025 — Mi permetterò di rubare a Kaveh e al suo Fare di tutta l'erba un fascio gli ultimi due spunti, utili tra l'altro per ricollegarmi a quanto espresso da Baudelaire in I paradisi artificiali, che sarà il testo principale su cui mi concentrerò per sviluppare le mie prossime argomentazioni.
«Cosa sto consumando e perchè?» ci invita a domandarci Kaveh. «Cosa mi ha spinto in questa strada? Chi trae profitto da me e dal mio consumo? Ma soprattutto: chi lo gestisce? Chi e cosa agevola? Può portare vantaggi a me o li porta ad altri? Il mio consumo potrebbe veramente aiutarmi? Mi aiuta a combattere ciò che mi fa star male? Mi è utile nello svago? Son veramente sostanze aggreganti o piuttosto isolanti? Mi libera o mi schiavizza? Ne vale la pena?»
Credo che un consumo quanto più consapevole possibile sia il pre-requisito fondamentale per ridurre al minimo gli svantaggi (meglio: gli effetti collaterali) e massimizzare i vantaggi.
Dal 2014 faccio parte di una community, nascosta negli anfratti del dark-web, che si occupa, in primis, di divulgare tutta una serie di informazioni relative alle varie sostanze psicotrope, oltre che di mettere direttamente in contatto, attraverso un servizio di messaggi criptati, i potenziali consumatori con i produttori e i distributori.
Era stato proprio Terence McKinna, uno dei pionieri per quanto riguarda le scienze psichedeliche e l'arte della psiconautica, già nei lontani anni '60, ad auspicare uno scenario di questo tipo: secondo l'americano, infatti, sarebbe arrivato il giorno in cui gli appassionati di tali argomenti (e dunque, chiaro, delle relative sostanze) avrebbero avuto delle piattaforme virtuali dove scambiarsi opinioni e consigli e dove condividere con gli altri le proprie esperienze, godendo del supporto di una rete composta da psicologi e medici in generale, avvocati, filosofi, botanici, esperti di informatica a vario titolo sino ad arrivare agli hacker.
La sua visione a quanto pare si è avverata in pieno e non posso che rallegrarmi del fatto di poter giocare, nel mio piccolo, la mia umilissima parte, di offrire il mio contributo.
Mai come in questo momento storico, dunque, ci è chiaro il cosa si consuma.
Sul perchè, ho già avuto modo, credo, di spendere tante parole e non vorrei correre il rischio di ripetermi: generalmente le droghe vengono utilizzate come farmaco analgesico per le varie amarezze che germogliano sui rami delle nostre vite, o per soddisfare quell'istinto che oserei definire come primordiale, legato al bisogno di raggiungere l'ebrezza, l'estasi e, dunque, di trascendere il proprio stato ordinario di coscienza e andare oltre i confini imposti dal quotidiano, anche per poche, striminzite mezzore.
Per quanto riguarda i motivi che mi hanno spinto su questa strada, in parte ho già detto: la mia grande curiosità sull'argomento è stata innescata, in primis, dalla lettura de Il pasto nudo di William Burroughs (su cui tornerò meglio in seguito nella terza e ultima parte di questi scritti), incontrato la prima volta quando ero poco più che un tenero diciottenne.
È stato lui a parlarmi (attraverso le pagine del suo libro, si intende) dello Yage e dei tre flash azzurrognoli che danno inizio alle visioni, e sin dal principio ero intimamente convinto (in realtà, a conti fatti, si tratta di una delle questioni per cui ho pregato di più in assoluto) che nel corso della mia vita sarebbe arrivato il momento pure per me, in questo senso.
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[Narco-traffici e mercato nero]
026 — La diffusione e il commercio di sostanze come la cocaina e l'eroina (di cui io non faccio uso) è notoriamente, da svariati decenni, un affare gestito principalmente dalle varie mafie e dalle più svariate associazioni criminali, spesso e volentieri con il beneplacito e la più subdola collaborazione dei governi e delle polizie di tutto il mondo. In parte avviene lo stesso per i traffici legati alla marijuana e all'hashish, che vengono ancora relegati al (sempre più caotico) mercato nero.
Ritornando però all'origine del mio discorso, la produzione di cannabis sull'isola in cui vivo (che stando ai numeri sarebbe ampiamente sufficiente per soddisfare la domanda interna) è appannaggio di singoli appassionati o di privati che cercano di dare un calcione alle proprie miserie attraverso un'attività che viene guardata ancora con tanta, troppa antipatia: incontrerà meno condanne, a livello etico e morale, una persona che accetta di lavorare, e produrre morte, in una fabbrica di mine anti-uomo e ordigni bellici, rispetto a una che decide di piantare nel terreno venti semi di canapa indiana.
Al momento, dunque, chi trae profitto dal mio consumo sono coloro che rischiano, ogni giorno, in prima persona, tot anni di carcere per mettermi a disposizione un bene di primissima necessità per quanto riguarda la mia salute e, nello specifico, i miei equilibri psico-fisici.
Chi gestisce (sia sul piano strettamente informatico e sia per quanto riguarda la moderazione dei contributi e delle opinioni nel forum di riferimento) la community sul deep-web di cui faccio parte, è spinto principalmente dalla passione che nutre nei confronti della faccenda, nella convinzione che i farmaci in questione possano rivelarsi di aiuto per il prossimo, proprio come lo sono stati e ancora lo sono, per me e per moltissimi altri. Le uniche ricompense in denaro (meglio: in cripto-valuta) arrivano dalle donazioni volontarie che i vari membri della community stessa (discorso che vale sia per i venditori che per gli acquirenti) si sentono di fare, di volta in volta.
Questo per precisare il fatto, qualora ce ne fosse bisogno, che esistono (ancora e per fortuna) dei circuiti di produzione e di diffusione delle varie sostanze che sfuggono alle dinamiche volgari proprie del capitalismo.
Chi si occupa dello smercio attraverso il web rischia quotidianamente di finire intercettato dalle varie polizie postali americane ed europee, ma nonostante i pericoli collegati a questa attività, riesce a portare avanti la sua missione con professionalità e con un profondissimo senso etico che difficilmente si trova nella vita (e negli affari) di tutti i giorni.
Non ho niente in contrario, anzi, se chi si espone, ad un livello così estremo, abbia la possibilità di mettersi da parte anche qualche “coin”, in cambio di un servizio di una tale importanza, almeno per il sottoscritto.
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[Cibo per l'anima]
027 — Sui vantaggi che derivano dall'uso delle varie droghe, almeno personalmente, ho già detto: oltre ad essere un anti-panico formidabile e un preziosissimo coadiuvante nella elaborazione dei lutti, le sostanze mi forniscono puntualmente, come peraltro già accennato, l'energia psico-fisica per continuare ad andare avanti nella strada, a volte decisamente tortuosa, a volte più dolce, che mi trovo a percorrere e che forse, se proprio devo essere sincero, non sarei mai riuscito ad approcciare in condizioni normali: sono allo stesso tempo stimolo e rifugio, nutrimento e farmaco. Così come devo cibarmi e bere almeno un minimo, se voglio continuare a vivere, così devo prendermi cura della mia anima, della mia essenza, anche da un punto di vista chimico, e non solo intellettuale.
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“Mi aiuta a combattere ciò che mi fa star male?”
A. Kaveh — Di tutta l'erba un fascio
028 — Dopo svariati giri di giostra attorno al sole posso dire di essermi fatto un'idea sufficientemente nitida della faccenda che, in base a quanto già detto sino a questo momento, posso riassumere così: nel corso di questo mistero, bello e tremendo allo stesso tempo, chiamato generalmente vita sul pianeta terra, ho avuto modo di cambiare idea a proposito di questioni che reputavo immutabili, irremovibili.
Ciò che in passato mi poteva sembrare un alimento delizioso e irrinunciabile (vale per il nutrimento del mio corpo così come per quello della mia psiche), ora ha il sapore ripugnante del cibo marcio o del vino guasto o, ancora peggio, risulta velenoso. E dunque, vale uguale, ciò che in passato mi sembrava insopportabile, incomprensibile, inutile, ora è diventata una ricchezza, una risorsa, la più meravigliosa e sublime tra tutte le fortune che mi potevano capitare.
Secondo alcuni (Foucault tra gli altri) il vero senso dell'esistenza consisterebbe nel venire stravolti: si parte con una conformazione, un bagaglio ben definito e si arriva al traguardo con tutt'altra struttura. Ora posso dire, ad esempio, che molte scelte che ho fatto in passato erano la causa dei miei mali, ma questo, in un certo senso, non riuscivo a focalizzarlo con la necessaria lucidità.
Nel mio processo di crescita, lo chiamo così, sono risultate fondamentali sia le esperienze che la vita stessa, maestra ineguagliabile in questo senso, mi ha generosamente concesso, sia il confronto con i vivi (attraverso i discorsi), che con i morti (attraverso le pagine dei libri) e sia le intuizioni collezionate attraverso l'uso delle varie sostanze, partendo dai funghi allucinogeni, passando per l'MDMA, l'LSD e la marijuana, arrivando all'Ayahuasca e alla DMT.
Ciò che mi faceva male, spesso e volentieri, non erano altro che i miei umori e più di ogni altra cosa le modalità, anche e soprattutto quelle emozionali, con cui mi rapportavo al mondo e al resto dell'esistente.
Il capitalismo, del resto, e lo sappiamo bene, è in grado di sfruttare ogni singolo nostro bisogno, ogni singola mancanza, ogni singola lacuna per intrufolarsi nel nostro sistema.
Per questo, per slegarmi da certe logiche, da certe connessioni, meglio: da certe dipendenze, che lo stesso capitalismo alimenta e soddisfa ad arte, è stato necessario lavorare sui miei desideri, su quelli consci, per incominciare, sino ad arrivare a quelli radicati in profondità nel nucleo del mio inconscio.
Il rifiuto del capitalismo e di quel modo di fare diffuso che prende il nome di consumismo, parlo personalmente, passa anche e soprattutto dal rifiuto del mondo, inteso come risultato del sistema di produzione.
Le droghe, in questo senso, rappresentano sicuramente un valido alleato, benché io stesso sia consapevole di trovarmi appena a metà del guado, a metà di quel lavoro su me stesso che Plotino sintetizzava egregiamente nel celebre motto: «Escludi tutto».
*
“Il consumo di sostanze\droghe mi è utile nello svago?”
A. Kaveh — Fare di tutta l'erba un fascio
029 — Quello legato agli svaghi e ai divertimenti è sicuramente uno dei punti più densi in assoluto tra quelli trattati sino ad ora.
Parto da una considerazione preliminare: probabilmente la generazione a cui appartengo, alla pari delle successive, ha potuto godere della scelta più ampia, da quando l'uomo abita questo pianeta, per quanto riguarda i passatempi e le possibilità di distrarsi, di rigenerarsi, attraverso il gioco o il consumo dei vari prodotti artistici e culturali.
A nostra disposizione c'è, dunque, tutto un vastissimo assortimento di intrattenimenti, da quelli più semplici a quelli più avanzati tecnologicamente.
Basta trascorrere cinque minuti nella stanza di un bambin* (il discorso vale soprattutto per noi occidentali, ovviamente) per rendersi facilmente conto di quante alternative esistono per "passare il tempo”.
Anche gli adulti, è ovvio, hanno più di una freccia al proprio arco per cercare di sconfiggere la noia che, come un parassita, si annida quotidianamente tra le pieghe dei pomeriggi, delle sere e delle notti.
Si può facilmente scommettere sul fatto che, dietro ad ogni singolo passatempo, ci sia già, da tempo, lo zampino del sistema produttivo capitalistico, l'autentico Leviatano contro cui ci scontriamo in ogni singolo attimo della nostra esistenza: vale per la video-ludica, per il cinema, per la cosiddetta letteratura di consumo; vale, seppur con qualche eccezione, per il mondo delle arti e dello spettacolo.
Colossi come la Sony e la Microsoft producono i dispositivi e i software che ci tengono incollati agli schermi per ore e ore; film e serie-tv on-demand vengono finanziati e diffusi dalle multinazionali più grosse del pianeta e dietro agli eventi sportivi e culturali di maggior richiamo, per quanto riguarda l'Italia basterebbe citare il campionato di calcio di Serie A e il Festival di Sanremo, c'è la mano del male.
Il quadro, dunque, non è sicuramente dei più positivi, e le possibilità di uscire da questo circolo vizioso son ridotte all'osso, se è vero che anche coloro che sviluppano originariamente i loro discorsi artistico-culurali in ambiti indipendenti dalle logiche di mercato poi, con il passare del tempo, vengono elegantemente assorbiti, se non fagocitati, da quello stesso sistema a cui si opponevano in principio.
Questo per quanto riguarda i passatempi che potremmo definire da salotto.
Le cose non sembrano andare molto meglio una volta che abbandoniamo i nostri alloggi: hobby, attività all'aria aperta più o meno ludiche, dipendono in ultima analisi dal sistema di produzione capitalistico, che ci fornisce e ci mette a disposizione tutto il necessario per stare appresso alle nostre passioni.
Tradotto: anche per fare una corsetta in un parco, una passeggiata in montagna, un tuffo al mare o in piscina, avremo bisogno di tutta una serie di accessori, di utensili, che in fin dei conti, nove volte su dieci (per voler conservare un barlume di ottimismo) vengono prodotti e diffusi dal Leviatano capitalistico.
Più si va avanti con la storia (qualcuno continua a chiamarlo progresso...) e più diminuiscono le possibilità di salvezza, le oasi che sopravvivono alla progressiva desertificazione esistenziale ed economica che riguarda l'Occidente e tutte le zone occidentalizzate del pianeta.
Non è assolutamente mia intenzione, tanto meno in questa sede, lanciarmi in una critica sui modi in cui trascorriamo il nostro tempo libero.
La situazione, mi pare, è già drammaticamente emblematica: ogni più piccola aggiunta, in questo senso, rischia di risultare inutile.
*
[Droghe e svaghi, pt.2]
030 — Ho già avuto modo di paragonare la marijuana ad una graziosissima e gentilissima dama di compagnia che ci può supportare nelle attività più disparate, partendo dalle più nobili sino ad arrivare a quelle più infime.
Può seguirci amorevolmente per quattro passi in alta montagna; può rendere ancora più coinvolgente ed elettrizzante il live-show del nostro artista musicale preferito; può aiutarci ad apprezzare in maniera più intensa un film o un telefilm e finanche una partita di football. Può ricaricarci di energie fresche per le nostre serate danzanti; può scortarci, senza abbandonarci neppure per un secondo, durante i nostri pellegrinaggi in uno dei centinaia di “TUBE” presenti sul web e, cosa da non sottovalutare assolutamente, risulta un validissimo alleato a tavola, magari quando ci rechiamo in uno di quei ristoranti in cui vige la legge dell'All you can eat, servizio inventato principalmente per noi occidentali (e per tutti i bipedi occidentalizzati del pianeta terra) e che ha, come unico fine, quello di farci riempire la pancia di cibo sino a scoppiare.
*
[I miei due centesimi sulla faccenda]
031 — Personalmente, al momento, e per diversi aspetti, mi sento un fuggitivo: quella che ormai posso considerare come la seconda parte della mia vita rischia seriamente di trasformarsi in una lunghissima lista di “mai più”: persone che smetterò progressivamente di frequentare e, soprattutto, attività per le quali non spenderò più nemmeno un micro-grammo delle mie energie psico-fisiche, a differenza di quanto avveniva in passato.
Lungi da me, inoltre, l'idea di essere definitivamente in salvo, perchè il rischio di inciampare e ricadere negli stessi vecchi sbagli di sempre è altissimo e proprio per questo è necessario mantenere la concentrazione sempre al massimo.
Per tornare al punto della questione, ovvero: droghe e svaghi, ho potuto sperimentare personalmente diverse combinazioni.
Ho incominciato ad utilizzare la marijuana quando nei palinsesti televisivi stava apparendo una delle prime serie: Lost.
Chi mi stava affianco durante quelle lunghe maratone collettive di fronte allo schermo potrà ricordare facilmente quanto il mio entusiasmo, il mio coinvolgimento, il mio stupore fossero notevolmente alimentati, incendiati oserei dire, dalle dosi di THC.
Paradossalmente, con il passare del tempo (e dei grammi di marijuana svuotati del loro principio attivo) ho perso progressivamente interesseper telefilm e sceneggiati, in maniera inversamente proporzionale all'aumento dell'offerta. Ma i motivi,comunque, sono molteplici.
Stessa sorte è toccata ai film: non ricordo, per davvero, quando sia stata l'ultima volta in cui ho dedicato la mia attenzione ad un'opera cinematografica, ma a differenza di quanto capitava con un prodotto di facile assimilazione come Lost, il consumo di THC contribuiva puntualmente ad allontanarmi dalla narrazione proposta dal regista.
Detto in altre parole: sotto effetto trascorrevo quell'ora e mezza a fantasticare sugli infiniti modi possibili (e alternativi) in cui la sceneggiatura e la storia si sarebbero potute sviluppare, anziché accontentarmi di ingoiare passivamente la versione definitiva e ufficiale.
C'è stato un periodo, ogni giorno più lontano, in cui mi facevo grosse abbuffate di calcio in TV, faccenda da cui sono fortunatamente riuscito a prendere le distanze anche grazie ai fortissimi postumi (il cosiddetto down) conseguenti ad una dose piuttosto consistente di MDMA, ingollata il 20 aprile di diversi anni fa.
Lo stesso discorso vale per la video-ludica: dopo essermi fatto sfasciare il cranio da GrandTheftAuto e da Pro Evolution Soccer (i titoli che hanno girato più a lungo sulla XBOX), e con l'ingresso massiccio nella mia vita di LSD e della psichedelia in tutte le sue forme, ho perso magicamente l'attrazione che provavo, sin da bambino, per i dispositivi elettronici e la dimensione virtuale dei divertimenti. Storia d'amore, questa, sbocciata in tenera età: il Commodore 64 che mi aiutava a sopportare i lunghissimi pomeriggi della mia vita da figlio unico, infatti, è apparso nella mia esistenza quando ero ancora a metà di quel guado rappresentato dal quinquennio delle scuole elementari.
Il discorso vale pure per i giochi da tavolo: in condizioni normali fatico davvero tanto ad appassionarmi alla questione; in condizioni alterate, invece, preferisco, di gran lunga, fare il tifo per i vari contendenti che lottano per la vittoria finale.
La musica rappresenta un'eccezione: ho sempre fagocitato, sin dalla più tenera età, grossissimi quantitativi di brani, dei generi più disparati, passando dalla canzone melodica italiana sino ad arrivare, con il tempo, alle sonorità più estreme e brutali. Sino ai 26 anni di età irroravo i miei ascolti, in maniera esclusiva, con litri e litri di alcool; in seguito ho avuto l'immensa fortuna di ascoltare musica sotto l'effetto di diverse sostanze psicotrope e devo ammettere che è stato come sbarcare su un pianeta sconosciuto.
Metto in play musica praticamente ogni giorno, da appena sveglio (...o quasi), sino a quando mi addormento (spesso casco nelle braccia di Morfeo con l'ausilio di un sottofondo sonoro), e ovviamente nel conto sono comprese le ore che dedico al lavoro, allo studio e alla scrittura.
Il mio rapporto con la musica andrebbe approfondito, perchè in realtà è uno degli elementi, in questa esistenza, che mi ha creato maggiore dipendenza in assoluto.
Nei faticosissimi cinque anni trascorsi alle superiori credo di non essere mai uscito di casa senza le auricolari piantate nelle orecchie: me le levavo soltanto quando i docenti svolgevano la lezione, per ri-infilarmele immediatamente nei pochi minuti di pausa tra un'ora e l'altra; questo per scattare un'istantanea della situazione a cui ero arrivato, senza manco rendermene conto.
Le cose sono andate avanti, in maniera identica, anche durante i miei trascorsi all'università, sino a quando, per una serie di coincidenze, mi sono reso conto che faticavo a fare anche e solo un passo in strada senza “musica nelle orecchie”. Così, come è capitato per altri aspetti della mia esistenza, ho dovuto tagliare di netto la testa al problema. Ciò significa che, almeno per questa vita, non potrò più accompagnare le mie passeggiate con nessun tipo di musica, a causa proprio del troppo abuso.
Al momento posso permettermi di ascoltare le mie canzoni preferite esclusivamente quando sono chiuso nei miei alloggi, oppure quando guido (tutti dovrebbero essere liberati dallo strazio rappresentato dal rumore continuo di un motore); di sicuro, però, ascoltare la musica sotto effetto del THC, dell'LSD e dell'MDMA è una delle esperienze in assoluto più gustose e saporite che mi sia mai capitato di sperimentare.
Anche i concerti dal vivo, per non parlare del ballo (pratica, questa, a me totalmente estranea sino a qualche anno fa) risultano profondamente arricchiti dal consumo delle varie sostanze.
*
Considerazione: È da diverso tempo che raccolgo idee e spunti per poter analizzare, con sufficiente cognizione di causa, uno dei fenomeni più invadenti che si è abbattuto (probabilmente in maniera inedita) sulla mia generazione, oltre che, ovviamente, su quelle successive: mi riferisco alla pornografia on-line, sia nelle sue versioni più soft e sia nelle sue manifestazioni più esplicite ed estreme.
Ho la sensazione, infatti, che l'uomo occidentale, stando ai numeri almeno, si sia fatto prendere un po' troppo la mano, come si dice, da una pratica che, al pari del gioco d'azzardo e delle stesse sostanze stupefacenti, potrebbe provocare serissimi problemi in termini di gestione e, soprattutto, di dipendenza.
Sarà un argomento, questo, che troverà il suo giusto spazio altrove, ma per il momento lancio soltanto una provocazione: considerando i ben noti poteri afrodisiaci del THC, il consumo da cameretta della marijuana potrebbe venire associato alle migliaia e migliaia di ore di video a luci rosse disponibili, più o meno gratuitamente, e ai miliardi e miliardi di fotogrammi, di stile analogo che, di fatto, rappresentano uno dei contenuti più diffusi e cliccati all'interno del World Wide Web, creando, di conseguenza, abissi di alienazione così profondi e difficilmente uguagliabili, di cui al momento ignoriamo la portata e gli effetti.
Alla luce di quanto detto, mi sento di ribadire che, probabilmente, a questo mondo ci sono attività ben più controproducenti rispetto al fumare mezzo grammo di marijuana di fronte ad un tramonto.
*
Considerazione 2: Mi risulta praticamente impossibile, invece, coniugare il THC (al pari delle altre sostanze che adoro) con una delle principali attività che riempiono le mie giornate: la lettura. In stati non-ordinari di coscienza riesco ad immagazzinare giusto qualche riga, perchè la tempesta neuronale che puntualmente si scatena dentro alla scatola cranica, anche dopo un assaggio minimo di erba, spazza via la concentrazione necessaria di cui ho bisogno per dedicarmi a tale pratica.
Discorso leggermente diverso, invece, per la scrittura: sotto effetto cado letteralmente preda delle mie intuizioni e proprio per questo non vado mai in giro senza quaderni e matite, nel caso pescassi qualche spunto interessante che merita di essere salvato dalle slavine dell'oblio.
Eppure ci sono quaderni, come quello che sto adoperando in questo preciso momento, in cui posso scrivere soltanto ed esclusivamente da lucido. Come dire: quando si pescano le idee vale qualsiasi tipo di esca, ma per elaborarle, cucinarle e buttarle su carta mi serve tutta la chiarezza mentale possibile...
*
“Son veramente sostanze aggregative o piuttosto isolanti?”
A. Kaveh — Di tutta l'erba un fascio
032 — Ho parlato per la prima volta della questione con A., nel frattempo che ci trovavamo, uno affianco all'altro, seduti attorno allo stesso tavolo, in un noto circolo cagliaritano.
È stato proprio durante quel confronto che A. mi consigliò di leggere I paradisi artificiali di Baudelaire, testo che, per l'appunto, inizierò a prendere in esame appena esaurirò gli spunti offerti da Kaveh.
Secondo A., che mi illustra la sua teoria nel frattempo che sorseggia una birra, l'alcool aumenta indubbiamente il potenziale sociale-comunicativo del soggetto che ne fa uso, al contrario di marijuana e hashish che, invece, favorirebbero l'introspezione in solitaria.
Io in realtà non ero proprio sicurissimo di essere d'accordo con lui, e la convinzione sopravvive, intatta, ancora oggi.
Non son sicuro, in sostanza, che le cose vadano sempre così o, quanto meno, che valgano per tutti, indistintamente, nella maniera più assoluta.
Ancora una volta, dunque, non posso che partire dalla mia personalissima esperienza per cercare di buttare fuori la mia opinione in proposito.
L'alcool e il THC, alla pari di tutte le altre sostanze psicotrope, interagiscono con la nostra personalità e con tutti gli aspetti che di fatto compongono il nostro carattere, e che sono innumerevoli e spesso contrastanti tra di loro.
Le varie sostanze, anche e soprattutto in base al contesto in cui vengono assunte e in base alla particolare configurazione emotiva del momento, tendono ad inibire certe manifestazioni umorali e ad enfatizzarne altre.
Tradotto: capita di bere, meglio: di sbronzarsi, per dimenticare, per accantonare momentaneamente in qualche angolo della coscienza le amarezze, le delusioni per un amore naufragato tragicamente o non corrisposto e, dunque per avere una zattera di pseudo-serenità a cui aggrapparsi, anche e solo per qualche ora.
Birre, vini e liquori sono utili anche per dare una spolverata di brio e di entusiasmo a quei pomeriggi che risultano particolarmente incrostati dalla noia.
L'alcool ha indubbiamente la capacità di trasformare, giusto per una parentesi temporale ben delimitata, un timido cronico e ostinato in un irrefrenabile animale da party; ma non mancano di certo i casi di irriducibili estroversi che durante l'ebrezza alcolica si fanno (piacevolmente) travolgere da stati malinconico-crepuscolari di rara intensità e, magari, mai esperiti in precedenza.
Credo non esista una regola, una legge che possa valere sempre e comunque, in questo senso: gli stessi effetti, del resto, almeno nel mio caso, possono essere ottenuti con il consumo di THC.
In più, le varie sostanze, soprattutto se consumate assieme ad altre persone, contribuiscono notevolmente a creare un legame empatico, una sintonia particolare: si ride per le stesse cose, seguendo identiche dinamiche; si provano sensazioni simili e di conseguenza la comunicazione tra i soggetti coinvolti può risultare più immediata, più diretta.
Parallelamente al clamoroso legame empatico che spesso e volentieri nasce tra consumatori della stessa sostanza, si verifica una sorta di rottura, l'altra faccia della medaglia, tra consumatori di sostanze di natura diversa tra loro.
Una persona che ha appena sniffato mezzo grammo abbondante di cocaina avrà esigenze fisiche e intellettuali diverse rispetto a chi, magari, ha appena ingoiato una palletta di oppio o una fetta di torta al cacao&canapa.
Il primo difficilmente riuscirà a rilassarsi, ma avrà bisogno di tutta una serie di input (sensoriali e sociali) da cavalcare per starci dentro; nel secondo caso, invece, assieme ad un piacevolissimo torpore fisico, potrebbero spalancarsi le porte di un universo pseudo-onirico in cui, magari, trovano posto tutta una serie di idee, e di riflessioni, decisamente più metafisiche (se posso utilizzare questo termine) e decisamente meno mondane, materiali.
Nel primo caso il soggetto si esprimerà con un'intensità accresciuta rispetto al solito; nel secondo caso che abbiamo preso come esempio invece, il soggetto potrebbe trovarsi ad abbassare notevolmente i giri del proprio motore in termini di interazioni con l'ambiente circostante e con la totalità degli altri attori.
È facile credere che una persona sotto l'effetto della cocaina o dell'alcool sentirà un bisogno irrefrenabile di schizzare da una parte all'altra del teatro sociale in cui si trova inserito, a differenza, magari, di chi si trova sotto l'effetto dell'oppio e non chiede altro che stare fermo immobile, per ore e ore, a meditare sulla magnificenza del creato attraverso la contemplazione insistita di un dettaglio che, per tutti quelli slegati da tale vincolo chimico, apparirà assolutamente privo di significato.
Ma anche in questo caso, non credo che esista un'interpretazione univoca e assoluta dei fatti.
*
033 — Dal basso della mia esperienza personale, posso dire di aver sperimentato, durante i dieci anni di consumo eccessivo di birra, vino e super-alcolici, le sensazioni e gli stati d'animo più disparati. Delle volte, è vero, la mia socialità veniva decisamente incentivata, ma altre volte non faticavo per nulla a disconnettermi dal flusso della realtà per immergermi, letteralmente, in riflessioni ed elucubrazioni a carattere strettamente personale.
Con l'ingresso di hashish e canapa all'interno del mio regime dietetico ho scoperto il modo per aumentare in maniera portentosa le mie fantasticherie, cosa peraltro per cui sono decisamente portato, mi pare di capire, sin dai primi anni della mia vita.
Ma il THC ha rappresentato, anche, un propulsore di inaudita potenza a livello dialettico: sembra quasi, ho già avuto modo di scrivere altrove, che il me introverso e riservato che ha sempre giocato il ruolo di indiscusso protagonista, venga letteralmente messo al tappeto e spazzato via dalla versione alternativa di me stesso, caratterizzato da un'esuberanza che, a posteriori, svanito l'effetto, rischia di essere quasi (e sottolineo il quasi) imbarazzante, effetto comunque che riguarda anche le sbronze più epocali di cui sono stato allo stesso tempo artefice e vittima.
Concentrandoci esclusivamente sulla marijuana, non è affatto un mistero che venisse e venga ancora utilizzata per alleviare la stanchezza provocata dai lavori fisici più spossanti, ma allo stesso tempo, in Occidente soprattutto, viene utilizzata come sonnifero naturale, il metodo più efficace per staccare la corrente al cervello e disattivarne l'attività con la facilità con cui si spegne la luce di una stanza premendo sull'interruttore.
Nel mio caso specifico, la marijuana e e il THC, generalmente, hanno la capacità di annullare le sensazioni legate alla fatica fisica e mentale, alla fame e anche, addirittura, alla sete; in più, aspetto tutt'altro che di poco conto, cancella, rade al suolo il bisogno di dormire.
In un certo senso la marijuana e l'hashish provocano in me quegli effetti che molti altri trovano esclusivamente attraverso il consumo di cocaina; è lampante, del resto, come tra le prime e la seconda ci sia un divario enorme non solo in termini di costi, di prezzi al dettaglio, ma anche e soprattutto in termini di postumi ed effetti collaterali.
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034 — In sostanza, tentando di riassumere, la marijuana mi regala grosse dosi di energia per stare in mezzo agli altri vivi (ed interagire con loro), ma allo stesso tempo mi fornisce tutta la determinazione e la serenità per trascorrere giorni e giorni e giorni di seguito nella più totale solitudine a coltivare l'orticello delle mie riflessioni. Probabilmente senza l'aiuto della mia alleata, così la definisco, non sarei riuscito ad entrare in contatto, in comunicazione, con la quasi totalità delle persone che hanno arricchito la mia esistenza negli ultimi 5-6 anni.
Allo stesso tempo, senza l'aiuto della mia fidatissima ed amatissima collaboratrice, ma il discorso vale anche per gli altri farmaci miracolosi di cui dispongo e di cui mi servo, mi sarebbe risultato impossibile ingoiare tutte le montagne di isolamento a cui mi abbandono, di mia spontanea volontà, e dunque mi sarebbe risultato impossibile arrivare al punto della storia in cui mi trovo attualmente.
*
“Mi libera o mi schiavizza?”
A. Kaveh — Di tutta l'erba un fascio
035 — Grazie a questo spunto posso addentrarmi in profondità, sino a raggiungere il cuore pulsante della questione.
Ancora una volta la natura della risposta al quesito dipende sensibilmente dal punto di vista da cui partiamo per l'analisi del problema.
Mi libera da che cosa?
Poniamo il caso, come peraltro ho già avuto modo di accennare, che un uso costante e prolungato nel tempo di alcune sostanze psicotrope (tra cui, ovviamente, la marijuana) abbia contribuito a modificare, addirittura a cancellare, alcune abitudini, alcune tendenze radicate nel tempo, compreso, dunque, il mio atteggiamento, il mio coinvolgimento nei riguardi di alcune attività particolari.
Faccio un esempio: sino a non troppo tempo fa, diciamo qualcosa come 5-6 anni, uno dei miei passatempi preferiti consisteva nel guardare le partite di calcio alla TV. Ero così preso da questa passione che non esitavo a mettere in secondo piano, se non a escludere totalmente, qualsiasi alternativa mi si presentasse davanti.
Considerando il punto da cui sono partito, non mi sembra vero, si tratta di una delle evasioni meglio riuscitemi in questa vita: ora dedico alla cosa lo 0% assoluto, ovvero riesco a fare tranquillamente a meno (e molto molto volentieri) di quel prodotto.
In passato, una domenica senza calcio, senza un aggiornamento anche minimo sui risultati, era pressoché impossibile.
Da un po' di tempo a questa parte, invece, trascorro puntualmente i miei fine settimana in giro all'aria aperta, magari scortato da qualche bel bocciolo di erba e ben lontano dalla stragrande maggioranza dei divertimenti che appassionano i miei simili.
Ora, per me si tratta di un'autentica liberazione nei confronti di una faccenda che mi ha succhiato, così credo, sin troppe energie psicofisiche e nervose.
Certo, se considerassi la questione dal punto di vista di un gestore di un bar che intrattiene i suoi clienti proiettando su di un maxi-schermo le partite del campionato di Serie A, io mi sarei indubbiamente bevuto (meglio dire, forse, fumato) il cervello, in maniera peraltro irrecuperabile.
Vale lo stesso, si può dire, per molti altri aspetti dell'esistenza su questo pianeta: se per me è stata una vera e propria liberazione eliminare dalla mia vita smart-phone e WattsApp, per qualche altro questo è un gesto folle.
Sto cercando, progressivamente e con tutta la determinazione di cui sono capace, di demolire letteralmente l'attaccamento a cose e oggetti: vale per i vestiti che mi butto addosso, per gli alloggi in cui trovo rifugio, per l'autovettura con la quale mi muovo nello spazio. Ho dichiarato guerra aperta, come mai prima, a tutta una serie di attitudini che definirei borghesi e dalle quali sto prendendo le distanze, una scelta che risulta incomprensibile a più di una persona, anche tra quelle che fanno (facevano?) parte della cerchia di amicizie più intime.
Per quanto mi riguarda si tratta di liberazioni, a cui sono arrivato anche e soprattutto grazie a input di tipo chimico, se mi si passa il termine.
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036 — Ho imparato la lezione alla perfezione: ogni liberazione esige il suo prezzo e le sue pene, i suoi sacrifici.
Le libertà che mi sono sudato e guadagnato, anche attraverso l'utilizzo della cannabis, implicano automaticamente delle problematiche specifiche.
Dunque, se è vero che negli ultimi anni sono riuscito a disintegrare lo stato di dipendenza nei confronti dell'alcool, giusto per citarne uno, ma la lista è ben assortita, ho dovuto iniziare a fare i conti, ovviamente, con la dipendenza legata al consumo di THC che, seppur di entità più lieve esiste e va preso seriamente in considerazione, in primis a livello fisico, ma anche per quanto riguarda la dimensione psicologica.
Sottovalutare l'enorme magnetismo sviluppato dalla marijuana apre inevitabilmente le porte ad una schiavitù (in questo Kaveh, ma non solo lui ovviamente, ci vede benissimo) che potrebbe rivelarsi sgradevole quanto (se non di più) le situazioni problematiche che cerco di lasciarmi alle spalle attraverso il suo consumo.
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[Sull'universo delle dipendenze pt.1]
037 — Lo dico sinceramente: non ho idea di quante tazzine di caffè dovete necessariamente bervi per stare appresso alle faccende che riempiono le vostre giornate.
Personalmente non ho bisogno di caffeina per attivare il mio corpo e soprattutto il mio cervello, subito dopo il risveglio, e la considero una fortuna, ma conosco più di una persona che, senza un sorso di quel liquido nero, non metterebbe neppure un piede fuori dalle coperte e, per sua stessa ammissione, non sarebbe neppure in grado di svolgere le attività più elementari.
Io non ho mai fumato del tabacco e non è sicuramente un problema per me se ci sono persone che per anni e anni e anni e anni consumano anche due pacchetti di sigarette al giorno.
Ciò che mi sembra sufficientemente chiaro è che questo mondo, soprattutto per il modo in cui lo abbiamo apparecchiato, schiuma in continuazione sostanze e molecole di cui, prima o poi, diventiamo dipendenti.
Fortunatamente non utilizzo la marijuana per prendere sonno e non ho mai fatto ricorso a tranquillanti, barbiturici o benzodiazepine.
Al momento non ho problemi di appetito e non ho fortunatamente bisogno di stimolanti in questo senso.
Non ho nemmeno bisogno che la televisione (o le piattaforme di contenuti on-demand, è uguale) mi faccia compagnia durante i miei pasti in solitaria o mi intrattenga nel corso dei pomeriggi, delle sere e delle notti.
Che ognuno si sbucci, come meglio crede e come meglio riesce, la propria dose di dipendenze, sempre tenendo conto, comunque, che il nostro comportamento è facilmente condizionabile e, con esso, la serie potenzialmente infinita di abitudini che, per definizione, si innescano e siamo obbligati ad assecondare in maniera quasi automatica.
Ricordo bene come funzionavano per me le cose all'epoca, ma al momento ignoro quanti bicchieri di vino, di birra, di wisky o di spritz vi servono per conquistare allegria ed entusiasmo.
Non so di quanti e quali giochi e giochini (virtuali e non) avete bisogno per staccare un po' dalle preoccupazioni del lavoro e della cosiddetta vita di tutti i giorni.
Non sono mai stato attratto da gratta&vinci e slot machine, ma so bene, e mi sembra incredibile, che c'è più di qualcun* che ci è finito sotto.
Il caso più emblematico, in questo senso, tant'è che me lo ricordo ancora, a distanza di 15 anni, l'ho intercettato ad Amsterdam, in un pub per rocker e metallari, dove un ometto dai lineamenti asiatici trascorreva le sue mezzore “giocando” (tradotto: infilando i suoi spiccioli nelle fessure degli apparecchi e schiacciando i pulsanti in maniera compulsiva) non con una ma con ben due macchinette contemporaneamente.
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[Sul Potere e sulle dipendenze]
038 — Il Potere alimenta ad arte la quasi totalità delle nostre dipendenze, all'appello mancano giusto quelle dieci-quindici sostanze psicotrope considerate illegali e pericolose, da un centinaio di anni a questa parte, e si preoccupa, allo stesso tempo, di mettere in piedi strutture apposite per il trattamento dei disturbi correlati.
Ecco, dunque, che ci sono cliniche dove si ricoverano gli alcolisti e i giocatori incalliti; ci sono cliniche destinate a chi non riesce proprio a darsi una calmata, una regolata, per quanto riguarda la pornografia on-line e ci sono addirittura delle cliniche dove vengono seguiti coloro che si sono fatti travolgere dagli acquisti compulsivi e dallo shopping on-line.
Il Potere, infine, si preoccupa di formare (e autorizzare) la classe degli specialisti incaricati di prendersi cura di noi e dei nostri problemi, ma questa è una questione su cui, comunque, mi concentrerò meglio in seguito, quando prenderò come spunto il saggio di Jean-Loupe Amselle.