con il passare del tempo e delle succhiate, di quindici millimetri. Per riportare le due arcate in parità ho dovuto tenere in bocca (appiccicato ai denti) un'apparecchiatura odontoiatrica dolorosissima, oltre che estremamente antiestetica, per circa cinque anni. Conclusa la correzione forzata, tuttavia, il mio palato è rimasto estremamente sensibile, condizione che durava sin da quando ero un bambino molto molto piccolo, tanto che mi risultava veramente, veramente difficile mangiare e soprattutto deglutire qualsiasi cibo dalla consistenza scivolosa, che puntualmente mi procurava un conato, come se si trattasse di un riflesso incondizionato.
Se è vero che sono riuscito a ingoiare le prime cucchiaiate di budino e créme-caramel dopo innumerevoli tentativi, e solo quando ormai ero un adolescente, e comunque con un certo senso di disagio, seppur latente, è vero anche che non ero mai, mai, mai e poi mai riuscito ad andare d'accordo con il frutto principe in termini di viscidità: il cachi.
Per mia madre era un'autentica prelibatezza, per me il simbolo della repulsione, tant'è che a fatica ne tolleravo anche e solo la vista di qualcuno che lo mangiava.
Esattamente quarantotto ore dopo la prima assunzione dell'Ayahuasca, incontro J. ad un mercato di produttori locali di frutta e verdura, ed il mio amico mi mette un cachi tra le mani: non chiedetemi come sia possibile, ma dopo averlo sbucciato ho iniziato a prenderlo letteralmente a morsi, quasi senza accorgermene, quasi senza badarci, come se fosse una consuetudine consolidata, nonostante il frutto fosse piuttosto maturo e, dunque, bello scivoloso.
Non chiedetemi come sia possibile, ma da quella sera, dal tre ottobre del 2016, il cachi è diventato uno dei frutti che preferisco di più in assoluto, anche quando è così maturo da essere, praticamente, spappolato...
Non chiedetemi come sia possibile, perchè dovrei per forza di cose rispondervi: tutto merito dell'Ayahuasca...